2.1 Gazing across the wasted years

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Era la prima volta che vedeva quel posto. Swan si fermò sulla soglia mentre Raven proseguiva all'interno, ignorando il suo stupore.

Al suo ingresso, l'impianto domotico si era messo in funzione. Le serrande si erano sollevate lentamente, rivelando un loft luminoso, arredato con mobili dalla linea moderna e accogliente. Un ampio salotto terminava da una parte in un angolo lucidissimo che aveva tutta l'aria di essere utilizzato più come bar che come cucina. Dalla parte opposta una porta chiusa e un'altra socchiusa, che lasciava intravedere un'elegante stanza da letto.

Charles sgusciò tra le gambe di Swan e si lanciò sul morbido divano, saltellando sui cuscini.

"Posso vedere la tv, zio Rav?".

Lui sorrise dal fondo della sala, mentre prendeva dei bicchieri e una bottiglia di succo d'arancia dal frigo abilmente incastonato nella parete.

"Puoi fare tutto quello che vuoi qui dentro, Charles".

La sua voce, che risuonò in quello spazio estraneo con la morbidezza di chi è abituato ad abitarlo, sembrò destare Swan. Finalmente lei si mosse sul parquet brillante e si richiuse la porta alle spalle.

"Questo appartamento è tuo?", domandò perplessa, avanzando con passo esitante fino ad appoggiarsi al ripiano che la divideva da Raven.

"Non è proprio un appartamento", rispose lui con fare distratto, intento ad armeggiare con gli sportelli della cucina. "È più una... garçonniere. E sì, è mia".

Si girò rapidamente a guardarla, poi accennò alla porta socchiusa.

"Tu e Charles potete sistemarvi in camera da letto. Io stanotte dormirò sul divano".

Swan sembrò non curarsi di quell'indicazione. La sua mente era concentrata su un altro pensiero.

"Loro lo sanno?", azzardò abbassando appena il tono della voce.

Raven si drizzò sulla schiena e la fissò.

"Certo. Nasconderlo era impossibile e comunque non aveva senso farlo. Nessuno ha avuto niente da ridire. Non posso portare compagnia a Fulham e d'altra parte non ho più vent'anni, non mi metto ad amoreggiare in macchina".

Swan si ritrasse, sventagliando nervosamente le mani di fronte agli occhi grigi di lui.

"Ok, ok, risparmiami i dettagli, non li voglio sapere".

Raven sfoderò il suo sorriso da rapinatore.

"Be', sei tu che hai chiesto", concluse, tornando a rovistare tra i ripiani e tirandone fuori una serie di dolcetti dall'aspetto decisamente calorico e illegale.

"Charles!", chiamò, ignorando beatamente l'espressione di disapprovazione di Swan. "Vieni a fare merenda. Dopo ti faccio vedere come funziona la consolle".

֍

La notte era trasparente. La temperatura era scesa di colpo e l'aria era fredda ma tersa. Londra tremolava di luci indistinguibili da quell'altezza. Sembrava una stoffa scura dove qualcuno aveva gettato a profusione un quantitativo sorprendente di gemme preziose.

Raven la osservava senza vederla davvero, mentre stava con i gomiti appoggiati alla balaustra del terrazzino che si spalancava su quello spettacolo. Stringeva tra le dita il suo sigaro, che spandeva un lieve profumo agrumato disegnando riccioli bianchi contro l'oscurità.

Nel silenzio, la musica strisciava fuori calda e soffusa. Sorrise al pensiero dell'espressione che doveva aver avuto il viso di Swan mentre si scervellava per farsi obbedire dai comandi della casa e, successivamente, della sua esclamazione di trionfo quando aveva avuto finalmente la meglio sulla tecnologia ed era riuscita a scegliere i brani da canticchiare mentre metteva in ordine dopo la cena.

Laminae [Great Work #2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora