CAPITOLO DIECI

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Stringevo tra le mani un mazzo di fiori di calla bianca, camminavo tra le tombe del cimitero di Cutty Sark per raggiungere la lapide di Steph.
Era da un po' che non la andavo a trovare, ma fortunatamente Miles era stato sepolto al suo fianco, così entrambi non sarebbero mai stai da soli.
Baciai la lapide una volta arrivata e sistemai i fiori sul davanti, sedendomi sull'erba umida.
«Ciao amica mia, è da un po' che non ci si vede!» esclamai facendo un mezzo sorriso, poi mi voltai verso quella del suo ragazzo. «Tranquillo, non mi sono dimenticata di te! Come state?»

Sembravo quasi patetica, ma non mi importava nulla.
Piegai le gambe al petto facendo attenzione con quella destra, le avvolsi con le braccia e appoggiai il mento sulle ginocchia.
«Finalmente siamo in piena estate, quest'anno fa caldo...» mi presi una pausa prima di sfogarmi del tutto con i miei amici. «Sto... perdendo il controllo di me stessa, sembra mi stia sfuggendo tutto dalle mani, credo che qualcuno stia cercando di affondarmi con esso e non sono a conoscenza del motivo!» ridacchiai mentre delle lacrime iniziarono a bagnarmi il viso.
Mi guardai attorno vedendo altre persone che salutavano i propri cari, chi da solo e chi in compagnia, chi piangeva e chi era impassibile... Quante altre persone erano piene di dolore e rabbia?

Leccai una lacrima arrivata fin sopra le mie labbra, era salata.
Il sole scottava, la mia pelle bruciava e sentivo caldo, le temperature in quella settimana si erano alzate più del normale qui a Londra, il desiderio che arrivasse in fretta la sera si faceva sempre più grande, non eravamo abituati a quel calore.
Riportai lo sguardo sulla tomba di Steph e, prima di ricominciare a parlare, presi un gran respiro.
«Non ho mai passato un periodo più buio di questo, ho scoperto cose che avrei preferito non sapere... avevo trovato l'opportunità di dimenticare, una volta per tutte, una persona!
Come si smette di amare una persona che ti fa soffrire?» domandai ma scossi la testa. «Ovviamente non puoi saperlo, amavi una persona che a sua volta ti amava e cavolo se Miles ti amava!» sorrisi.

«Poi c'è Harry, è stupendo, mi fa sentire viva e distratta da questa vita sfrenata... quanto vorrei averti qui con me Steph, tu sapresti consigliarmi il meglio... mi manchi, ogni giorno sempre di più: mi mancano le nostre risate, il tuo sorriso, la tua pazzia... mi manca la tua voce!» dissi piangendo.
Rimasi in silenzio per il restante del tempo che rimasi lì, a guardarmi intorno immersa nei miei pensieri.
Poi decisi di andare: «Tornerò presto amica mia!» dissi baciando la sua lapide per poi raggiungere la macchina, dove avrei trovato Peg che restò con Matt a fargli compagnia.
Matt aveva voglia di fare colazione fuori, così lo accontentai portandolo nella miglior caffetteria Italiana di Londra.
«Adesso ti faccio assaggiare il miglior cornetto caldo della città!» dissi sorridendogli mentre guidavo per arrivare a Greenwich.

Quando andavo in giro, preferivo rimanere in zona est di Londra perché odiavo il casino del centro e già quando andavo per lavorare mi saliva il latte alle ginocchia.
«Lo mangi anche tu con me?» domandò il piccolo una volta arrivati.
Lo presi in braccio incamminandomi verso la caffetteria ed annuii: «Ma certo, non potrei mai dire di no ad un cornetto appena sfornato!»

La cosa che iniziai ad amare di quel bambino fu la risata, ogni volta che ridacchiava si copriva il viso quasi avesse vergogna. Era un bambino bellissimo, aveva gli occhi di Chris, blu chiaro e i capelli biondo platino di Sarah.
Ci sedemmo ad un tavolino, lo feci accomodare al mio fianco mentre sorridevo ad un cameriere che si avvicinava pronto a prendere l'ordinazione.
Non arrivò a tardare, due cornetti alla nutella, una cioccolata calda e un caffè freddo.
«Va piano che scotta!» lo avvertii.
«Chelsea, da quanto tu e papà vi conoscete?» domandò lui dando un morso alla brioche.

Lo guardai poggiandomi con la schiena allo schienale della sedia, sorseggiai il caffè e mi leccai le labbra prima di rispondergli.
«Sono anni ormai, ho perso il conto!»
«Papà mi ha parlato tante volte di te, diceva che un giorno avrei conosciuto la zia Scozzese!» spiegò con le labbra sporche di cioccolato.
«Beh ma io non sono Scozzese, sono Inglese!» ribadii ridendo.
«È vero che te ne andrai in America? Papà non sarà contento di questa notizia...»
«E tu come fai a sapere dell'America, Matt?» domandai alzando un sopracciglio.
«A Peg piace parlare... ma la tua gamba guarirà?»

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