3.11 Judgement / The World

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Fuori l'aria era fresca, densa di un'umidità che la rendeva balsamo per i visi affannati, per la gola che bruciava, per i polmoni che stavano cedendo al fumo acre che aveva preso possesso di ogni meandro della casa.

Appena in tempo!

Raven non sapeva ancora se tremare o esultare di fronte a quel pensiero. Sì, aveva fatto appena in tempo. Aveva raggiunto il prato e deposto Charles sull'erba bagnata, poi si era lasciato andare con la schiena contro il terreno soffice nell'attimo stesso in cui un cupo boato aveva dato il via a una catena di rumori inquietanti.

La porta dalla quale erano usciti vomitò un getto di fuoco che, dal telaio superiore, si proiettò verso la parete esterna dell'edificio. Il ragazzo seguì il crepitare delle scintille e sollevò lo sguardo fino al cielo. Oltre il fumo e la tempesta di Eagle, oltre le nuvole scure di quella notte, avrebbe voluto trovare le stelle. Quel desiderio gli sembrò il riassunto generale della sua vita: non vederle mai, ma credere fermamente che esistessero e che fossero lì, ognuna al proprio posto.

Istintivamente affondò le dita nel terriccio molle, compensando quella mancanza celeste con il contatto noto, tangibile e meraviglioso che era capace di ricaricarlo. Si tirò su e si girò a cercare Ailleann con lo sguardo.

Lei era poco più in là, rannicchiata vicina a una grande siepe, tutt'uno con Charles. I suoi lunghi capelli arruffati coprivano quasi del tutto la schiena del bimbo, le cui braccia erano avvinte al collo della madre. Raven non poté fare a meno di pensare che, persino in quello stato e in quella terribile cornice, erano bellissimi. Somigliavano anche loro, in qualche modo, all'immagine che aveva in testa di tutto l'amore del mondo.

Il Mondo...

Quella parola accese in lui un silenzioso pensiero che lo fece sorridere. Si inginocchiò accanto alla ragazza e carezzò il braccio di Charles.

"Ehi, campione...".

La frase gli morì sulle labbra quando il piccolo si staccò dalla madre e gli rivolse il visino pesto e contratto dallo spavento. Per un istante temette di dover leggere odio o repulsione nei suoi occhi verdi. Per un istante ricordò a se stesso che, al di là di ogni buona intenzione, lui non era senza colpa.

Piegò la bocca in una smorfia e ritrasse la mano. Non era quello, il suo posto. Forse non aveva davvero nessun posto da occupare in quella scena. Fece per alzarsi, ma qualcosa gli impedì di farlo: Charles si era aggrappato al suo collo, stringendolo quanto gli era possibile.

"Zio Rav, mi perdoni?", lo sentì piagnucolare, con le labbra serrate contro la stoffa della sua camicia.

"Perdonarti?", ridacchiò sinceramente sorpreso, carezzandogli i riccioli fulvi. "E di cosa?".

"Ho avuto paura e ho rovinato tutto".

Raven lasciò scivolare le dita sulle sue braccia e lo allontanò da sé, sistemandolo dove poteva guardargli gli occhi alla stessa altezza, da uomo a uomo.

"Paura?", replicò con un sorriso. "Sei stato il bambino più coraggioso che io abbia mai visto. Sei stato persino più bravo di me, e non era facile, sai?".

֍

Eagle non aveva staccato gli occhi dalle finestre di Fulham nemmeno per un secondo. Sapeva cosa aspettarsi, ma l'attesa gli aveva ugualmente scavato l'anima.

Quando vide il fumo nero che cominciava a salire verso l'alto e i vetri colorarsi di un rosso violento, capì che il momento era arrivato. Osservò il movimento che aveva impresso alle correnti: una volta trovato il proprio equilibrio interiore, gestirle era diventato un compito semplice. La rotazione da lui imposta ai venti proseguiva per inerzia attorno al suo centro. Non doveva far altro che impartire un breve ordine cadenzato, di tanto in tanto, per far sì che non rallentasse, perdendo la forza che la rendeva uniforme.

Laminae [Great Work #2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora