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Damasa giocava con i suoi capelli arrotolandoli quietamente fra le dita. Sedeva in veranda circondata dall'esplosiva fioritura delle rose blu tipiche di Speranta. Hiram con il capo posato sulle sue gambe osservava il panorama collinare al tramonto, quando in quella stagione il cielo assumeva tinte verdastre, dando l'illusione che il vasto manto erboso si potesse estendere all'infinito.

La mano della donna sfiorò delicata la sua fronte, portandogli indietro i capelli, che il vento gli spingeva sugli occhi. Hiram sospirò, stringendo le ginocchia di lei in un abbraccio convulso. Damasa spostò di lato lo sguardo cercando di cacciare indietro le lacrime.

Saskia, che giocava lì vicino, li guardò seria poi con passo ciondolante si avvicinò a Hiram e gli porse uno dei suoi giocattoli preferiti.

«Pà, no male,» ciangottò, «Tieni.»

L'hanar si sollevò su un gomito e accettò il regalo, dandole un buffetto e una spettinata ai capelli. Saskia scoppiò a ridere e scappò via saltellando per il giardino.

«Ha ragione lei, sai?», fece Damasa poco dopo. «Non c'è niente di cui avere paura,» disse cercando di sembrare convincente.

«Non è solo questo,» la voce di lui ridotta a un sussurro. «Abbiamo il diritto di abbandonare migliaia di civiltà a loro stesse?»

«Chi vi aveva dato il diritto di guidarli?» replicò lei. «Solo l'arroganza degli hanar.»

«I bambini,» mormorò, «i nostri bambini nei Nidi, che fine faranno quando si renderanno conto di non poter uscire dalle cupole protettive? Cosa accadrà se qualcuno vorrà vendicarsi su di loro.»

«L'Impero regge il suo potere sulla dittatura imposta dai governatori delle singole Contee,» disse lei, «molti popoli non accetteranno di rimanere sottomessi e si riprenderanno la libertà, oppure decideranno di approvare il governo di quegli hanar che hanno amministrato saggiamente. I Sarvanni hanno seminato bene nel corso della storia. Gli schiavi che hanno imparato da loro li salveranno. Devi sperare in questo. Non puoi fare altro.»

Lui si voltò a guardarla, gli occhi spalancati da un terrore a stento controllato: «Non saprò più proteggerti. Saremo confinati in questo pianeta per il resto della nostra vita. Potrò ammalarmi... morire...»

«Proprio come me.»

«Non intendevo dire questo.»

«Invece credo proprio di si,» puntualizzò lei. «Sei ancora convinto nel tuo intimo che la mia vita sia "inferiore" alla tua.»

«Non è così.»

«Allora perché ti fa tanta paura pensare di viverla insieme a me?»

«I Sarvanni hanno detto che ogni memoria della Conoscenza verrà cancellata dalla nostra mente, irrevocabilmente, ma i ricordi del passato, di ciò che abbiamo vissuto e di cosa eravamo capaci, resteranno.»

Damasa deglutì a fatica, cercando di mostrarsi serena e fiduciosa, «Temi forse di perdere il senno?» chiese infine.

Hiram rimase in silenzio e abbassò lo sguardo. Esprimendosi a fatica, mormorò: «Non so se riuscirò a sopportarlo...»

«Che cosa?»

«Il fatto di non potere più volare.»

Lei annuì, cercando di comprendere i suoi timori. Immaginando cosa potesse significare per un Dio perdere la sua divinità.

«Lo risolveremo insieme, questo problema, quando tornerai,» affermò fiduciosa.

«Non sarà un viaggio lungo,» interloquì una voce. L'anziano che fece ingresso nel giardino era il Sarvanni di nome Serhi che Hiram aveva conosciuto alcuni giorni prima.

Si alzarono entrambi in piedi per riceverlo. Era la prima volta, da quando Hiram l'aveva conosciuto che faceva visita alla loro casa.

«Detesto affrettare una tua decisione,» disse, rifiutando con risoluta gentilezza di accomodarsi nel loro salottino privato, «ma la situazione si aggrava a ogni ora che passa. L'intera Raggiera è in agonia, Kirh ha distrutto tutto ciò che trovava sul suo cammino e sta puntando dritto verso di noi. Penso che sarà qui prima dell'alba.»

Pallido in volto, Hiram annuì. «Va bene, sono pronto.»

L'anziano sorrise dolcemente, scambiando uno sguardo con Damasa: «Prima di questo, figliolo, c'è tempo perché io ti mostri qualcosa. Una nostra creazione. Venite.»

Tese loro le mani e quando Saskia si fu aggrappata al braccio della donna, l'anziano li trasportò in un punto del pianeta che non conoscevano.

Damasa spalancò le labbra non riuscendo a emettere suono. Si trovavano in una vasta radura erbosa poco lontano dal mare. Sopra una sommità collinare si ergeva una cittadella sovrastata da un faro alto e massiccio in pietra bianca. L'armonia architettonica di quella costruzione, le iscrizioni, i disegni sulle mura, le decorazioni, le sculture, tutto era cesellato magistralmente e con una tale perfezione da lasciare sbalorditi e senza fiato.

«Venite, avviciniamoci,» disse Serhi.

Mentre camminava al loro fianco spiegò: «Ci siamo resi conto di avere bisogno di un rifugio per i tempi difficili. In fondo, siamo hanar e, una volta bloccati i nostri poteri, pochi delle migliaia di schiavi che vivono su questo pianeta si ricorderanno che non siamo stati noi la causa di tutti i loro problemi. Questa costruzione... questa città, ci permetterà di vivere al sicuro e proteggere la storia e la civiltà.»

«È splendida,» commentò Hiram.

«Deve esserlo,» replicò lui in tono scherzoso, «ci abbiamo infuso tutto il nostro sapere. Avanti, venite con me, ora. I miei figli ci stanno già aspettando all'interno.»

Entrarono tutti nella fortezza. I due soli irradiavano una debole luce color malva che si rifletteva sulle mura. Passeggiando per le strade solitarie, ebbero l'impressione di entrare in un sogno a occhi aperti. Abitazioni vuote, negozi deserti, locande, luoghi di ritrovo e di studio... erano tutti immersi in un silenzio innaturale, sul quale dominava l'alta torre bianca. Vi fecero ingresso subito dopo avere attraversato un piccolo giardino, i loro passi echeggiarono nei grandi saloni vuoti dell'anticamera rimbalzando sui soffitti altissimi.

In uno dei locali arredato sobriamente gli altri due Sarvanni, Nate e Lara, li stavano aspettando.

L'anziano che li aveva condotti fino a quel punto sorrise rivolto a Hiram: «Abbiamo molta fiducia che il tuo intervento abbia successo, come puoi vedere.»

«Questo luogo è... straordinario,» commentò lui. «Il modo in cui avete plasmato la materia... Non conosco nessuno che sia in grado di farlo.»

«Conosci noi,» replicò il giovane.

La donna si avvicinò, seria in volto: «Non abbiamo molto tempo, la notte è vicina. La tua compagna resterà con noi. Non temere, la proteggeremo a costo della vita,» aggiunse quando vide la sue espressione preoccupata. «Devi seguirmi ora con la bambina, saliremo nelle stanze in cima alla torre, hanno uno speciale isolamento: qualsiasi potere potesse scatenarsi non uscirà da quelle mura.»

Hiram e Damasa si scambiarono un'occhiata.

«Avanti, seguimi,» incalzò la Sarvanni.

Lui non si mosse.

Damasa annuì impercettibilmente con il capo. La sua bocca si curvò in un dolcissimo sorriso, mentre gli occhi si offuscavano di lacrime. Hiram ricambiò lo sguardo e solo a quel punto si decise a seguire la donna con Saskia al suo fianco che, silenziosa, lo teneva per mano. 

La scelta dei Sarvanni (Ciclo di Hanar vol.4)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora