2.11 In need of repair

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"Dove sono mamma e papà? Perché non vengono qui anche loro?".

Eagle sollevò le ciglia chiare e guardò Charles cercando di camuffare l'ansia che gli trasmetteva quella domanda. La risposta da dare l'aveva imparata a memoria, ma quando fissava quegli occhi verdi vi leggeva dentro qualcosa che andava oltre la semplice richiesta di un bambino. Il piccolo sembrava comprendere in misura maggiore di quanto loro immaginavano e lui era sempre a un passo dal cedere alla tentazione di rivelare più di quanto fosse ragionevole.

Sospirò.

"Sono dovuti partire per un viaggio".

Charles lo squadrò con un'espressione seria e si portò un dito alle labbra, riflettendo su quelle parole.

"Sono andati in Francia a vedere le piante per il lavoro di papà?", domandò, per dimostrargli con una punta d'orgoglio quanto fosse preparato sull'argomento.

Eagle accennò un sorriso, sollevato al pensiero di non dover trovare da sé altre spiegazioni.

"Sì, e torneranno presto", confermò. "Nel frattempo ho pensato di venire a farvi compagnia. Che ne dici? È stata una buona idea?".

Il bambino sgranò le iridi verdi e annuì deciso, mentre un'espressione birichina gli si disegnava sul viso.

"Possiamo uscire e giocare a basket, zio Eagle?".

Quello ebbe uno scarto, preso alla sprovvista.

"Zio Raven non ha un giardino".

"Zio Rav non ha un sacco di cose", commentò il piccolo con una smorfia. "E sa giocare solo con la consolle. Io voglio andare al parco con te".

"Uhm, ok, vedremo", biascicò Eagle, nel disperato tentativo di prendere tempo.

Era riuscito a schivare le domande su Phoenix e Ailleann, ma come poteva spiegargli che era pericoloso andare da qualsiasi altra parte fuori da quelle quattro mura?

La voce di Swan, imperativa, lo trasse in salvo da quell'imbarazzo.

"Charles, vieni a mangiare", lo chiamò severa. "Se non finisci tutto non giocherai più con nulla".

Era evidente che, in quel covo di maschietti irresponsabili, Swan si era assunta il compito di far rispettare le regole. Forse era la sola che sentiva la responsabilità di gestire Charles senza trasformare quella permanenza in una vacanza senza freni. Raven, di certo, non si era curato di quell'aspetto.

Eagle tornò a fissare il piccolo, che non si era mosso di un millimetro e continuava a stropicciare distrattamente i piedi sul tappeto. Gli strinse le braccia con entrambe le mani, avvicinandolo a sé e interrogando la sua esitazione.

"Non hai fame, campione?".

Charles cercò di sbirciare oltre le sue spalle, per accertarsi che Swan non lo stesse guardando, e gli si avvicinò.

"Zia Swan non cucina bene come la mamma", bisbigliò rapido al suo orecchio, prima di ritrarsi.

Eagle ridacchiò e gli lanciò un'occhiata complice.

"Lo so", replicò allo stesso modo, chinandosi verso il bimbo con fare confidente.

"La finite di cospirare, voi due?".

Swan era piombata all'improvviso e aveva afferrato la mano di Charles, accompagnandolo fino allo sgabello e sistemandolo di fronte al piatto di pollo e patate fumanti che attendeva sulla penisola.

Era visibilmente più nervosa da quando era rimasta sola con Eagle nell'appartamento. Facevano entrambi del proprio meglio per non intralciarsi a vicenda, per non apparire troppo imbarazzati o troppo invadenti, soprattutto in presenza di Charles. Si muovevano come circondati da una collezione di vasi Ming, quindi Eagle non poteva certo rimproverarla se ogni tanto i suoi modi risultavano bruschi: Swan reggeva la tensione molto meno di lui.

Laminae [Great Work #2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora