1.4 Bittersweet memories

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Raven rimase immobile a sorseggiare il caffè e non disse una parola finché non ebbe finito il contenuto della tazza. Solo a quel punto si liberò la mano e sembrò prestare attenzione a Swan.

"Tutto a posto?".

La ragazza gli espose il viso sfoderando un sorriso smagliante.

"Meravigliosamente".

Lui abbandonò la sua posizione con pigri movimenti felini e si posizionò dal lato opposto della penisola. Appoggiò entrambi i gomiti sulla superficie fredda, intrecciò le dita e scivolò verso di lei. Si fermò a studiarle gli occhi in silenzio, la punta delle labbra leggermente arricciata in su. Swan lo considerò con uno sguardo sprezzante, come una principessa che concede al proprio sfacciato valletto di essere guardata.

"Non mi piacciono i capelli", sentenziò infine il ragazzo.

Era sempre incisivo e diretto quando si trattava di esprimere pareri su abiti, aspetti e mode. Come se il suo giudizio fosse insindacabile. Swan aveva smesso di offendersi per le sue osservazioni decenni prima, e imparato a ignorarlo più o meno nello stesso periodo. Quella mattina, però, l'osservazione di Raven e la vicinanza magnetica dei suoi occhi le trasmisero uno strano disagio. In qualche strano modo la fecero sentire sbagliata e, un istante dopo, irritata con se stessa per ciò che aveva provato. Per ciò che gli aveva permesso di farle.

"E allora?", rispose, instillando una punta di risentimento nella voce. "Non ti piace mai niente di quello che indosso, di come mi trucco o sistemo i capelli".

Raven ridacchiò sarcastico. Socchiuse le palpebre e le riaprì lentamente per lanciarle uno sguardo affilato.

"Questo non è vero. Ho giusto un paio di ricordi in testa che mi dicono il contrario".

Swan sollevò un sopracciglio e lo soppesò con aria ironica.

"Ah, riesci anche ad avere ricordi lucidi a quest'ora del mattino? Di solito questo è il momento della tua giornata in cui cerchi disperatamente - e inutilmente - di ricordare il nome della proprietaria del letto che hai appena lasciato".

Sul viso del ragazzo si disegnò una smorfia divertita.

"Stanotte ho indubbiamente dormito da solo, quindi posso utilizzare le energie risparmiate per te, se lo desideri".

"Generoso da parte tua, ma sto bene così, grazie".

Lui rimase un istante a fissarle le iridi celesti, sorridendo lievemente, incapace di dire nulla. Perché nulla di quello che gli passava veramente per la testa poteva essere pronunciato. Per quanto si sforzasse di allontanare quel pensiero, continuava a trovarla adorabile quando faceva la sostenuta, quando provava a tenergli testa anche se sapeva di non poter vincere lo scontro. 

Forse, rimuginò, gli accadeva perché le occasioni in cui era capitato loro di restare da soli si erano, nel tempo, ridotte a un numero vicino allo zero.

E ciò che percepiamo come raro diventa automaticamente allettante, anche quando non possiede davvero quella qualità.

Raven conosceva bene quel genere di desiderio, almeno quanto conosceva il suo istinto per la sfida, quella passione irrefrenabile che lo coglieva al solo pensiero di poter conquistare qualcosa che, per un motivo o per un altro, gli veniva negata.

Per quella e per una serie di altre ottime ragioni, in tutti quegli anni si era ripetuto miliardi di volte di doversi tenere alla larga da Swan e lo aveva fatto davvero, in maniera quasi scientifica. Era riuscito a distillare i gesti e le parole, aveva plasmato le sue fantasie e indirizzato le sue voglie nella maniera più opportuna. Nonostante la sua indubbia abilità, però, i momenti in cui non sapeva resistere alla tentazione di stuzzicarla sembravano restii a scomparire del tutto. Erano pochi, pochissimi. Sapeva perfino riconoscerli, ormai. Erano quelli in cui si sentiva più fragile, in cui aveva l'impressione di non riuscire a tenere perfettamente a posto tutti i pezzi della sua armatura. In cui aveva paura di perdere il controllo della situazione. Momenti come la notte appena trascorsa, durante la quale parlare con Phoenix gli aveva fatto un taglio sul cuore e prendere sonno era stato quasi impossibile. O momenti come quella mattina, che gli era sembrata l'assurda continuazione dei suoi incubi agitati, quando era entrato e l'aveva vista seduta lì, con la tazza in mano, con Eagle. 

Laminae [Great Work #2]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora