xxᴠ. crossroads

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New York, 01

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New York, 01.01.2022

Capodanno duemilaventidue, molti lo ricorderanno in famiglia, con gli amici, un amante o un fidanzato. Forse qualcuno anche in compagnia di un personaggio che non raggiungeranno mai da spettatori passivi di qualche storia creata appositamente per il loro intrattenimento. Ognuno ricorderà qualcosa, una cosa diversa o simile. Poi c'è per chi come Sarah, invece, avrà la consistenza del nulla e le possibilità che un giorno le sia dato viverne altri si fanno sempre più piccole ogni giorno che passa bloccata su quel letto d'ospedale nella sua stanza numero dodici, sesto piano, del reparto di neurochirurgia.

C'era un'unica finestra che dava sul mondo esterno che veniva tenuta sempre chiusa per ordine di Azael, l'uomo che negli ultimi due anni si era preoccupato di tenere in vita la giovane imprenditrice dalla doppia vita e adesso sembra averne la sua tutela. Molti, tra questi anche i medici, hanno pensato fosse perché inconsciamente cercasse di intrappolare la sua essenza in quelle quattro bianche mura, per non farla svanire; ma in realtà ciò che più temeva era l'imboscata di qualche altro demone, concreto o astratto, che nella sua testa si sarebbe potuto infiltrare raggiungendo il limbo nel quale lui stesso, nella sera dell'incidente avuto, l'aveva rilegata in attesa di risanarle il corpo o procurarsi per lei un altro ospite che potesse contenere l'anima sua per molto altro tempo ancora. Perciò anche la sera del trentuno dicembre duemilaventuno questa s'affacciava su un parco silenzioso ma ben illuminato da fuochi d'artificio e stelline sulla punta di un bastoncino.

❝ Hai mantenuto la tua promessa... ❞ sussurrò la bionda alle spalle di una mora che seduta su una panchina aveva rivolto il naso all'insù; lo sguardo fissava una facciata spenta dell'edificio dove sapeva esserci una delle finestre alla quale Sarah si sarebbe potuta affacciare, volendo e potendo. Lei si chiama Jana, "Gitana" invece per gli amici più intimi.
      « La conosci? », domandó il giovane alle loro spalle alternando lo sguardo tra la bionda vestita di stracci e la viva chiusa nel suo cappotto scuro. Non ottenendo alcuna risposta decise di avvicinarsi a quell'ultima fino a piazzarlesi davanti.      « É bella. » continuó poi. Sarah notò subito che se lui guardava lei, lo sguardo dell'ispanica sembrava andare oltre. Capí di non poter essere vista e avvicinandosi a loro si andò a sedere accanto alla giovane dagli occhi scuri e tratti gentili.      « É la tua fidanzata? » le parole della sua nuova guida le strapparono una lieve risata, perché quando pensava a lei lo faceva con molta leggerezza. Era una delle sue più care amiche, ma anche qualcosa di più c'era stato fra loro.
❝ No. ❞ rispose però.
      « Che strano. »
❝ Strano perché? ❞ Sarah allora gli rivolse un'espressione interrogativa, alche egli fece spallucce per tutta risposta.
      « Perché è strano. » concluse. E lei che sperava di riuscire ad ottenere qualche risposta da quella creatura... lo guardò storto finendo per spazzare via i dubbi con uno sbuffo. Non voleva perdere tempo a rimurginare su questioni che le sarebbero sempre state incomprensibili, perché non sapeva quanto ancora gliene restava. Tornò a osservare l'amica, compagna di diverse avventure, da quanto tempo non la vedeva... Quanto? No, seriamente: quanto tempo era passato? Si aggrottò la sua fronte.
❝ È reale tutto questo? ❞
      « Credo di si. » dichiarò la misteriosa creatura che prendendola per mano aveva spezzato momentaneamente tutti i suoi più terribili loop temporali, infilandosi poi entrambe le proprie nelle tasche dei pantaloni di colore verde scuro, lo stesso della spessa maglia dal taglio vivo e uno scollo a V sbiadito dal tempo. Entrambi fissavano la mora.
❝ Credi...? ❞
      « Più si che no, comunque. Difficile a dirsi certe volte. »
❝ No, sono sicura che sia reale... Non può essere un ricordo questo. Lei non mi sembra cambiata. Quale anno potrebbe essere? ❞
      « Lo stesso che hai lasciato: il duemilaventuno »
❝ C-Cosa...? ❞. Allora lui le indicò il New York Times che qualcuno aveva arrotolato e abbandonato nel cestino vicino; la parte superiore era comunque visibile perché fuoriuscita dal contenitore di plastica. Era leggibile la data in alto a destra, sopra le intestazioni che riportavano le immagini e un articolo su un incidente avvenuto qualche giorno prima: trentuno dicembre, duemilaventuno. Sarah si voltò a leggerlo.
      « A te sembrerà passata una vita, immagino. É sempre così. »
❝ Si. È molto strano. ❞ mormorò. Per lei era passato davvero così tanto tempo. E ogni secondo che passava percepiva sempre più stanchezza nei muscoli e le ossa. Anche a livello mentale vi era un principio di esaurimento. Fece per prendere un profondo respiro fissando gli occhi sull'asfalto davanti a loro e poi trattenne il fiato. Da subito l'altro, l'unico capace di vederla e sentirla, la guardò stranito. Pensò che anche lei fosse una creatura molto strana in quel momento, reagiva diversamente dinanzi le situazioni rispetto ad altri conosciuti.
      « Che stai facendo? » domandò. Passarono una manciata di secondi da quello allo scrollo di spalle di lei il cui viso era la rappresentazione dell'emozione tra lo sconforto e lo sconcertato. Posò poi la mano destra sul petto, tra i due seni. Scoprì che nonostante cercasse di controllare il proprio respiro i suoi polmoni non si gonfiavano, nemmeno di riflesso.
❝ Non respiro... ❞
      « Non ne hai bisogno qui. Abbiamo forme umane solo per riconoscerci, ma non siamo vivi. »
Ella sollevò lo sguardó nel suo.
❝ Cosa siamo allora? Fantasmi? ❞, gli strappò una dolce risata questo.
      « No, non siamo nemmeno fantasmi per com'è il modo comune di immaginarseli. Siamo legati al cosiddetto "Limbo". Ne hai mai sentito parlare? »
❝ Eccome... ❞
      « In questo momento il tuo vero corpo giace su un letto d'ospedale, e mi dispiace dirtelo ma non potremo restare qui a lungo. Di solito non mi è permesso far uscire le anime dalla dimensione del mezzo, l'ultima volta che l'ho fatto beh... Questo è meglio non dirtelo. Però se restiamo nei limiti magari nessuno se ne accorgerà. »
❝ Questo vuol dire che dovrò tornare lì dentro...?! ❞ nel chiedere la donna sollevò la mancina a indicare col pollice qualcosa alle sue spalle; si riferiva chiaramente all'incubo da cui era uscita attraverso un portare di luce. Sembrava terrorizzata alla sola idea. Le immagini del massacro si mischiavano ripetutamente a quelle del suo incidente, il freddo glaciale dell'oscurità, la fiamma di un dolore che continuava a consumarla dall'interno. Non voleva tornare lì. Il giovane le lesse tutto questo negli occhi, ancora tanto azzurri e ammaliatori. Erano quasi da farlo cedere ma questo avrebbe voluto dire per lei condanna certa.
      « Si. Dovrai tornarci. »
❝ No... No, no, no! Non posso! Non ci riesco! È-... è-... ❞ iniziò a montarle dentro il panico.
      « È orribile, lo so. » concluse lui costernato.      « Ma sai cosa...? », abbassò il mento per interrogare gentilmente la dama. Ricevette un no del capo.      « Tutto quanto all'inizio ci spaventa prima di imparare bene la lezione. ». Sarah diveniva sempre più confusa.      ❝ Mi dispiace ma nessuno mi ha mai dato un manuale su come sopravvivere nel Limbo! ❞ e un sorriso a trentadue denti illuminó il viso del suo interlocutore.
      « Per questo esisto io! »
❝ Tu...? ❞ lo guardò sbalordita.
      « Io. Ti guiderò nei meandri della tua mente per liberarti finalmente di ogni senso di colpa che ti tengono bloccata in questa dimensione. »
❝ E poi...? ❞
      « E poi andrai oltre. »
❝ Oltre dove...? ❞
      « Non lo so... Oltre. » di nuovo le spallucce a innalzarsi e scrollarsi. Davvero lui sembrava non saperne tanto più di lei. Sarah si morse l'interno della guancia guardando ora lui ora Jana che continuava a indirizzare il suo sorriso, e probabilmente i suoi pensieri, in direzione della finestra.      ❝ E se non ce la facessi? ❞
      « Probabilmente allora si che diventeresti un fantasma, a poco a poco. » non c'era velo di umorismo nella sua voce e un po' questo la rincuorava. Magari non sarebbe andata all'inferno come ha sempre credu-...      « Ma sarebbe peggio di quello. » continuó il giovane certo che all'altra sarebbero apparse dietro le palpebre di nuovo quelle terribili immagini di poco prima. Tramontó ogni sentimento di speranza.      « Immaginati di dover stare qui e vagare per l'eternità, osservare gli altri vivere le loro vite, tuo figlio crescere in una famiglia che non sei più tu... E infine sopravvivere a lui, loro... Lei. » la mano di lui allora indicò con un gesto la latina sedutagli davanti.      « Non credo vorrebbero questo per te. » cadde il silenzio. Almeno tra loro, perché Sarah invece fissava l'amica e seppur conscia di non essere più una viva avrebbe potuto giurare di sentire ancora un cuore battere. Ma quel cuore, quell'incessante /bum bum, bum bum/ volle solo convincersi essere il suo nella ritrovata sperava che vi fosse ancora una possibilità di svegliarsi da quell'incubo e riprendere la sua vita di tutti i giorni. Con la differenza che li avrebbe vissuti in modo diverso: godendoseli, sempre e tutti; perché sentiva di non aver concluso niente fino ad allora nella sua vita, nemmeno l'essersi tolta una soddisfazione. Ad esempio si sarebbe alzata volentieri una mattina e sarebbe corsa a rigare l'auto di chi sapeva lei; oppure avrebbe vomitato la verità in faccia a qualcun altro, qualcuno che di ferirla allo stesso modo non s'era mai fatto un solo pensiero. Ma non era solo questo, in realtà a cambiare davvero avrebbe tenuto. Sarebbe stata una madre migliore tanto per cominciare, una più presente e dedita alla famiglia più di quanto non lo fosse mai stata, e questa volta nessun altro nuovo buon proposito sarebbe stato spazzato via da una svogliatezza come invece avveniva sempre per quelli in vista di un nuovo anno.
Chissà quali nuove promesse in quel momento balenavano nella mente di Jana, si chiedeva Sarah. Avrebbe dato qualsiasi cosa per poterla sentire, sentire nel profondo. Non come quando una tende l'orecchio mentre l'altra parla, no. Lei voleva provare di nuovo l'ebbrezza causata da una sua carezza, il brivido adrenalinico di un suo sguardo, e poi il calore di una passione condivisa, come quella di un anno prima. Com'era stato bello sbronzarsi in due, passare di locale in locale e finire consumate su un letto. Come sarebbe stato bello tornare indietro, trovare quel ricordo e fermarsi lì. Non per sempre ma quanto sarebbe bastato per ricaricarsi un po' dopo tutto lo schifo.
Quanto sarebbe stato bello poterla toccare. Sarah così allungò la mano e le sfiorò la chioma.       ❝ Buon anno, amica mia. ❞ sussurrò nel mentre la mano mutava in aria e poi ritrovava la sua forma quando lontana da lei.       ❝ Ma non posso restare. ❞. Era più addolorata per dover lasciare che essere lasciata. Non era neanche una cosa a cui era abituata.      ❝ Prenditi cura di te adesso. ❞ si ritirò a sedere composta per guardare a terra, quasi ignorando che invece l'amica le fosse ancora seduta accanto. Come di consuetudine espiró rumorosamente e allora l'altro si sentì di interromperla.
      « Sei pronta? »
❝ No... Ma non posso restare bloccata qui. Devo almeno provarci. Lo devo a loro. ❞
      « No, Sarah... » il maschio scosse il capo sconsolato.      « Possibile che tu non abbia capito nulla? »
Ecco di nuovo lo sguardo confuso che lo puntó.
      « Devi volerlo per te, non soltanto per loro. Inizia a convincerti del fatto che nessuno dipende da te come tu non dipendi da loro. Smettila di addossarti queste responsabilità, di addossarti colpe che non hai. Solo così riuscirai ad affrontare i tuoi demoni, e uscire dall'inferno che ti sei creata. »
❝ Ora capisco... il perché servissi tu. Quanto tempo mi resta? ❞
      « Non molto, per questo direi di iniziare. »

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