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Il 20 maggio finalmente si diede da fare per cercare Patrizio.

Ormai la priorità era questa, poteva farsi aiutare soltanto da suo cugino, solo lui poteva inoltrarlo nella cupa e dura Roma.

La mattina del 20 piovigginava,  quasi impercettibile, le nuvole erano di un colore plumbeo e scuro.

Quando si alzò suo cugino si apprestava a tagliare il pane
" Buongiorno" gli disse senza girarsi, ma intuendo che era lui dietro le sue forti spalle.

" Buongiorno"

" Dormito bene?"

" Il materasso é un pò duro" non era la prima volta che ci dormiva, ma prima di allora non aveva mai voluto sottolinearlo a suo cugino che lo stava ospitando.
" Senti..." Gli disse e iniziò a mordersi il labbro inferiore.

" Dimmi" gli rispose ancora senza girarsi ma roteando in un poco la testa.

" Ti avevo parlato di quel mio amico..."

" Si"

" E quindi... mi aiuti?"

A questo punto si girò e lo squadrò dalla testa ai piedi.

" Ho certe conoscenze" iniziò a dire "che potranno dirti dove si potrebbe trovare"

" Mi ci porti?"

Giorgio si avvicinò e sospirò pesantemente.

" É gente poco affidabile. É vero, ti aiuteranno a ritrovarlo, ma non so quali sono le condizioni"

" Non importa, provo"

Nel frattempo Giorgio si aiutava con le dita a percorrere degli strani tunnel
" A tuo rischio e pericolo"
" Senti, portami da questi e me la sbrigo io!" Gaudenzio alzò un po'la voce
" Ho mal di testa" sussurrò Giorgio

Alle dieci si trovavano in strada. Stavano per arrivare da uno degli  "amici" di Giorgio
" Come li hai conosciuti?" Gli chiese mentre percorrevano la strada. Lui stette zitto. E lui replicò con la domanda.
"Mi hanno aiutato durante la guerra"
" A fare che?"
" A trovare un alloggio decente e sicuro lontano dalle bombe"
" E poi?"
"Poi, cosa?"
" In cos'altro ti hanno aiutato?"
" A trovare cibo, vestiti, cose così..." Giorgio iniziò a sudare, e non per il caldo del sole e del cappotto che in genere usava solo a gennaio. Allora Gaudenzio capì che era meglio sorvolare e cambiare compagnia argomento
" Ti sei sposato?"
Giorgio sembrò non sentire e Gaudenzio gli ripeté la domanda
" Oggi sei molto strano" gli disse infine. Quando queste parole uscirono dalla bocca di Gaudenzio, Giorgio lo bloccò per un braccio, gli alzò violentemente il mento in modo tale che suo cugino potesse guardarlo e, secondo lui, impaurirsi
" Senti, sono nervoso per questo incontro. Te l'ho detto, é gente poco affidabile. Ti prego" il suo tono di voce iniziò a rammolirsi " ascoltami, siamo ancora in tempo e trovare un altra soluzione"
"Mi fido solo di questa"
E Giorgio sospirò rassegnato. Avrebbe voluto urlare davanti a tutti, dirgli che fa quando era arrivato gli sembrava di impazzire totalmente, lo avrebbe volentieri preso a calci. E invece non lo fece. Tanto sapeva che con lui non valeva discutere.
Il piccolo locale in quei si riunivano quelle " persone",. sempre che così le si possa chiamare, pensò Giorgio, era un piccolo locale attaccato ad un ortofrutticolo. Aveva un' insegna, bar Monti, decorata con del giallo che un tempo doveva essere forte e leale, come i quadri di Vincent Van Gogh, e ora, forse per via della tristezza della guerra, era sbiadito, opaco che quasi non si vedeva. Entrarono e si trovarono in una stanza che si estendeva in lunghezza, era scura, non si vedevano i colori del pavimento, alle finestre c' erano delle tende gialle
" Buongiorno" esordì un uomo con un vocione che arrivò dalla porta. Aveva pochi capelli sistemati come meglio poteva e con un po'di gel. Indossava un gilet di almeno trent'anni prima, blu scuro. " Desiderate?" Continuò
" Dobbiamo parlare con il signor..." Giorgio si morse il labbro, l' uomo di cui aveva bisogno apparteneva alla peggiore malavita romana. L' uomo lo guardò scocciato
" Il signore Bruno Jacobi!"
L' uomo si girò ed entrò in un altra stanza e si manifestò un silenzio spettrale tra Gaudenzio e Giorgio
" Non parlare con nessuno"
" Perché non dovrei?" Si irrigidì Gaudenzio "é un mio affare, non tuo!"
" Per favore..." Gli sibilò suo cugino
Detto ciò, da una porta uscì il signor Bruno Jacobi, alto, con i capelli all'indietro e un po'di gel. Nella tasca spuntava un coltellino. Dietro di lui c'era una donna, alta, con un lungo vestito blu che le arrivava fino ai piedi. Gaudenzio la riconobbe, era la donna di qualche sera prima.
Jacobi si diresse al bancone iniziando a servirsi come se fosse a casa sua
" Lei...?" Iniziò a balbettare Gaudenzio
" Gaudenzio... Ci ritroviamo" cinguettò la bellissima donna, sfacciata come il loro primo incontro
" Lei come mi conosce?" Stavolta la curiosità di Gaudenzio cresceva attimo dopo attimo.
La donna lo prese per un braccio
" Davvero non ti ricordi? In effetti, è passato molto tempo"
Si guardarono negli occhi scambiandosi la pelle
" Sono Giulia" esclamò con naturalezza
Gaudenzio abbassò gli occhi iniziando a mordersi il labbro
" Ricordo... Una Giulia... Tanto tempo fa..."
" Ti ricordi del corso di cucina. Eravamo a giurisprudenza, erano gli anni '20..." E le parole gli morirono in bocca
" Quindi sei... Giulia Bretelli?
" Si!" Urlò lei di gioia " finalmente mi hai riconosciuta" e gli buttò le braccia al collo
"Oddio, ma non ti avrei mai riconosciuta. Non ci vediamo da tanto. Ma dove sei stata?"
" Dopo la laurea mi sono trasferita in Inghilterra da una zia. Tu, invece? Ricordo che avevi lasciato presto..."
" Si, mi sono sposato"
Giulia si ravvivò: " che bello! Come si chiama lei?"
Gaudenzio abbassò lo sguardo, stava quasi per piangere
" Ho detto qualcosa di sbagliato?" Stavolta il tono della donna si fece più calmo e piatto, fece la domanda a Giorgio, che fino ad allora non aveva minimamente calcolato
" No, lei..."
" É morta" esordì Giorgio
" Mi dispiace" iniziarono a lacrimargli gli occhi, estrasse un fazzoletto e se lo tamponò negli occhi " scusate" e si allontanò verso la porta da dove era venuta. Jacobi si avvicinò ai due con aria spavalda nonostante i suoi quarant'anni suonati
" E così, Giorgio, che affare volevi propormi?" Disse con un forte e marcato accento romanesco
"E per mio cugino..."
Jacobi fece segno a Gaudenzio di seguirlo. Salirono una rampa di scale, attraversarono un corridoio ed entrarono in una stanza piccola e molto ammobiliata, quasi non si riusciva a camminare tra scrivania e tre poltrone morbide. Alla parete era appeso un fucile, vicino a una chitarra e qualche quadro raffigurante delle persone. Una finestra con le tendine tirate dava su un vicolo. Jacobi sprofondò nella poltrona
" Dimmi un po'che ti serve"
Gaudenzio iniziò a raccontare del debito che aveva, che Patrizio l' aveva aiutato e che era stato arrestato. Tutto questo nel giro di tre minuti
Jacobi indugiò a lungo mentre Gaudenzio parlava, tenne gli occhi a fissare il lampadario
Dopo aver ascoltato, Jacobi si alzò di scatto
" Vedrò cosa posso fare. Tramite tuo cugino ci terremmo in contatto"
Detto ciò lo fece uscire dalla stanza

In pace e in conflittoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora