«Il mio castello di sabbia è più bello!»
Era estate, una di quelle giornate perfette per andare in spiaggia: il sole, di un giallo intenso, dall'alto della sua posizione nel cielo riscaldava tutto intorno e non vi era nessuna nuvola che potesse nasconderlo, solo un paio di gabbiani a fargli compagnia volando qua e là cantando. E anche il mare era ideale: calmo, ogni tanto arrivava qualche piccola onda che sfiorava i sassolini sulla riva e limpido al punto da mostrare le sue profondità. Non c'erano neanche così tante persone in acqua, ognuno disteso sotto al proprio ombrellone inebriandosi del profumo del mare e del suo leggero scroscio.
«Il mio castello di sabbia è più bello!» Ripeté Jacopo, ridendo. «Ho messo pure delle conchiglie attaccate sulle torri! Vieni a vedere papà!» continuava a ridere mentre batteva le mani. Simone, suo fratello, che gli stava di fronte, roteava gli occhi al cielo mentre rispondeva «solo perché le hai rubate a me!»
Il padre, che sedeva a pochi centimetri da loro con la videocamera in mano, sorrise guardando la scena. Portava degli occhiali da sole sulla testa e i suoi capelli scuri andavano un po' in ogni direzione.
«Sono belli entrambi, siete dei bambini così bravi!» ed era vero. I due castelli erano realizzati nei minimi dettagli: una base quadrata, un piccolo ingresso scavato al centro di essa, e due torri che la adornavano di fianco. Architetture di un certo valore!
«Sì ma io lo sono di più!» urlò Jacopo.
Il padre rise e gli scompigliò leggermente i capelli «sei bravo quanto tuo fratello.» gli fece l'occhiolino «È anche vero però che il tocco delle conchiglie...»
«Ma papà!» lo interruppe Simone «Così non è giusto» piagnucolò.
Il padre inquadrò la sua espressione con la videocamera e poi mise a fuoco sui due capolavori che aveva davanti «devi ammettere che si tratta di un tocco di classe, è evidente!» e continuava a ridere divertito.
Jacopo si mise le mani sui fianchi e fece la linguaccia al fratello, prima di acclamare divertito «E ho vinto di nuovo!»
Il padre, attirato dalla sua gioia, non poté fare a meno di registrarlo. Poi girò la videocamera e inserì anche il proprio viso, salutando con la mano, per poi spegnerla e richiuderla nel borsello. Nel frattempo, Simone si era alzato e si era avvicinato alla riva. Lo divertiva battere i piedi in acqua con forza e vedere come gli schizzi saltavano ovunque, persino sul suo viso che immediatamente copriva con le mani. Raggiunto dal fratello che lo spinse scherzosamente per terra, Simone si lamentò per l'ingiustizia ottenuta e per ricambiare iniziò a tirargli l'acqua addosso e, contemporaneamente, a fargli il solletico. Sapeva che era l'unico modo per vincere su di lui. Jacopo urlava e rideva, e le sue risate si univano a quelle di Simone, e non si riusciva più a distinguere chi ridesse più forte dell'altro. E il padre, che non si era mosso dalla sua posizione e che li guardava con un ampio sorriso, quasi malinconico, si accorse di non aver fatto in tempo a filmare il momento. E allo stesso tempo capì che gli attimi più belli non erano fatti per essere immortalati, ma per essere ricordati.
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Aerei di carta #simuel
Teen FictionQuesta è una storia che è nata con l'intento di mettere in risalto ciò che, per motivi logici, l'immagine televisiva non mostra. I pensieri, i sentimenti, le lotte introspettive che i personaggi affrontano. Tutto quello che c'è dietro l'iniziativa d...