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UN INCONTRO INASPETTATO

Colpi.

Soltanto i rimbombanti colpi riecheggiavano nella palestra.

Erano l'unica cosa in grado di calmarmi; distruggere il silenzio con quei boati.

Erano calci, pugni, chi più ne ha più ne metta. Tirati a raffica sul sacco, immobile.

Avevo la testa vuota, libera a ogni pensiero, perché continuare a colpire quel sacco era naturale.

Adesso si trovava a Londra, aveva appena concluso i primi tre anni di college.

Sembrava davvero ironico come avesse imparato ad imitare quel fastidioso accento britannico.

Dopo essere uscita dalla doccia, si diresse fuori dall'appartamento passeggiando ad un ritmo coordinato.

Kingsman, una sartoria di lusso, avrebbe acquistato lì il regalo per il compleanno del padre.

Un nuovo completo non penso sarebbe dispiaciuto, specialmente da un genere di sartoria inglese.

Come sarebbe riuscita ad inviarlo, non ne aveva idea. Sperava solo di riuscirlo a contattare in tempo o di mandarlo all'appartamento attribuito al secondo nome che si era procurato, Harry Portman.

"Buonasera, volevo domandare se si potesse richiedere la creazione di un completo"

"Salve, benvenuta. Tra poco dovrebbe arrivare il sarto"

"Mi scusi"

"Nessun problema, sarei uno dei proprietari. Mi occupo dal punto di vista gestionale"

"Quindi lei è un Kingsman?"
Ci fu un momento di silenzio. Harry non aveva capito la formulazione della domanda.

Stava innocentemente domandando se fosse un discendente, oppure la domanda implicava una sorta di accusa nell'esserlo?

L'uomo che portava i grandi occhiali rimase estasiato.

"Sì, sono Harry Kingsman" faticò a dire.

"Un nome proprio regale" pronunciò ridacchiando, analizzando il negozio con una certa indiscrezione.

"Le serve qualcosa in particolare?" Domandò come se ci fosse una risposta ben precisa, decisamente insinuando qualcosa.

"Volevo richiedere un completo su misura, per mio padre"

"Non c'è altro?"

"Una cravatta, che si abbini con il completo"

"Ottimo, allora può passarlo a ritirare tra un paio di giorni. Arrivederci" sorrise nervosamente.

"Non mi ha domandato le misure, il nome, il numero di telefono. La vedo un po' confuso va tutto bene?"
"Sì, mi scusi. Abbiamo tanto lavoro ultimamente. Non ho idea di dove possa essere finito Wilson"

"Le misure sono queste" disse nervosamente appoggiando il bigliettino con le misure del padre sul tavolino.

"Ottimo, grazie"
"A nome Medici" sorrise gentilmente guardandosi intorno e dirigendosi verso le cravatte.

Le osservava minuziosamente, notando che lo scaffale  possedeva dei curiosi pulsanti al disotto dei ripiani.

Harry temeva dannatamente che quella ragazzina lavorasse con qualche spia avversaria, mandata in ricognizione alla taverna dei kingsman.

Si affrettò ad avvicinarsi a lei, bloccando di colpo la mano.

"Dovrebbe lasciarmi stare"

Sapeva fin troppo di lei, aveva letto i fascicoli. Brillante in qualsiasi materia, in qualsiasi compito che svolgeva. Eccellente in tutti gli sport. Era italiana, parlava in modo eccellente l'inglese.

Viveva da sola da tre anni a Londra, frequentava uno dei migliori college privati della città.

"Mi dispiace, ma al di là di quella porta ci sono cose che non la riguardano"
"Mi scusi. Lei non si occupa i questa attività, giusto?"

"Non ha tutti i torti" sorrise, essendo convinto di aver trovato la futura Merlino.

Aveva lo stesso atteggiamento discreto e distaccato che aveva il suo caro amico, distante da tutti, silenzioso.

Molto divertente, usava spesso ironia e sarcasmo, e anche lui come quella ragazzina era un curiosone.

"Seguo un percorso di formazione. Un processo di selezione, per poi raggiungere una carica"
  "Sembra essere interessante"
"Io credo che lei sia la persona giusta" sorrise, alzando lievemente il sopracciglio.

"Non vedo perché non dovrei accettare"

"Bene, allora si prepari. Le faremo sapere il prima possibile"
"è stato un piacere conoscerla, buonaserata" proseguì uscendo dalla sartoria con fare soddisfatto.

Non sapeva di cosa si trattasse, ma il dubbio la affascinava particolarmente.

Ripensava a cosa ci potesse essere dietro a quelli scaffali, continuava a rimuginare, finché decise di fermarsi a bere qualcosa in un locale vicino.

Sembrava una taverna carina, anche piena di ragazzini per dire il vero, fin troppo piccoli per essere in quei posti. Quel luogo sembrava essere uno dei più animati delle traverse di Oxford Street.

"Martini, per favore" sorrise all'uomo che si trovava dietro il bancone.

"Non crede che sia scontato prendere un Martini?" pronunciò sorridendo un ragazzo al suo fianco.

"Oh, decisamente scontato, ma è l'unica cosa che voi inglesi siete in grado di fare"

Il ragazzo rise nuovamente.

"Dovresti provare il whiskey, lo produce la famiglia di uno dei proprietari"

"Sei un cliente abituale?"

"Giro spesso introno alla zona, tu sei nuova ?"
"Non passo spesso da queste parti a quest'ora"
"Sei andata dai Kingsman?" Domandò incuriosito.

"Sì, per chiedere un abito su misura, devo fare un regalo a mio padre"
"Buon gusto. Quella sartoria a qualcosa di sospetto, non so se mi spiego. Ci sono stato un paio di volte, così per dare un occhiata"

"Non hai trovato nulla di tuo gradimento?"
"Sì, solo uno dei proprietari o così mi è stato detto. Un uomo strano, non so se mi spiego. Ma dubito che ti interessino questi discorsi, paranoici"
"Io ho parlato con un sarto decrepito. Ci è voluta mezzora per fare capire che il completo non era per me, ma per mio padre" rise forzatamente.

Forse il ragazzo che aveva davanti a lei era riuscito a stanare i loro segreti, o era a un passo dal farlo.

"Non mi sono ancora presentato sono Henry"

"Elena" sorrise porgendogli la mano divertita.

Continuarono a parlare animatamente, Henry aveva terminato il college, si dedicava alla gestione dell'azienda del padre. Chiaramente dava l'idea del classico ragazzino viziato, il figlio di papà.

Però sembrava essere simpatico, brillante; non semplicemente un ricco senza cervello.

Per fortuna era riuscita a dileguarsi prima che il ragazzo diventasse troppo appiccicoso, cosa che era, ma che sarebbe continuata tutta la serata.

Il tempo intanto scorreva, come allo stesso modo continuavano i battiti costanti del cuore sottoposto all'attività fisica. Stava colpendo il sacco, regolarmente, come ogni volta.

Poteva sembrare ripetitivo, eccome se lo era. Ma quella perfetta consapevolezza delle azioni, dei battiti, della forza, da essere in grado di percepire se corretta o meno, riusciva a placarla.

Nel suo appartamento a Kensington  si era rintanata nelle coperte al calduccio, ma l'unica cosa che fu in grado di percepire al risveglio fu una scomoda e gelida brandina.

IMPOSSIBLE- eggsy Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora