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Il viaggio in treno si rivelò eccessivamente tranquillo. All'ora di pranzo già si trovava a Torino. Città, casa, non vedeva l'ora di ritornare nella sua bella Torino. Sapeva che ad accoglierlo non ci sarebbe stato nessuno, forse Elena l'avrebbe fatto, se avesse saputo che ritornava. Si rassegnò a passare una vita in solitudine. Avrebbe potuto fare questo pensiero se avesse avuto un ottant'anni d' anni, non a quarantacinque. Era un nell' uomo per la sua età. Certe volte gli era capitato di vedere dei trentenni che sembravano più vecchi e decrepiti. Ma quando faceva questo pensiero, si sentiva in colpa. Spesso lo pensava anche durante la guerra, ma poi si vergognava: quei giovani che avrebbero potuto farsi una bella vita invece di spargere il proprio sangue al fronte, erano brutti e sporchi, sembravano vecchi, ma stavano facendo tutto ciò per difendere la patria. Si ricordò anche del figlio dei Fiorini, i vicini di casa quando ancora viveva con sua moglie, avevano un figlio, ventitré anni, alto, bellissimo, con un fisico ben scolpito e ogni volta che lo si incontrava aveva sempre qualche donna vicino a lui. Quando, dopo l'armistizio, si rifiutò di combattere con i tedeschi, ritornò a Torino. Il giorno in cui ritornò, Gaudenzio lo ricordava benissimo, si trovava proprio dai Fiorini a prendere del caffè, si presentò a sorpresa a casa. Era sporco, pieno di terra, scuro in faccia, la divisa a brandelli, il sangue, i capelli scompigliati e negli occhi il terrore di ciò che aveva visto. Al contrario, Gaudenzio appariva ancora un uomo di un certo fascino

Camminava per la strada, circondato dalle macerie delle case. Ma quanto gli era mancata Torino. Davanti a lui sfrecciò un automobile, si fermò stridendo. Era lo stesso modello d' auto di Jacobi, stesso colore. Sembrava la sua, solo non ricordava la targa. Per un secondo si fece prendere dal panico, si spaventò che Jacobi lo avesse seguito a Torino. Sarebbe stato il suo incubo avere uno strozzino alle spalle ma gli serviva per avere notizie di Patrizio. Invece non era lui, un autista fece uscire due uomini in giacca e cravatta, molto avanti con l' età, entrambi con il pancione sotto la cintura. Si avviarono verso un gruppo di persone che a vederli iniziarono a urlare di gioia: probabilmente erano due che si stavano occupando delle ricostruzioni delle case.
Il pensiero arrivò improvvisamente, senza preavviso. Si ricordò di Elena. Elena, la donna che lo aveva aiutato, a cui aveva raccontato la storia della morte di sua moglie e di suo figlio, la persona che, finalmente, sapeva di poter riporre un po'di fiducia, sarebbe bastato poco, voleva cercarla, guardarla, parlarle, non sapeva dove viveva, solo dove lavorava. La banca che gli aveva dato i soldi. E fu proprio lì che andò verso le diciannove, orario di chiusura della banca.
Gaudenzio aspettava seduto nella panchina di fronte l' ingresso. Molto distrattamente, leggeva un giornale, in cui giorni vi era fermento per il neonato governo Parri, lui " Maurizio", il nome di battaglia da partigiano, visto sfilare con il generale Raffaele Cadorna, Luigi Longo, Sandro Pertini, con Enrico Mattei per le vie di Milano, alla celebrazione finale della resistenza, davanti agli alleati. Parri aveva cinquantacinque anni, un volto serio, i capelli bianchi, un passato insigne per coraggio e per coerenza ai propri ideali, antifascista senza compromessi e senza macchia, coraggioso e prode,acapo di un governo di unità nazionale, con i rappresentanti dei sei partiti antifascisti della resistenza, i democristiani, i socialisti, i comunisti, i liberali, gli azionisti e i demolaburisti che cercava di risollevare l'Italia. Il governo del " vento del nord", come si era iniziato a chiamarlo. In quei giorni stavano venendo a galla i nomi dei ministri e sottosegretari. Girò pagina. La politica non gli era mai interessata. Pensava che fosse molto meglio la pagina culturale, non che amasse leggere, ma sua moglie scrisse un romanzo che non aveva mai pubblicato. Quel manoscritto, Gaudenzio lo vide solo qualche volta, dopo il crollo di casa sua, ne perse le tracce, ma non si sentì troppo in colpa per non averlo con sé.
Mentre leggeva, di tanto in tanto alzava gli occhi, poi, la porta si aprì e Elena uscì. Posò il giornale e si avvicinò a lei. Aveva cambiato taglio di capelli, li portava alla francese. Anche il suo abbigliamento cambiò. Una piccola collana di perline bianca poggiava sul collo liscio che risaltava con il vestito verde scuro. Sorrideva, i capelli si muovevano al vento, discuteva con le colleghe, o amiche. Bella, semplice, se non fosse stata una semplice e umile signorina, sarebbe potuta diventare il mondo di un uomo. Gaudenzio si sentì a disagio, si imbarazzò a vederla con le amiche, così libera e bella. Come gli piaceva, come l'adorava, come la pensava. Si sentì un verme a non avergli portato qualcosa, un fiore, non si incontravamo da quasi un mese. E ora? A pochi passi dalla donna che desiderava e che non desiderava. Si risedette a rileggere il giornale. Uno, due, tre, quattro secondi circa passarono affinché Elena notò Gaudenzio per avvicinarsi
" Signore?" Attaccò Elena mettendosi davanti Gaudenzio che faceva finta di leggere il giornale " non ci conosciamo?" E si sedette vicino a lui
" Lo so che sei tu" gli disse guardandolo " quando sei tornato?"
" A pranzo" gli rispose secco e asciutto, senza guardarla.
" Che c'è ?"
" Nulla"
" Dimmelo"
" Davvero, nulla"
" Com'è andata a Roma? Hai riscosso quel debito. Ci ho pensato tanto"
" Si..." Sembrava sul punto di raccontare tutto il resto
" E poi?"
" E poi?"
" E poi è successo qualcos'altro che ti turba e non vuoi raccontare" nel suo tono non si sentì superbia e amarezza, solo il dolore perché Gaudenzio non gli aprisse il suo cuore. Non ritentò con la domanda,le parse inutile. Infilò la mano nella tasca del vestito e si accese una sigaretta.
" Tu fumi?"
Lei alzò le spalle quasi a dirgli"si, e allora?"
Con l'altra mano, prese il giornale spiegazzato che si trovava sulle gambe di Gaudenzio e iniziò a leggere la prima pagina, quella sul governo Parri.
" Ti intendi di politica?" Gli chiese lui
" Si" rispose con molta naturalezza " ma sono sicura che Parri non durerà molto. Vedremo..." Guardò l'orologio
" Devo andare. Le mie amiche mi aspettano"
" Dove vai?"
" Al cinema, questo qui all'angolo"
" E cosa vedrete?" Gli chiese lui fingendo interesse
" Fatto di cronaca"
" Il film di Ballerini?"
" Si, l'hai visto?"
Lui sorrise e non rispose. Lei non voleva avere una risposta. Non capivano, in quel momento c' era un muro troppo alto fatto di parole non dette
" Devo andare" gli disse alzandosi " spero che avremo modo di aprirci un po'di più" continuò lei mettendosi davanti a lui con la fierezza dei suoi trentanove anni. Lui la guardò quasi con sottomissione, quella donna l'amava e lo turbava allo stesso tempo. Elena si allontanò correndo. Poi, girato l'angolo, si appoggiò a un muro e iniziò a singhiozzare. Gli occhi non riusciva a tenerli aperti, troppo inumiditi di lacrime. Pianse e non lo sapeva, quanto amore provava per quell'uomo schivo e misterioso. Non si asciugò le lacrime, raggiunse le amiche che, facendo finta di nulla, non chiesero perché stesse piangendo: non sapevano ma potevano intuirlo.

                              *****

Il film si rivelò estremamente noioso per le quattro. Una di loro lo reputò troppo antico, Elena preferì tenersi lontana dalla discussione, parlare di film non era la sua specialità, le sue amiche, al contrario, leggevano riviste di cinema. Molte volte aveva sentito i nomi di attori famosissimi, ma non ne conosceva neppure il volto. Ormai, da quando c' era la guerra, tutto non aveva senso per lei. E anche ora che era finita, si sentiva persa, confusa e poi Gaudenzio. Quell'uomo non gli concedeva di aprirsi, di amarlo, lo sapeva che lui aveva bisogno di amore di nuovo, di vivere in pace, e si convinceva che lei fosse la persona adatta, ma sapeva che il trauma della perdita della moglie e del figlio era stato un trauma impossibile, o quasi, da superare. Adesso doveva solo sperare, sperare, sperare di ritrovarlo e convincerlo ad aprirsi



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