- Tredici anni prima -
Vengo bruscamente svegliata da un rumore metallico. Apro gli occhi a fatica, per vedere Matt raccogliere delle grucce cadute dal suo armadio. - Che stai facendo? - gli chiedo, con la voce impastata.
- Niente, torna a dormire. - borbotta.
- Dove devi andare? - guardo l'ora dalla sveglia sul suo comodino. - Sono le sei del mattino, Matt. -
- E allora? - sbotta. Bene, è già arrabbiato. - Non sono affari tuoi. -
Mi metto seduta sul letto, avvolgendo le braccia intorno alle ginocchia. - Hai delle cose da fare per tuo padre? -
- No. -
- Vai da qualche parte con...Alex, allora? -
Lascia andare di nuovo le grucce e mi fissa, gelido. - Ti dà fastidio, per caso? -
- No... -
- Alex c'è da molto prima di te, fattene una ragione. -
- Non ho detto niente di male. -
- Sembri un cazzo di sbirro, stamattina. -
Lascio perdere. Non mi va proprio di discutere. Mi alzo e recupero dei vestiti dal mio borsone. Matt non mi lascia sistemare niente nel suo armadio.
Mi infilo un paio di jeans neri e un maglione bianco. Mi aspetta una lunga e fredda passeggiata verso il pub di mia zia. Perché, anche se c'è la neve e inizio a lavorare alle nove, nessuno mi accompagnerà per quei quattro chilometri di distanza. Dovrò andarci a piedi, anche se sta nevicando.
Ma non posso evitarlo. Ho bisogno di soldi, per pagarmi l'università. Voglio diventare un medico, non la cameriera a vita nel pub di mia zia. Senza nulla toglierle. Se non fosse stato per lei, sarei finita in mano ai servizi sociali, a nove anni.
- Vai a piedi? - mi chiede Matt, fissando la finestra panoramica. Ci saranno già almeno cinquanta centimetri di neve.
- Sì... -
- Ok. - si veste anche lui, ravvivandosi i capelli con una mano. - Sarò fuori tutto il giorno, forse anche tutta la notte. -
- Perché? -
- Perché mi va, ok?! - allarga le braccia, come se fosse esasperato. - Hai qualcosa in contrario? -
- Ma oggi è venerdì...pensavo che stasera... -
- Stasera cosa? - si avvicina a me, con passo minaccioso. Il suo sguardo nero non promette niente di buono. - Non devo starti appiccicato ogni maledetto giorno, Diana! -
- Va bene. -
Mi afferra il viso con una mano. Il pollice preme con forza sulla mia guancia destra, le altre quattro dita sulla sinistra. Mi fa male, ma non allenterebbe la presa se glielo dicessi. - Vivi qui, mangi qui, fai tutto qui. E io non posso passare una giornata con il mio migliore amico?! Pensi che, solo perché ti scopo, debba dedicarti anche tutte le mie attenzioni? -
Non rispondo. Non avrebbe comunque senso.
- Se credi questo, fai colazione nella topaia di tua zia e restaci, perché non ti voglio più qui. -
Ogni parola è come un coltello infilato nella schiena, più e più volte. Matt sa come fare male, quando parla. E non solo.
Mi afferra per i capelli, tirandomi la testa all'indietro.
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ULYSSES
FanfictionAlcuni, diventano medici per vocazione. Altri, per senso di colpa. Diana, per entrambe le cose. La sua vita oscilla tra il pronto soccorso e il bar di sua zia. Non ha tempo per se stessa. Non VUOLE tempo per se stessa, da dodici anni. Da quando il s...