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Jacobi entrò dentro casa verso l'ora di mezzogiorno. Si aspettava di trovare Giulia ai fornelli, la tavola apparecchiata e l'odore del cibo. E invece nulla. Il salone era in penombra, le tende erano state tirate per coprire le finestre. C'era un silenzio che Bruno non aveva mai sentito in quelle mura. Tutto era al proprio posto; le poltrone, i quadri e il tavolo. Inquietato, si tolse il cappotto e lo mise sull'appendiabiti. Con passo felpato attraversò il corridoio, poi passò in cucina. Lì la piccola finestrella era chiusa. Allora la chiamò ad alta voce. Nessuna risposta. La casa improvvisamente era diventata troppo cupa. Il silenzio era una cosa rara in quelle stanze, la radio era sempre tenuta accesa, e quando non c'erano le canzonette a riempire l'aria, vi erano le chiacchiere. Bruno la chiamò ancora, una volta e un'altra volta ancora. Nulla. In camera da letto aprì i cassetti alla ricerca neanche lui sapeva di cosa. Un indizio? Un qualcosa che avrebbe giustificato la scomparsa di Giulia, visto che a quell'ora era sempre a casa ai fornelli. Nell'armadio frugò dovunque, dentro la valigia, tra i vestiti. Non c'era niente se non dei volantini. Sospirò. A grandi passi percorse il corridoio e senza volerlo entrò in bagno per guardarsi alla specchio. Che stava succedendo? Non sembrava più quell'uomo di mesi prima. La barba stava spuntando, aveva un leggero brufolo sul labbro e non se ne era mai reso conto. Il suo volto era il ritratto di un uomo sporco, meschino e approfittatore, dalle sue mani passavano così tanti soldi che gli sembrò di vedersi le dita più corte per via di tutte le banconote che passava e toccava.

Per due anni non aveva mai perso di vista la donna che diceva di amare, e ora lei spariva nel nulla. Sicuramente, pensò, se ne era andata quella notte, quando lui era rintanato al calduccio dai suoi amici mentre fuori imperversava la tempesta. Giulia non si sarebbe mai sognata di avventurarsi per una città in preda a una bufera, per giunta di notte.

Da qui passò a Gaudenzio. In quella stanza sarebbe morto, il vento avrebbe rotto le assi immergendo il tutto con la neve coprendo il corpo morto. Scattò in avanti e strabuzzò gli occhi; se Gaudenzio fosse veramente morto e trovato lì non sarebbe bastato nulla a capire che il corpo del torinese si trovava in una sua proprietà e, visto che l'ingresso necessitava per forza di una chiave che Bruno teneva sempre con sé, si sarebbe capito che lui c'entrava qualcosa e che l'uomo non fosse stato un semplice vagabondo alla ricerca di un riparo. Se i suoi ragionamenti erano esatti, avrebbe passato dei guai e si sarebbe visto la sua losca attività naufragare.

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Il motore dell'automobile scoppiettava mentre a fatica percorreva le strade di campagna. L'asfalto era stato sgombrato dalla neve che era stata ammucchiata ai lati in piccoli cumuli lasciando sulla strada una leggera patina che faceva scivolare di tanto in tanto il mezzo guidato con padronanza dal proprietario.

Inchiodò l'auto sotto un albero e scese. A piedi percorse il tratto di campagna diretta verso la stanza. Appena riuscì a scorgerne i tratti, da dietro una macchia d'alberi, tirò un sospiro di sollievo. Era intatta.

Entrò e rimase sconvolto. Il giaciglio era vuoto, la corda che gli teneva legate le gambe spezzata, per terra era riversa una candela usata. Si soffermò su quella, prendendola in mano.

La girò più e più volte analizzandola a fondo. Si riusciva ancora a sentire una debolissima puzza di bruciato. La cosa che più lo fece rodere era come Gaudenzio fosse riuscito a uscire; il suo era stato un piano studiato a tavolino per farlo stare lì.

Si sedette sullo stesso lettino che era stato occupato dal suo prigioniero. Mise pollice e indice nel ponte del naso e sospirò. Stette a schiena curva a pensare come aveva fatto a farselo scappare. Passarono i minuti e l'idea più probabile fatta lo fece trasalire: Giulia!

La sua improvvisa scomparsa, collegata a quell'evento, non poteva affatto essere casuale. Poche volte lei aveva fatto cenno all'amicizia che li legava dai tempi dell'università, ne parlava poco ma il tono che usava per parlare di lui era uno affettuoso e riconoscente.

In pace e in conflittoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora