CAPITOLO VENTISETTE

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Mandai giù un'aspirina velocemente, sperando nell'alleviare il dolore insopportabile che avevo alla testa.
Mi guardai allo specchio del bagno dopo essermi sciacquata il viso, preferibilmente con acqua gelida, così da riuscire a svegliarmi e prestare attenzione all'interrogatorio.
Ancora non ci credevo che Noah si fosse presentato così liberamente in centrale, era da pazzi.
Le nocche di qualcuno alla porta mi fecero sussultare, andando così ad aprirla.
«Hai fatto? Non vuoi finalmente tornare a casa? Datti una mossa...» disse Jay squadrandomi e poi voltandomi le spalle.
Annuii alle sue parole e lo seguii, notando però qualcosa di strano.
«Perché mi guardate tutti?» domandai.
«Jay crede sia meglio che tu faccia l'interrogatorio!» esclamò Chris, dondolandosi su se stesso.
«Ma io... siete impazziti?» la mia voce quasi rimbombò tra le pareti. Ero in uno stato pietoso e sicuramente l'ultima persona adatta nell'affrontare una cosa del genere.

«Sei tu il suo punto debole, potremmo avere più risposte se sarai tu ad interrogarlo!» esclamò successivamente Jay, tirando su i pollici come incoraggiamento e scattagliolando all'interno della stanza affianco a quella dell'interrogatorio.
Fu seguito da Connor e altri due colleghi, lasciando indietro solo Chris.
«Ce la farai!» esclamò lui a mani giunte, facendomi un mezzo sorriso ed entrando per ultimo nella stanza, dopo avermi consegnato dei fascicoli.
Rimasi così da sola, a combattere con me stessa e a cosa stessi andando incontro.
Presi un gran respiro e mi puntai su un unico obbiettivo, dovevo raggiungerlo: Noah e poi era finita per sempre.

Entrai nella stanza puntando subito gli occhi sul ragazzo, il quale era steso sulla sedia mentre teneva poggiate le mani dietro la sua nuca.
«Here we are... finalmente sei arrivata, cominciavo ad annoiarmi...» disse sorridendomi.
Rabbrividii ai suoi occhi su me, che mi scrutavano dalla testa ai piedi mentre mi recavo alla sedia per accomodarmi.
«Hai un aspetto orrendo, hai dormito?» domandò.
Era così pieno di sarcasmo che mi veniva difficile pensare fosse Noah, era totalmente cambiato: alto, magro e peperino.

«Quanto deficiente devi essere per presentarti qui? Cosa ti dice il cervello?> domandai sbattendo le carte sul tavolo.
«Frena la lingua!» esclamò cambiando immediatamente espressione, da un Noah beffardo a un Noah serio e cupo.
«Scusami?» domandai socchiudendo le palpebre, ma scossi subito dopo la testa, dovevo rimanere concentrata. «Noah voglio tornare a casa, non ho dormito e sono stanca quindi per favore si gentile nel collaborare... anche se ci hai tolto già un sacco di lavoro nel presentarti quì e per questo dovrei ringraziarti, ma... perché?» domandai poggiando le braccia sul ripiano del tavolo, unendo le mie mani tra loro mentre puntavo i miei occhi nelle iridi chiare di Noah.

«Ti sembra io abbia altra scelta?» domandò piegandosi con il busto in avanti, mentre il rumore delle catene sul tavolo, ammanettato per bene, rimbombavano in quella stanza vuota. «Non passerò il resto dei miei giorni come un ricercato, a scappare e cambiare identità come ha fatto il tuo amato Harry... vedi com'è finita... una pallottola dritta al cuore!» ghignò guardandomi intensamente.
Abbassai per un attimo lo sguardo, puntandolo sul vetro che separava le due stanze, dove vi erano Chris e Jay... dovevo stare molto attenta a cosa dicevo o a cosa facevo dire a Noah, anche se sapevo che in un modo o nell'altro, avrebbe aperto bocca su argomenti delicati.

«Il mio lavoro l'ho svolto, penso siate arrivati alla conclusione che ho ben centrato le mie vittime, non sono un malato mentale, sono solo uno che dentro di se arde vendetta...»
«Noah io ho un paio di domande da farti, ad esempio...» mi schiarii la voce cercando di non scontrare il mio sguardo con il suo, mentre lo tenevo abbassato sui fascicoli che sfogliavo lentamente. «Ben cinque persone, compreso te sei, sono coinvolte in questi omicidi... perché non hai agito in prima persona?»
«La sera dell'incidente mi costò entrambe le gambe, ho passato tutto questo tempo su una sedia a rotelle e non potevo muovermi, ma la mia mente poteva lavorare così ho trovato persone che potessero farlo al posto mio!»

SinfoniaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora