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Kirh passeggiava avanti e indietro per il terrazzo, mentre un manipolo di servi accendeva affannosamente alcuni lumi per contrastare la densa notte di Alfhemir.

«Ci puoi giurare, amico mio, con la mia abilità e le tue conoscenze farò di questo Impero qualcosa di eterno

Da quando lo storico se n'era andato, l'Imperatore aveva divagato parlando di un futuro luminoso per il popolo degli hanar. Aveva molte idee confuse, diversi dubbi su come gestire al meglio l'organizzazione dell'Impero e infiniti progetti. Entrambi si erano persi nei ricordi rinvangando come sempre le radici della loro amicizia.

«Non c'è persona di cui mi fidi,» aggiunse con enfasi, «non c'è nessuno che stimi più di te.»

Hiram, appoggiato al parapetto, evitò il suo sguardo. «Non lo so, Kirh.»

Per alcuni momenti avvertì lo sguardo risentito dell'amico su di lui solleticargli la schiena, lo tollerò docilmente, come in altre occasioni. Kirh detestava chi non mostrava un immediato entusiasmo per i suoi piani e, ovviamente, non si lasciava dire di no molto facilmente.

Lo sentì avvicinarsi con un sospiro nervoso e lo vide appoggiarsi bruscamente di fianco al parapetto, rivolto verso di lui. «Ti sto dando la possibilità di affiancarmi nel comando dell'intera Raggiera. Di essere il mio secondo, di condividere il potere. Cos'altro potresti desiderare?»

«Non so cosa voglio. Davvero.» Hiram sollevò le spalle. «Tutto quello che vedo davanti ai miei occhi, sono spazi in cui viaggiare, regioni da esplorare. Non riesco a pensare ad altro, non riesco a desiderare altro.»

«Hai di nuovo intenzione di partire, vero?»

«Io non... Voglio starmene da solo, per un po'.»

Kirh gli mise un braccio attorno alle spalle, scuotendolo gentilmente. «Devi crescere, Hiram! Non siamo più bambini, amico mio. Non ci possiamo permettere di scorrazzare liberi come se non avessimo responsabilità. L'Impero non può permettersi di perdere un elemento come te.»

«Non sei solo, Kirh,» fece lui sciogliendosi da quella stretta. «Hai centinaia di accademici al tuo servizio che farebbero carte false per ricevere anche un unico sguardo d'apprezzamento.»

«Ma non sono te! L'hanar che padroneggia le leggi dello spazio-tempo come fossero carte da gioco. Mi serve la tua Conoscenza,» aggiunse con enfasi. «Mi serve il tuo impegno, il tuo sostegno.»

Hiram fece una smorfia amara: «Dunque a questo si riduce la nostra amicizia.»

Kirh scosse la testa: «Non esagerare adesso. Sei così irrequieto che mi stupisco che tu sia ancora qui, dopo ben due giorni di sosta su Alfhemir. Forse è anche questo il motivo per cui non ho ancora afferrato appieno i tuoi insegnamenti. Il mio spirito è come incatenato, il tuo è libero. Non sai,» ammise con voce grave, «quanto t'invidio.»

Hiram si voltò a fissarlo, incredulo: «Tu invidi me?»

Per un istante il volto dell'Imperatore si fece cupo, quasi minaccioso, poi i suoi occhi brillarono di una luce divertita. «A parte per il tuo pessimo gusto con i vestiti! Cosa sono questi stracci che indossi, vuoi farti passare per uno schiavo, forse? Come quando hai convinto le ragazze della Casta Riuvhi ad aprirci la porta della loro morigeratissima Scuola?»

Il ricordo di quell'aneddoto vissuto assieme, che gli aveva guadagnato l'eterna stima dei coetanei e una leggendaria punizione dai loro insegnanti, gli strappò un sorriso. «Erano altri tempi, altre avventure,» commentò.

Kirh rise di rimando. «Ora basta con le discussioni! So che non ti piace parlare di progetti, vorrà dire che li realizzerò io e poi troverò il modo di coinvolgerti, senza che nemmeno te ne accorga. Ora voglio che partecipi alla festa che ho organizzato per stanotte, poi ti mostrerò qualcosa a cui tengo molto. Forse potrò convincerti a restare.»

La scelta dei Sarvanni (Ciclo di Hanar vol.4)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora