Niente d'importante

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Benché siano passati tre giorni dalla sera trascorsa con Simone, la testa di Manuel continua a vivere all'interno di quelle scene, quasi fossero divenute linfa vitale.

Simone è stato tra quelle mura che lui chiama casa, rivelandosi tutt'altra persona da quello che sembrava di solito. È riuscito a far cadere la maschera da ragazzo burbero che sta sempre sulle sue, mostrando davvero il suo io.

Ha visto alcuni disegni di Manuel affissi alle pareti, provato invano a suonare qualche accordo dalla sua chitarra e domandato un sacco di cose riguardo il passato. Ne era sembrato quasi affascinato da quel quiete susseguirsi di giorni con una figura stabile al suo fianco.

Conseguentemente Manuel si era aperto e la conversazione si era protratta fino a tardi. Duccio si era dileguato verso le dieci e mezza, perché troppo stanco, lasciandoli soli.

Ad un certo punto della serata aveva avuto l'impressione che il corvino volesse dirgli qualcosa, però un'impressione rimase perché, di fatto, non gli disse nulla. Nulla di strano, perlomeno. Sarà stata soltanto una sua impressione, talmente era felice quel lunedì sera.

"Comunque ci credo che ti piace quel Simone" Anita, sua mamma, si affaccia allo stipite della porta, dando lui un parere non richiesto "È proprio gentile e bello".

Manuel gira la testa, squadrandola. "Sarà pure tutte le cose che dici tu, mà, fatto sta che non me piace, quindi non farti strani film" borbotta.

"Pensi che ti conosca così poco?"

"Non voglio che te fai i film."

"Mi stai mentendo" insinua "Quando lo fai tendi a ripetere le stesse parole."

È stato beccato, ma Manuel la guarda comunque interrogativo.

"Me so capita da sola, lascia sta'. Comunque piace pure a Duccio."

"A mà, non c'hai da fa' niente stamattina?" a questo punto, avendo capito che il figlio non si sarebbe lasciato scappare niente, si affretta ad alzare la mani in segno di resa "Ok, va bene. Hai vinto, ti lascio in pace".

La donna gli rivolge un sorriso, poi chiude la porta dietro di sé, tornando a fare le faccende che aveva interrotto. Manuel, istintivamente, sorride a sua volta, quasi la madre possa vederlo, perché è grato di averla nella propria vita.

Non c'è mai stata mezza volta in cui si sono tenuti nascosti qualcosa: lei gli aveva donato la vita e lui ne è stato la sua ragione. Così avevano costruito il loro rapporto negli anni, casella dopo casella, con lo scopo di poter terminare quell'enorme puzzle che gli era stato posto davanti.

Scuote la testa e si tira in piedi. Prende le proprie cose — cioè cellulare, portafogli ed occhiali da sole — per avviarsi all'uscita.

"Esco."

"Dove vai?"

"Al baretto."

"E chi c'è?"

"A mà e chi ci deve essere?" butta le braccia all'indietro e "Sono gli stessi con cui esco da — bho, tipo tre anni" suona sarcastico.

"E c'è anche Simone?"

"Ao ma te sei fissata" sospira divertito "Me sembra che te piaccia più a te ch—" si rene conto troppo tardi di essersi appena contraddetto con ciò che aveva negato pochi minuti prima.

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