Capitolo 12

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Passò Natale. Passò Capodanno. Passarono le vacanze. Quel giorno era così lontano... un puntino lasciatosi dietro le spalle, anche se gli effetti erano ancora molto vivi attorno e dentro di lui.

Furono dei giorni davvero difficili per Simone: ogni mattina a lottare con tutte le sue forze per non guardare nemmeno di striscio Manuel. Ogni mattina a cercare di apparire tranquillo come se non vivesse sotto una tempesta perenne.

Stava rimpiangendo il periodo in cui il suo incubo era vedere la coppietta insieme. Sì, sarebbe stato molto meglio.

Eppure, per quanto fosse complicato Simone ci riusciva benissimo ad agire diversamente da come avrebbe voluto: sguardo fisso sui professori, uscire subito dall'aula al suono della campanella, isolare le voci degli altri eliminando la sua... era molto bravo.

Certo, puntualmente rientrava in casa con un cerchio alla testa che stringeva e stringeva come se volesse fargliela esplodere. Ma si era detto che poteva sopportarlo; prima o poi sarebbe passato tutto.

Era talmente bravo che Manuel arrivò a pensare di aver fatto la cazzata del secolo e che Simone aveva mantenuto la sua promessa: una volta uscito da quella porta nessuno dei due sarebbe più entrato nella zona dell'altro. Durante le ore di lezioni si sorprendeva a guardarlo con la coda dell'occhio e nei minuti di pausa a fissare la sua sedia vuota in attesa del suo ritorno. Gli mancava tanto ma sapeva anche che un semplice scusa non sarebbe servito a spostare le lancette indietro, perché se ci fosse stato un modo Manuel lo avrebbe fatto. Eccome se lo avrebbe fatto! Provò svariate volte a mandargli un messaggio ma cancellava e cancellava trovando nelle parole sempre qualche errore e così non inviava nulla e spegneva il cellulare. L'unica persona con la quale riuscì a parlare fu Sofia, anche se dovette insistere parecchio. Si diedero appuntamento un pomeriggio davanti al muretto di scuola, guardandosi a destra e sinistra per assicurarsi che non fossero seguirti da nessuno come due amanti che sanno di non doversi incontrare, e ci rimasero per un paio d'ore. Parlarono, si sgridarono.

Manuel si scusava e Sofia non voleva stare a sentirlo. Manuel le dava spiegazioni e Sofia ribatteva che fossero campate in aria. Manuel le disse di volerle bene e Sofia gli diede del bugiardo.

Fin quando Manuel ammise di non stare bene con se stesso e Sofia rimase in silenzio, rispettando le lacrime che per la prima volta vedeva correre dal suo viso e non pensava avrebbe visto mai. Non perché fosse un ragazzo ma perché era un ragazzo troppo forte per poter piangere, capendo che in realtà non si è mai troppo forti di fronte ai sentimenti. E alle sue lacrime si unirono quelle di lei che, con cautela verso quello che Manuel stava mettendo nelle sue mani, gli esprimeva il suo punto di vista, il suo stato d'animo e gli spiegava come si era sentita usata... facendogli presente che il suo atteggiamento non avrebbe allontanato da lui la paura.

E Manuel era pieno di paure. Non solo quella del giudizio che Simone conosceva bene ma la più grande era quella di sé stesso. Se solo si fosse potuto staccare dal suo corpo o solamente cambiare anima Manuel non ci avrebbe pensato su due volte. Ogni sua inclinazione cercava di soffocarla perché gli sembrava stupida: dalla generosità alla filosofia, dalla musica all'amore.

Perché?

Perché il mondo ti insegna questo. Sei in un modo e gli altri si aspettano che tu sia diverso; sei come vogliono loro e vieni escluso ugualmente perché arriva qualcun altro migliore di te con sogni migliori, carattere migliore e corpo migliore. Si vive di standard che non fanno altro che alzarsi ogni minuto che passa e le persone per raggiungerli perdono l'obiettivo della propria vita.

E allora Manuel corre più veloce che può, scappa, si nasconde tra la massa. Fa qualche amicizia anche se capisce che non porterà a niente di buono, e quindi si toglie il cuore, se lo strappa proprio con le mani e lo mette in un cassetto della sua camera dove lo sigilla con un catenaccio e lo chiude a chiavi. E poi continua a correre, inciampa ma si rialza, riprendere a correre, suda, ha il fiato corto, gli fanno male le gambe, si gira indietro per controllare di non aver perso nulla e non fa in tempo a schivare che sbatte contro qualcuno. Questo non si muove da lì e lo guarda sorridendo. E mentre sorride piange perché anche lui ha corso tanto ma ha deciso di fermarsi. E quel sorriso che fa diventare d'oro le lacrime quando toccano le sue labbra fa tornare il respiro a Manuel, gira la chiave nel lucchetto, spacca i catenacci e gli rimette il cuore nel petto. E gli fa bene e male allo stesso tempo perché non ricordava più cosa volesse dire sentirsi così pieno d'amore da riempirsi i polmoni e quanto la calma fosse una virtù necessaria; ma provare emozioni vuol dire anche essere vulnerabili e non poteva, no, lui doveva alzare i piedi e continuare a correre, no, ma non riusciva più a togliersi il cuore, non veniva via, non c'era forza che potesse resistergli. E mentre si agitava l'altro faceva un passo indietro per non venire ferito. Poi Manuel capì che la sua corsa era finita, che era nel posto in cui avrebbe dovuto essere e che tutti i tentativi di annullare la sua persona erano stati vani.

E occhi negli occhi compresero di essere l'uno l'ancora per l'altro.

E che la paura li connetteva e li slegava a intermittenza: tormento che solo l'amore per se poteva interrompere.

L'uno imparò ad amarsi, l'altro si amava solo davanti ai suoi occhi.

Aerei di carta #simuel Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora