L'aria muoveva i fili d'erba tutti intorno, mentre il sole in lontananza giocava con le nuvole proiettando varie forme sul prato.
Simone era appoggiato al muretto, con lo zaino accanto ai piedi mentre si godeva il panorama, ogni tanto stringendosi di più nel suo giubbotto di jeans a causa del vento che lo scuoteva e che gli faceva scappare un "cazzo" a denti stretti. Le lezioni erano terminate da poco ma proprio non riusciva a tornare a casa, nonostante la felicità nel pensare che ci fosse sua madre ad aspettarlo.
Ha voluto prendersi un po' di tempo per sé stesso; prendere un po' d'aria e ragionare sopra tutti i suoi turbamenti. L'indomani lo attendeva l'incontro con la psicologa e sentiva quello che provò la prima volta: rigetto. Aveva proprio paura ad andarci, sarà per la sensazione che lei gli ha messo in testa.
Quanto avrebbe voluto un po' di pace.
Solo un po'...
«Simò eccote qua»
...no, non era questa l'idea di pace che aveva in mente.
Simone ruotò la testa in direzione della voce e si ritrovò accanto Manuel. Lo guardò per un istante e poi tornò a fissare davanti a sé.
«Simo... Nun fa così, per favore...» Manuel si fece più vicino e appoggiò una spalla al muro, senza distogliere lo sguardo da lui. «Sei scappato dalla classe come se te stava a inseguì qualcuno.» E qui Simone, pur non guardandolo vide proprio quel sorriso sulla sua faccia, di quelli che spuntano a quel riccioluto quando vuole alleggerire la situazione.
Fece spallucce e rispose «Avevo voglia di starmene per conto mio. Non credo di doverti dare ragione di quello che faccio. Sbaglio?» e qui girò gli occhi verso di lui.
«No.. no.» Manuel abbassò leggermente la testa, per poi rialzarla e guardare nella sua stessa direzione. «Anzi, te devo ringrazià che me stai rivolgendo a parola.»
«Sì, appunto» si schiarì la voce «proprio non ce la fai a capire...»
«Ho sbagliato. Ho provato a dirtelo tante volte. E chi comprende i propri errori ci prova e riprova a sistemarli. Ma tu non me lo permetti.»
«Oh, quindi hai fatto un errore?» lo prese in giro.
«Non usà quel tono Simo. Lo sai benissimo che sono pentito ma nun te ne frega niente de stamme a sentì.»
«Senti un po» il tono di Simone si faceva sempre più duro e si girò completamente verso di lui «Te lo ribadisco: sono venuto qui per non essere disturbato. Quindi... Grazie.»
Manuel sospirò. L'istinto di lasciarlo lì solo gli venne ma era deciso: questa volta non avrebbe ceduto facilmente. Simone avrebbe dovuto alzargli le mani per costringerlo a farlo andare via.
«No, io invece rimango. Perché me so stufato di poter guardare solo le tue spalle. E poi so cosa vo dì starsene da solo e conosco pure te e la tua testa de scemo e.. me preoccupo.»
«Preoccuparti?» Simone alzò un sopracciglio, sorpreso da quella affermazione.
«Sì, de quello che te po passà per la mente...»
Simone scosse la testa «Quante cazzate...»
«Non sono cazzate! Come te lo devo dì?» Manuel alzò leggermente il tono della voce e gesticolava «hai messo proprio un muro! Per una mezza litigata-»
«Mezza litigata?!» Simone lo interruppe «Ma te lo ricordi tutto quello che mi hai sbattuto in faccia? O ti scordi di tutto quello che fai?»
«Potevi scordatelo pure tu! Invece al solito tu stai a rimurginà sopra.»
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Aerei di carta #simuel
Teen FictionQuesta è una storia che è nata con l'intento di mettere in risalto ciò che, per motivi logici, l'immagine televisiva non mostra. I pensieri, i sentimenti, le lotte introspettive che i personaggi affrontano. Tutto quello che c'è dietro l'iniziativa d...