ɪx. game over

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Russia, 19

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Russia, 19.12.2021

Gli stava dietro da due giorni. Il bastardo s'era fatto talmente paranoico da viaggiare in compagnia di tre scorte, quattro SUV in tutto, composte da quattro diversi soggetti che venivano scelti a ruota tra quelli considerati i suoi uomini fidati, per questo era stato impossibile agire. Fidati. Per essere fidati da troppo lui si ben guardava, comunque, per affidarsi a mani sempre diverse ad ogni turno, ogni uscita per un incontro d'affari, un viaggio, una fermata alla spa... Per non dare modo a nessuno di appuntarsi ogni suo programma. Loro, così, era difficile che potessero venir comprati. A volte si faceva accompagnare anche per andare a donne; e mica solo una, le faceva montare in quattro o cinque in macchina con lui dopo averle perquisite personalmente. Riuscite a immaginarvi d'essere toccate dalle sudicie mani di un vecchio folle come Ruslav Sergeeva? A Sarah venivano i brividi al solo pensarci, e cercava di scrollarsi di dosso quelle mani immaginarie agitandosi sul posto; come da nascosta dietro quelle sterpaglie.    ❝ Fottute zanzare, andate a mangiarvi qualcun altro. ❞ aveva sussurrato tenendo lo sguardo nel mirino dell'M200 CheyTac, lo stesso che gli Stati Uniti - come altri paesi - aveva dato in dotazione ai loro cecchini in quanto fucili di precisione specificamente progettato per colpire bersagli umani, non senza l'aiuto però della tecnologia con un apposito calcolatore balistico e visore notturno. Questo in particolare però aveva raggiunto un valore affettivo per lei in quanto ultimo regalo da parte dell'agente Bancroft, l'unico che nella giungla dell'India c'era rimasto per scelta. Aveva scelto lei di fronte alla prospettiva di un glorioso ritorno in patria, una promozione, e una vita più o meno tranquilla. E invece... Quello che ora sarebbe spettato a entrambi era molto diverso, perché Bancroft aveva lasciato la sua stanza d'albergo in Cina in fretta e furia senza nemmeno salutarla, né un biglietto aveva lasciato per permetterle di possedere un ricordo tangibile di quella preziosa lezione che le aveva concesso, con la promessa di non farsi trovare né da lei né da chi l'aveva ingaggiata per ucciderlo, per mettere in scena la sua finta morte e far perdere da lì le sue tracce. Sarah invece aveva messo Leela su un aereo diretto per New York, chiaramente con dei documenti falsi richiesti come riscatto del debito di un cliente di Hong Kong, e aveva dato precise istruzioni ad Azael di darle il primo benvenuto in America; era certa che non ne fosse entusiasta di fare da babysitter, ma nemmeno lui aveva scelta di fronte a un ordine suo. Per quanto riguarda la bionda invece ella volò in Russia, e dopo due giorni di prendi e corri, nessuna possibilità di colpire, si ritrovò sul monte Narodnaja nel fango e nel gelo ad aspettare anche solo un piccolo spiraglio in cui il tempo e lo spazio sarebbero stati penetrati da un proiettile di un calibro 10,36 mm di una munizione 408 Chey TAC su cui da tempo la donna aveva inciso il nome del vertice russo della sua Nemesis.(*)

E poi, finalmente, eccolo il bastardo in uscita sulla veranda in un completo nero, calvo con gli occhi azzurri, un bicchiere alla mano, e una mora alta e snella che si piazzò nel mezzo.    ❝ Maledizione. E levati dal cazzo... ❞, e se non l'avesse fatto di lì a pochi secondi non si sarebbe fatta scrupoli a prendere due Sergeeva in un sol colpo. Perché si, l'aveva riconosciuta; lei si chiamava Yarmilla Sergeeva, quinta o sesta figlia di Ruslav, appartenente però alla seconda - segreta - famiglia del Libra che Sarah aveva studiato come ogni altra cosa per trovare l'anello debole di quella catena di eventi e personaggi. Sbuffò poco dopo:    ❝ Fanculo. Adesso basta giocare. ❞. Risistemò il calcio del fucile contro la spalla destra e di nuovo con la mancina rimoderò l'arma notando l'innalzamento della forza del vento che sicuramente avrebbe fatto deviare il proiettile dalla traiettoria corretta, quella scelta da lei, mentre l'origine delle due assi nel mirino veniva ricentrato sopra l'occhio destro del suo obiettivo. Trattenne il fiato. /Respira/, faceva una voce nella sua testa. Espirò, poi batté le palpebre. /Entrambi gli occhi aperti/ quella continuò. E quando li riaprì, però, smise di esitare. L'indice destro tirò indietro il grilletto, la cartuccia partì, s'avvertì un boato che rimbalzò ovunque fra le montagne Urali e dal mirino poté osservarla trapassare il cranio del russo trascinandolo con sé in avanti per mezzo metro. Non avvertì nemmeno il rinculo solida come si trovava. Quest'ultimo cadde a terra che aveva ancora gli occhi aperti e il viso increspato da un sorriso proprio sotto gli occhi suoi e della figlia che un secondo più tardi cercò di prestargli soccorso. Ma probabilmente era già chiaro anche a lei che non ci fosse nulla da fare, perciò quello che fece era stato urlare contro le guardie che da dentro, dietro e intorno alla villa tornarono da lui con le loro armi in pugno. Si guardavano attorno, non guardavano lui, perché in fin dei conti Sarah pensava fossero più preoccupati che vi potessero essere altri proiettili destinati a loro che non del loro capo prossimo a riempire un'altra fossa nel cimitero di Novodevičij; dopodiché, avrebbero potuto solo sperare nella clemenza di un possibile successore, se mai il clan Sergeeva avesse deciso di comune accordo di sceglierne uno verso cui riporre la propria lealtà, qualcuno che potesse dare loro ancora uno scopo e una certa protezione da clan rivali grazie alla sua influenza.    ❝ Game over. Ci si vede all'Inferno, stronzo. ❞ mormorò sogghignando l'americana che ora leggera e scattante si sollevò in piedi e cominciò a correre in una direzione, chiaramente opposta alla casa sicura, perché una qualsiasi di quelle l'avrebbe fatta giungere prima o poi alla strada più vicina. L'auto, quella da lei parcheggiata, l'attendeva un paio di chilometri più a sud che a bruciare non avrebbe impiegato più di venti minuti a quel passo, forse trenta se avesse lasciato che la spossatezza degli ultimi giorni potesse sopraffarla, ma era tranquilla. Sollevata come non lo era mai stata prima da che i russi s'erano voluti immischiare nei suoi affari, perché non sarebbero mai riusciti a raggiungerla; fra loro aveva il vantaggio di tremila metri dal punto in cui si era appostato, dopotutto, né sarebbero mai potuti risalire a lei... O almeno così lei credeva.

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