10 - La festa

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Arrivai nel bosco dietro al Collegio in meno di dieci minuti e mi ritrasformai davanti ad una casa di legno con parecchi ragazzi e falò intorno

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Arrivai nel bosco dietro al Collegio in meno di dieci minuti e mi ritrasformai davanti ad una casa di legno con parecchi ragazzi e falò intorno.

Grazie all'incantesimo i miei vestiti rimasero intatti.

Mi feci una coda alta e raggiunsi Kaleb in un angolo intento a parlare con MG e altri due vampiri di cui non conoscevo il nome.

Appena mi vide si staccò dal gruppo e mi raggiunse.

"Eccola la mia ragazza" disse indicandomi.

Eh no, non ricominciamo.

"Vuoi un altro destro?" chiesi indispettita.

"Ok, ok" disse alzando le mani in segno di resa. "Ti va di bere qualcosa?".

"Certo che sì. Più alcolico è, meglio è" dissi.

Grazie al mio metabolismo da lupo mannaro e quello da semivampiro reggevo l'alcool in maniera sorprendente, e mi piaceva anche.

Kaleb sorrise e mi fece segno di aspettarlo mentre si allontanava verso un barile di quella che probabilmente era della birra scadente. Feci una smorfia a quel pensiero.

"Sei venuta" disse Hope dietro di me.

"Già, l'alternativa era cenare con Oscar, quindi".

"Non è tuo zio?" chiese un po' colpita.

"Non tutte le famiglie hanno lo stesso rapporto" mi limitai a dire.

Sembrò accontentarsi di quella risposta.

"Facciamo due passi?" chiese.

Oh oh. No. No. No.

Mi voltai a guardare Kaleb ancora in fila per la birra, il cui odore non mi faceva impazzire.

"Ok" dissi incamminandomi verso il bosco.

Appena fummo abbastanza lontane, in modo che nemmeno i vampiri potessero sentirci, cominciò a parlare.

"Mi spieghi una cosa?" mi chiese, ma non aspettò la mia risposta per continuare. "Perché sei sempre occultata? Voglio dire, a scuola lo capisco, ma adesso, oppure l'altro giorno a casa tua".

Ops.

"Te l'ho detto, abitudine" risposi evasiva.

"Ok, non ti va di parlarne, messaggio ricevuto".

Brava Hope.

"Allora, c'è un motivo per cui mi hai fatta venire qui oppure...?" chiesi per rompere il silenzio imbarazzante che si era creato tra di noi.

"Sì, c'è".

Il modo in cui lo disse mi fece istintivamente alzare la guardia.

"Non so perché, ma so che menti. Tu nascondi qualcosa, qualcosa di grosso, e lo so perché anch'io ho dovuto nascondere per tanto tempo un segreto enorme. Non potevo dire a nessuno della mia famiglia, che ero una Mikaelson. Tu nascondi un segreto, ogni volta che si parla della tua famiglia tu diventi evasiva. Cerchi di stare lontana da tutti ma lo vedo che soffri. Ho pensato che magari avrei potuto darti una mano".

No, no. Allarme rosso. Pericolo in vista.

"Cosa ti fa credere che abbia bisogno di aiuto?".

"Lo vedo che soffri" si limitò a rispondere.

"È così evidente?" mi scappò da chiedere.

"Non per gli altri" sussurrò.

Aveva ragione, io avevo un segreto. Un segreto enorme, e lei sapeva cosa voleva dire soffrire, chi meglio di lei lo sapeva?

Poi Hope fece una cosa, un gesto scontato e istintivo, privo di significato, ma che mi fece comunque sussultare.

Si raccolse i capelli in una coda, e vidi dalla maglietta scollata che indossava una macchia rosa scuro. Capii subito cos'era: la voglia dei Labonaire. Come Andrea. Era nello stesso identico punto in cui ce l'aveva lei.

E tutto acquistò un senso.

Capii perché, nonostante sapessi che Mystic Falls brulicava di creature soprannaturali, io avevo deciso di venire in quella scuola nonostante cercassi di scappare da quel mondo, nonostante sapessi che c'erano buone probabilità che avrei potuto incontrare Hope.

Capii perché avevo accettato di venire a quella festa senza pensarci troppo.

Capii perché avevo deciso di seguire Hope da sola nel bosco.

Capii perché non riuscivo a stare lontana da quel mondo. Perché per quanto ci provassi non avrei mai potuto essere una semplice adolescente umana.

Capii che non riuscivo a non pensare a Hope perché era la mia famiglia. Hope, la mamma, Andrea. Loro erano la mia famiglia, che mi piacesse o no. E io mi sentivo attratta da loro. Io volevo farne parte.

"C'è qualcosa che non va?" chiese Hope.

Non mi ero accorta che stavo ancora fissando la sua voglia, né che una lacrima silenziosa era scesa lungo la guancia destra. Mi affrettai ad asciugarla.

"No, no. Tutto bene" dissi.

Ma la mia voce era incrinata e non riuscivo a distogliere lo sguardò dalla sua schiena.

"Ooo" disse passandomi una mano davanti agli occhi e voltandosi in modo  da guardarmi dritta in faccia.

"Sì, scusa, stavo..." mi schiarii la voce "stavo guardando la tua...".

"Cos'è? Non hai mai visto una voglia?" chiese in tono canzonatorio.

Certo che avevo visto una voglia, anch'io ne avevo una all'interno del braccio sinistro, solo che... ah, ma che ne poteva capire lei, che ne sapeva lei? Niente, ma magari avrebbe potuto. Magari avrei potuto dirglielo. Quel segreto mi stava consumando. Ormai me lo portavo dentro da troppo tempo. Glielo avrei detto, e poi? Cosa sarebbe successo? Avevo costretto sua madre a custodire il mio segreto, non potevo farne carico anche a lei. Non potevo chiederle di mentire per me a sua zia. A mia madre.

"Non posso" sussurrai.

"Cosa non puoi?" chiese un po' preoccupata.

"Questo, noi, non posso" continuai a ripetere.

"Noi, ma che... oddio no. Tu pensavi che noi...? No, no. Non hai capito. Non c'è nessun noi" si affrettò a dire.

Infatti. Non quel tipo di noi. Ma d'altronde, cos'altro poteva capire da quello che avevo detto? La abbracciai. Mi venne d'istinto, non capii nemmeno perché. Lei rimase un secondo interdetta, indecisa se ricambiare oppure no. Ma mi staccai prima che avesse il tempo di decidere.

"Scusa" le dissi.

Non potevo stare lì con lei. Non potevo. Ad ogni secondo che passava rischiavo di rivelare il mio segreto e mandare tutto all'aria.

Feci per allontanarmi ma lei mi afferrò il polso e per sbaglio sganciò il braccialetto che mi occultava.

La maglia la investì in pieno, come un'onda che si infrange sugli scogli. La magia nera, quella della strega, del lupo, del vampiro non ancora pienamente attivo. Tutta la mia magia la colpì e la vidi arretrare di qualche passo con gli occhi spalancati.

Mi affrettai a rimettere il braccialetto, ma ormai era troppo tardi, il danno era fatto. Non si poteva più tornare indietro.

"Tu" disse sorpresa, quasi sussurrando. "Tu sei come me".

L'altra Mikaelson - Niente rimane sepoltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora