La teoria del filo rosso

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L'esame l'ha bocciato, ma se l'aspettava al punto che si era presentato davanti al professore con una certa tranquillità, benché sapesse di sapere, ma non abbastanza.

Che poi, per inciso, l'ha respinto con un 17 ... una presa di culo praticamente.

Ogni tanto si chiede che glielo faccia fare di disperarsi per degli esami. Degli stupidì esami — o forse stupido ci si sentiva lui nel fallirli tutti, ma tant'è.

Se quella triennale non doveva concludersi, non l'avrebbe fatto: è semplice la situazione; la rinuncia agli studi sembra sempre più vicina.

"Jacopo non puoi stare così però, eh, sono tre giorni che te ne stai chiuso in camera ... ti ha dato di barta il cervello?"

"Eh? Chi ha dato cosa?"

"Lascia sta', me so capita io" la ragazza si porta le mani sui fianchi "Intendo dire che non puoi stare così, a maggior ragione se dici non te freghi niente di questo esame".

Jacopo squadra Luna e scuote le spalle: fosse solo per l'esame ...

"Perché stai qua?"

"Innanzitutto sei te che stai a casa mia" puntualizza "E comunque t'ho chiamato perché ti vedo un po' strano .. che è successo, c'è altro a parte l'esame?"

"Diciamo ... però lascia stà, non posso dirtelo."

"Jacopo ci conosciamo da un sacco di tempo, sono dieci anni che vado a scuola con Simone e poi ... insomma lo sai, io e te un rapporto normale non l'abbiamo mai avuto."

Lo sa, , e pensare che quella sia tutta colpa sua un po' lo rattristisce: probabilmente in passato Luna ci sarebbe anche voluta stare con lui, in una relazione seria, ma ora no: è un dato di fatto.

"Ti interpreti sempre nella maniera sbagliata" sospira lei "Non riesci a capire cosa vuoi, con chi vuoi stare o cosa sia meglio per te. Ti va sempre bene tutto — non t'incazzi per niente!"

"E per cosa dovrei farlo?"

"T'ho fatto un esempio, sarebbe più facile se fossi tu a dirmi come stanno le cose."

"Lascia stà" si ripete "È meglio così".

"No. Se è sempre lascià sta, non risolverai nulla e continuerai a stare così."

Al che Jacopo scuote di nuovo le spalle e inizia a guardarsi intorno: quella camera urla Luna da tutte le parti; ha una personalità forte e decisa, tutti sarebbero riusciti a descriverla con tre parole, ma lui? Qualcuno avrebbe saputo identificare Jacopo in qualcosa?

È semplice: no, e forse va bene così.

Non si è mai sforzato di capire cosa volesse o cosa sarebbe stato meglio per lui: semplicemente si univa alla massa perché era più comodo adagiarsi in questa situazione invece di complicarsi l'esistenza scostandosi dagli altri.

"Secondo me dovresti trovarti nuovi amici" prende parola la ragazza, avvicinandosi a lui "Amici veri con cui poter essere te stesso".

Jacopo gira la testa e squadra Luna. "Io — io sono me stesso" borbotta poi.

Lei scuote la testa e gli poggia una mano sulla spalla. "Io non credo tu lo faccia di proposito, credimi ... però, quando stai con gli altri, diventi diverso, perdi un po' te stesso".

Il corvino reclina lo sguardo verso le sue scarpe e continua il ligio silenzio; cosa si deve dire davanti ad un'affermazione del genere? Niente, probabilmente, perché la sua amica ha ragione.

"Sai, io all'inizio per te ci avevo proprio perso la testa, chiediglielo ad Elena ... ti potrà confermare che testa le ho fatto" cerca il suo sguardo, invano "Poi ti ho osservato da vicino, ed ho capito che hai ancora troppi dubbi su te stesso per poter amare qualcuno nella maniera giusta. Jacopo, come puoi star bene con qualcuno se ti fai continuamente la lotta?"

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