5. Oᴄᴄʜɪ ʙᴇʟʟɪ

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Capitolo 5, occhi belli

«𝑀𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑛𝑛𝑎𝑚𝑜𝑟𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑡𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒̀ 𝑛𝑜𝑛 𝑎𝑣𝑒𝑣𝑜 𝑑𝑎 𝑓𝑎𝑟𝑒.
𝑀𝑖 𝑠𝑜𝑛𝑜 𝑖𝑛𝑛𝑎𝑚𝑜𝑟𝑎𝑡𝑜 𝑑𝑖 𝑡𝑒 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒̀ 𝑛𝑜𝑛 𝑝𝑜𝑡𝑒𝑣𝑜 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑠𝑡𝑎𝑟𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑜.
𝐼𝑙 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 𝑣𝑜𝑙𝑒𝑣𝑜 𝑝𝑎𝑟𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑖 𝑚𝑖𝑒𝑖 𝑠𝑜𝑔𝑛𝑖, 𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑡𝑡𝑒 𝑝𝑎𝑟𝑙𝑎𝑟𝑒 𝑑'𝑎𝑚𝑜𝑟𝑒.»
_𝐋. 𝐓𝐞𝐧𝐜𝐨

🔞IN QUESTO CAPITOLO VENGONO TRATTATE TEMATICHE MOLTO MOLTO DELICATE! È SCONSIGLIATA LA LETTURA A CHI È PARTICOLARMENTE SENSIBILE!!🔞

💥

"E tu chi sei?"
Izuku lo guardò sospettoso.
Il ragazzo abbozzò un sorrisetto timido.
"Tu devi essere Izuku, giusto? Io sono Xander, piacere."
Aveva la voce gentile.
Deku lo percepì a pelle che doveva essere una buona persona, o forse erano solo i suoi occhi belli che glielo suggerivano, o i tagli che gli ricoprivano le braccia, o ancora l'ustione sul retro del collo.
"Piacere mio, scusami se sono sembrato scorbutico, sono Izuku" si presentò il più piccolo stringendogli la mano che il ragazzo gli stava porgendo.
"Devi...ehm...usare il bagno?" chiese Deku dopo qualche secondo, spostandosi dall'entrata della stanza.
"Oh, tranquillo finisci pure!" lo rassicurò l'altro avviandosi verso il salone.
"Tanto ho fatto, puoi andare, tranquillo" disse Izu bloccandolo istintivamente dal polso, tuttavia dovete spostare subito il palmo quando vide come il ragazzo stava guardando quella presa.
Sembrava terrorizzato e al tempo stesso infuriato.
Izuku si riportò la mano lungo il fianco e si affrettò a scusarsi.
"Non fa niente" disse l'altro aggiungendo un sorriso rassicurante quando vide che Deku sembrava davvero mortificato.
"Allora, ci vediamo di là, Izuku" lo salutò Xander passandosi la mano sul retro del collo.
"Xander!" lo richiamò il verdino poco prima che il ragazzo potesse entrare nel bagno.
Quest'ultimo si voltò.
"Posso chiederti una cosa?" domandò l'omega.
Xander annuì.
Deku non sapeva perché, ma sentiva che poteva fidarsi di quel ragazzo.
"Quelle bruciature...è stato Dabi a fartele?"
Xander esitò.
Izuku percepì a rallentatore il tremolio delle sue dita, lo vide torturarsi nervosamente il labbro con i denti, sentì il suo cuore accelerare.
Era un bel ragazzo; con quegli occhi grandi e il viso tondo.
"Si...è stato Dabi."
Izuku annuì come a voler dire che aveva capito.
Percepì che quello era un tasto dolente, così lo lasciò semplicemente andare.
"Ci vediamo di là Xander" lo salutò.
"A dopo."

Quando entrò in salotto Kacchan era seduto sul divano e Todoroki era in piedi accanto al camino.
"Vuoi del thè, Izuku?" gli chiese Shoto porgendogli una tazzina.
Izuku annuì.
"Ecco, puoi mangiare anche le fette biscottate se vuoi" gli riferì il bicolore mentre prendeva dei biscotti e le fette biscottate dalla credenza.
Izuku ringraziò Shoto e poi si guardò attorno. Era una bella cucina.
Gli scaffali tutti bianchi, il piano cottura di marmo con le piastrelle con i ghirigori rossi.
Un tavolino di vetro in mezzo, un piccolo caminetto nel lato lungo della stanza e un grande frigorifero a due ante.
Le pareti erano di un setoso color panna.
Lo sguardo di Deku cadde sul frigorifero dove vi erano attaccati tramite calamite molti disegni.
Alla fine di ogni foglio c'era sempre una dedica, che iniziava con "al fortissimo Shoto Todoroki" e finivano con "grazie" e il nome di un bambino che aveva disegnato lui e il poliziotto insieme.
Shoto faceva parte della squadra speciale che si occupava dei sui crimini e della prevenzione dei minori.
Deku anche avrebbe voluto entrare a farne parte, ma aveva capito subito che la sua vocazione era catturare i cattivi.
Lui e il bicolore però, avevano spesso collaborato insieme.
"Hai visto per caso il mio cellulare Shoto? Lo stavo cercando ma non riesco a trovarlo" chiese Izuku dopo aver inzuppato un biscotto nel thè.
Shoto sollevò lo sguardo dalla sua tazza.
Con la luce della cucina Izuku riusciva a distinguere chiaramente il livido sul suo occhio, si sarebbe gonfiato così tanto...
"Ce l'ha Bakugo" asserì indicandogli il divano dove era seduto il biondo.
Deku deglutì.
Non voleva parlarci, ma doveva a quanto pareva.
"Dove vai?" gli domandò Shoto quando lo vide alzarsi dalla sedia.
Aveva un'espressione attonita e preoccupata.
Izuku pensò che era sempre colpa sua se accadevano quelle cose.
Shoto non si sarebbe ferito se non avesse dovuto litigare con Kacchan a causa sua.
"A riprendermi il cellulare" asserì il verdino facendogli cenno con la mano di restare seduto.
"Izuku...glielo vado a chiedere io" lo rassicurò il bicolore, ma Izuku lo bloccò, afferrandogli un polso.
"Ci penso io Shoto, mi dispiace tanto che ti abbia immischiato in questa storia" mormorò il verdino e prima che Shoto potesse fermarlo si diresse verso il divano.
Quando raggiunse Kacchan tremava.
Aspettò che il biondo sollevasse lo sguardo su di sé.
Quando lo fece a Deku mancò il fiato.
Anche sul suo collo c'erano gli stessi segni che lui stesso aveva procurato al verdino.
Izuku si chiese chi glieli avesse fatti e nonostante tutto l'idea che qualcuno avesse potuto provare ad uccidere quell'alpha, il suo Kacchan... gli faceva salire di nuovo la nausea.
Per quanto ci provasse non poteva vivere senza Kacchan.
Poteva disprezzarlo, cacciarlo via, insultarlo e convincersi che non aveva bisogno di lui, ma la verità era che Kacchan era ormai parte di lui, come una malattia, come un virus, come un organo.
Kacchan che aveva il viso sporco di lividi, Kacchan che Deku avrebbe dato la vita per proteggere.
"Potresti...ridarmi il cellulare?" chiese con la voce spezzata.
Non poteva fare a meno di tremare nonostante, sapesse che a pochi centimetri da loro c'era Shoto pronto ad intervenire.
"Certo" mormorò Katsuki e con non pochi sforzi si mise in piedi, anche se faticava anche solo a respirare.
Mosse qualche passo verso la sua giacca, posata sulla poltrona di fronte.
"Ecco" disse non appena lo ebbe agguantato. Izuku aspettò che si avvicinasse per afferrare il cellulare e proprio quando Katsuki glielo stava per dare, il verdino lo vide barcollare.
Fu un attimo, Izuku non riflette neanche più di tanto; si sporse avanti, temendo quasi di vederlo cadere a terra, - cosa che probabilmente sarebbe successa se Izuku non fosse intervenuto - e lo strinse a sé.
Il contatto tra le loro carni lo fece bruciare.
Sentì il brivido attraversargli la schiena in un attimo.
Katsuki aveva la testa poggiata contro la sua spalla e tremava.
Tremava molto più di Izuku, che si limitava a sorreggere il suo peso come poteva, tirandolo a sé dalle braccia e con una mano si aiutava tenendogli un fianco.
"S-scusa..." sussurrò Katsuki non appena comprese la situazione nella quale aveva spinto di nuovo il verdino.
Deku sentì i battiti aumentare, il fiato a farsi più corto.
Avere Kacchan così vicino non era facile, non era facile ammettere e accettare che il ragazzo che stava sorregendo tra le braccia e che tremava come una foglia secca esposta al vento era lo stesso che gli aveva stretto le dita al collo in un modo cosi crudele e violento che gli aveva lasciato i segni non solo sul corpo ma anche all'interno.
Izuku sapeva che se un giorno avesse potuto vedere la sua anima l'avrebbe trovata distrutta, nera e livida, con i morsi e con il sangue raggrumato in più punti.
Un po' come Dorian Gray e il suo ritratto.
L'amore per un uomo sbagliato, il dolore per quello che era stato, la sofferenza per quello che avrebbe potuto essere per suo figlio.
“Ti ho fatto troppo male Izu...” mormorò il biondo con la voce rotta.
Izuku ebbe un fremito.
“Continuo a farti male...” aggiunse non osando muovere un muscolo. Aveva troppa paura. Paura che Izu potesse lasciarlo andare via, paura che Izuku fosse stanco, paura di ferirlo di nuovo.
Ci facciamo sempre e solo male” la voce di Deku era così bassa che Kacchan temette di essersela immaginata, ma quando vide gli occhi verdi come le gemme puntati nei suoi, come a volerci trovare il significato di quello che aveva fatto, come a voler trovare un bambino da proteggere, capì che era vero.
No...noi non ci facciamo solo male, non ci facciamo solo male Izu”  asserì il biondo con la voce strozzata; quel suo no, quel suo Izu.
Per il verdino fu troppo.
Si staccò bruscamente, costringendo Katsuki a sorreggersi alla parete per evitare di cadere. Izuku fece dei passi indietro, tremava più forte di prima.
“Non posso...non posso fargli questo, non posso farti questo...lo capisci che non faremo altro che annientarci a vicenda? Lo facciamo da quando siamo bambini! L'unica differenza da allora e che ora sono io ad avere il coltello dalla parte del manico!” sputò l'omega prendendosi portandosi una mano alla testa in un chiaro gesto di disperazione.
Kacchan lo stava guardando; gli occhi spaventati, le labbra schiuse, forse sul punto di dire qualcosa, ma qualunque cosa fosse decise di non farlo.
“Non sai quanto ci ho provato a farla funzionare Kacchan...ma continui a mandare avanti questa cosa affidando tutte le responsabilità a me e io ora non posso proprio... non posso...io ho tuo figlio in grembo e tu...”
Izuku scoppiò a piangere di nuovo, le spalle scosse dai singhiozzi, la bocca schiusa, la postura rigida. Lo sguardo di Kacchan scivolò sul suo collo, dovette reprimere un conato quando si rese conto di quello che gli aveva fatto. I segni li vedeva a metri di distanza, le conseguenze fisiche ed emotive erano riverse a terra, così come il loro amore.
Katsuki mosse qualche passo avanti, vide Izuku ritrarsi, uno dei suoi palmi discese fino al ventre. Se lo strinse come se così facendo avesse potuto proteggerlo da una minaccia che ancora doveva arrivare. Ancora non nasceva e già lo protegge, pensò il biondo con un opprimente sensazione di nausea a stritolargli lo stomaco.
“Izu...Izu, tu...io ho sbagliato...ho sbagliato, non ci ho visto più, non volevo ferirti, non vorrei mai ferirti, sei la mia vita Izu, sei la mamma di mio figlio! Ti prego non farmi questo...non te ne andare da me Izuku, non te ne andare, io non vedevo te...io continuavo a vedere lui e ho pensato che ci avrebbe rovinati, che ti avrebbe portato via da me...”
“Lui chi?” Izuku non si accorse neanche di aver alzato la voce; non era arrabbiato, era solo esausto. Straziato da dentro.
Kacchan esitò, Izuku vide i suoi occhi confusi; possibile che non si fosse reso conto  che stava parlando e non pensando?!
Gli parve così strano.
Chi era? Chi era che voleva uccidere? Se non lui, chi?
Kacchan si avvicinò un altro po', all'omega si mozzò il respiro.
“Basta così.”
Il ringhiò di Shoto impedì a Katsuki di muovere altri passi.
“Restituiscigli il cellulare e lascialo in pace” esordì braccandosi dinnanzi al verdino, che non disse una parola.
Katsuki rilasciò i suoi feromoni arrabbiati.
L'aria in quella stanza, tra i feromoni del bicolore e del biondino, si era fatta pesante.
“Non dirmi che cazzo devo fare bastardo a metà!” ululò Katsuki scagliandosi contro il bicolore che aveva già stretto la mano in un pugno.
Izuku chiuse gli occhi, rassegnato e troppo stanco e impaurito per provare anche solo a dividerli. Si portò le mani sulle orecchie per attenuare le grida, ma improvvisamente tutto cessò.
Il verdino sentì distintamente la voce di Xander, bassa e confortante prima di riaprire gli occhi.
“Ma insomma!” esclamò il moro che si era frapposto tra i due e Deku si chiese con quale forza avesse bloccato sia Katsuki che Shoto, poi però, si rese conto che non li aveva affatto bloccati odorò l'aria e con un sorriso capì; aveva semplicemente sprigionato i suoi feromoni, inducendo i due alpha a voltarsi.
“Izuku sta male e voi vi state tranquillamente prendendo a pugni.” gli fece notare svincolandosi per dirigersi accanto all'omega più piccolo.
“Vieni.”
Porse la mano ad Izuku che l'afferrò dopo qualche secondo; non era facile fidarsi subito.
Xander gliela strinse con delicatezza e lo portò via di lì, verso la cucina.
“Tieni.”
Una volta entrati chiuse la porta e gli porse il cellulare. Izuku sgranò gli occhi sorpreso, poi lo prese sorridendo.
“Ma come hai fatto? Kacchan non è facile da distrarre!Come glielo hai sottratto?”
Xander sorrise sghembo.
Si portò una mano ad arruffarsi i capelli prima di parlare.
“Ho vissuto per tanto tempo da solo Izuku, se vuoi mangiare impari a fare qualsiasi cosa e se vuoi sopravvivere diventi il migliore.”
Deku restò alquanto sorpreso da quelle parole; per un attimo si chiese da dove venisse Xander e a quali cose avesse dovuto assistere per parlare della vita in quel modo.
Rimasero in silenzio per un po', Xander si era seduto di fronte a lui e stava sgranocchiando delle fette biscottate che Shoto aveva lasciato prima per Izuku.
Quest'ultimo si limitò semplicemente a guardarlo.
Dal salotto non proveniva alcun urlo, perciò Izuku pensò che si erano calmati o quantomeno lo sperò. Non riusciva a togliersi di dosso quella sensazione di allerta, di panico che gli si era irradiata nello stomaco.
“Da dove vieni?” chiese a un certo punto Izuku, sperando di distrarsi, sperando che il moro potesse distrarlo. Aveva bisogno di non pensare, non poteva arrendersi ai pensieri o avrebbe avuto un altro attacco di panico.
Gli occhi verdi di Xander scattarono su di lui. Non sembrava arrabbiato, solo sorpreso.
“Nessuno me lo aveva mai chiesto, sai?” gli rivelò con un sorriso amaro stampato in volto.
Izuku aggrottò le sopracciglia.
“Non hai mai avuto una ragazza?” chiese meravigliato; com'era possibile che un ragazzo così affascinante e con quegli occhi da Eros non avesse mai avuto una ragazza, una spasimante o semplicemente una ragazza innamorata di lui?
“Sono nato in Francia, mia madre era francese, una nobile. Mio padre invece era americano, un americano grossolano che visitava una città tanto bella e incontra una bella francesina...si sono conosciuti in modo strano, sai? Me lo ha raccontato lei... una volta lei stava passeggiando quando due uomini le si sono avvicinati, hanno iniziato ad importunarla e lei... be' a uno ha dato la borsetta in testa e all'altro ha tirato un calcio. Era furia, lo è sempre stata.” si bloccò un attimo, Izuku notò che aveva la voce più incrinata ma non disse nulla, poggiò la guancia sul palmo del gomito, assumendo una posa interessata. “Poi è arrivato mio padre, vedendo che i due uomini non volevano andarsene ha pensato che quella donna avesse bisogno di aiuto, però quando si è avvicinato e ha parlato con quel suo orrido accento francese, imparato nei peggiori ostelli del paese, lei ha tirato la borsetta in testa anche a lui.”
Izuku scoppiò a ridere, moderatamente, ma vide che anche Xander rideva e lo guardava, forse compiaciuto di essere riuscito a tirarlo su di morale.
“Quando però ha visto che lui non aveva intenzione di farle del male lo ha lasciato andare, però lui ha continuato a seguirla. La vedeva ogni giorno, e ogni giorno le portava i croissant alla ciliegia che le piacevano tanto, lei lo squadrava e gli correggeva l'accento con una smorfia. Poi un giorno lei iniziò ad uscirci, non so perché, ma da lì in poi s'innamorarono, lui la portò sulla Senna, a ballare il valzer e le continuò a comprare i croissant, però mia madre era già sposata, così quando mio nonno lo venne a sapere non approvò affatto. La definì una stupidaggine, una stupida cotta. Mia madre dovette lasciarlo, lo mandarono via, penso che mio nonno lo minacciò.
Però mia madre scappò e lo raggiunse in America. Gli disse che aspettava suo figlio e che avrebbero potuto vivere felici perché aveva lasciato suo marito, ma tutto andò in frantumi...mio padre le rise in faccia, le disse che aveva già una donna a casa e che non la voleva, inoltre le disse che non voleva il bambino e che lei doveva sparire.
Ora tu immaginati una piccola e bella francese, sola e con dei soldi rubati al padre, in giro senza una casa in cui tornare, senza metà per tutta New York.
Fece quello che poté immagino.
Tenne il bambino, non so perché, non riesco a spiegarmelo, ma lo tenne, forse per ricordarsi com'era amare quell'uomo che nonostante tutto l'aveva comunque abbandonata.
Penso avesse perso la fiducia negli uomini quando incontrò Sandor. Era tutto quello che lei aveva sempre odiato e che suo padre al contrario aveva sempre cercato.
Ambizioso, arrogante, ricco e con una prestigiosa fama.
Per di più faceva l'agente speciale.
S'incontrarono nel locale dove lavorava lei e lui la sposò dopo qualche settimana.
Era così bella che avrebbe fatto girare la testa a chiunque, ma si accontentò.
Non tutti avrebbero accettato di sposare una donna già sposata in un altro stato e incinta di un altro ancora.
Lui anche aveva altri figli, così la portò semplicemente a casa e fece in modo che avessero una mamma, ma lei non fu mai pronta a comportarsi da donna sposata.
A mia mamma piaceva fare la ragazza libera e le piaceva comportarsi da ragazza libera. Al suo nuovo marito però questo non piaceva.
Immagino che per un po' l'abbia tollerata, lei e i suoi modi raffinati, poi però aveva iniziato a tradirla e lei era andata fuori di testa.
Partorì quel bambino e iniziò a frequentare giri di uomini importanti.
A lei piaceva stare al centro dell'attenzione, era una donna con le palle, sapeva sicuramente che i traffici del marito non erano per nulla legali, ma stette zitta.
Le piaceva fare quella vita da ricca e poi doveva mantenere un figlio.
Poi una sera mio padre si rifece vivo. Non penso che lei lo abbia mai dimenticato, lo perdonò dopo poco e finirono per essere di nuovo amanti. Forse erano destinati ad essere sempre e solo amanti. La loro passione, il loro modo di amarsi, non penso che non si volessero bene, solo che era...sciocco. Avevo cinque anni, capivo quello che succedeva ogni sera quando Sandor non c'era, quando arrivava mio padre e lei ci rinchiudeva in una stanza, con il mio fratellastro. Io piangevo sempre, poi col tempo ho smesso. Non serviva a nulla e poi lei si arrabbiava.
Una sera, mentre aspettava mio padre in un locale, conobbe un poliziotto molto famoso, un collega di Sandor e se lo portò a letto. Quell'uomo era più cattivo. Era violento, era arrogante. Ne ero terrorizzato. Una sera però quell'uomo picchiò mia madre, non so perché, lei probabilmente voleva lasciarlo, forse voleva tornare con mio padre. Non lo so, ma lui la picchiò. Ricordò che lei aveva tanti lividi quando venne a stendersi con me, nel mio letto. Piangeva e mi disse di non innamorarmi mai. Disse che era solo una fregatura, che nessuno amava mai davvero qualcun altro, “è un mondo egoista questo” mi disse. Non riesco a non ricordarmelo quando ripenso a lei.
Lei lo continuò a vederlo, continuò a farsi picchiare e poi iniziò a bere, stava fuori tutta la notte e quando tornava Sandor le urlava contro.
Di quel periodo ricordò che non riuscivo ad andare a scuola per la paura che avevo.
Tremavo ogni sera, ogni volta che lei ci lasciava da soli. Io e David avevamo anche imparato a cucinarci la cena da soli.”
“David?” chiese Izuku confuso.
“Mio fratello, il figlio di Sandor” spiegò Xander.
“E poi?”
Xander sospirò, forse non voleva raccontargli tutto, Izuku si diede dello sciocco; era normale che non volesse erano cose personali! Lui avrebbe fatto lo stesso se gli avessero chiesto la sua storai, anzi, lui non avrebbe proprio parlato.
“Scusami Xander,...non volevo, non devi dirmelo se non vuoi, non impo-”
“Sta tranquillo Izuku, se non avessi voluto dirtelo non te lo avrei detto” lo rassicurò con un sorriso stanco.
“Poi, mio padre si cominciò a fare vivo. Lei lo aveva lasciato quando aveva conosciuto quest'altro uomo, ma ora, lo rivoleva.
In quegli anni, lei era diventata dipendente dal lusso, dai soldi, dalla droga e dall'alcool, per questo quando mio padre le chiese di andare a vivere con un povero straccione come lui le lo rifiutò. Forse la francesina che aveva conosciuto avrebbe pure potuto valutare l'idea, ma la donna a cui aveva rotto il cuore ora non la considerò neanche. Gli rise in faccia e gli disse che lo odiava e che odiava me per somigliargli così tanto, anche se ero la copia spiccicata di lei.
I suoi occhi verdi, la sua bocca carnosa, la sua carnagione, perfino il modo in cui cammino e respiro, ma lei era distrutta.
Quando Sandor venne a sapere che lei lo tradiva, litigò con quell'uomo con il quale lo tradiva, ma di mio padre non seppe mai nulla.
In quello stesso periodo mia madre si ammalò.
Penso fosse l'astinenza, comunque fu quello il periodo peggiore, non le botte che aveva ricevuto in precedenza, non gli uomini con i quali era stata, non il fatto che non fosse in grado di fare la madre, ma semplicemente il fatto che stesse male. Il semplice vederla lì, sul letto, con le guance bianche e la voce rauca.
Fu lì che iniziai a frequentare le persone sbagliate, conobbi una persona e quando mi propose di scappare non ci pensai due volte.
Avevo iniziato a mandare giù qualsiasi cosa mi capitasse sotto mano, finii una confezione di Xanax in una settimana, le mandavo giù come se fossero state caramelle, come se potessi stare meglio.
E quando le prendevo, insieme all'ecstasy, insieme alla lsd, alla morfina di mia madre, mi sentivo in grado di affrontare qualsiasi cosa. Stavo soffocando Izuku...non pensare che non ne soffra tutt'ora, non sai quanto a volte vorrei tornare a riassumere certe sostanze, ma poi...niente.
Scappai quando Sandor fece rinchiudere mia madre e mi impose di stare con lui, di imparare a fare ciò che faceva lui, voleva trovarmi un lavoro nel suo traffico illegale e in più voleva farmi sposare.
Suo figlio, il suo primo figlio naturale non lo considerava neanche.
Io ero la sua perla, il suo turchese.
Io di tutta risposta sopportai quella tortura anche troppo, mi faceva allenare da quando avevo quattro anni e se non volevo mi picchiava, diceva che lo faceva per me, per farmi crescere bello e forte, ma lo faceva unicamente per farmi toccare da quei viscidi dei suoi amichetti, loro amavano i bambini, me in particolare, perché potevano sbeffeggiarmi e poi farmi quello che volevano.
Non gli ha mai permesso di possedermi, diceva che si riservava quel diritto ma sapevo che non lo faceva perché voleva riservare quel piacere a chi aveva già pagato la mia verginità. Ero un omega, non ho mai saputo proteggermi secondo gli altri, ma lui mi aveva addestrato come un alpha e quello sarei stato. Così sono scappato con Touya e di tutta risposta lui ha ucciso mia madre. E io sono morto insieme a lei-”
“Xander.”
La voce di Shoto indusse Izuku a voltarsi. Era lì, probabilmente aveva ascoltato tutto ma non sembrava sorpreso.
Solo allora il verdino si rese conto delle lacrime che solcavano le guance di Xander.
Si sentì mortificato.
“M-mi dispiace tanto...è tutta colpa mia...davvero” balbettò il verdino agitando le mani nervosamente.
“Va tutto bene...sta tranquillo Izu, puoi lasciarci un po' soli?” chiese Shoto; non lo guardava, stava stringendo una spalla di Xander.
Izuku annuì.
Uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle.
Gli era tornata di nuovo la nausea. Un conato di vomito gli risalì l'esofago e corse in bagno per rimettere.
Si chinò accanto al wc e si lasciò sfuggire qualche singhiozzo.
Stava ancora ansimando quando avvertì un palmo fresco contro la fronte; gli stava spostando i ricci all'indietro e gli accarezzava la schiena dolcemente.
“Shhh...sono qui, permettimi di stare qui, ti prego amore” mormorò Katsuki la voce tremolante. Izuku avrebbe tanto voluto dire di no, allontanarlo e farsi forza, ma lo stomaco gli faceva un male cane ed era sfinito, così portò una mano all'indietro e strinse il palmo a quello di Kacchan mentre riprendeva fiato.
Qualche minuto dopo era steso sul divano, Kacchan gli aveva lavato il viso, lo aveva aiutato a lavarsi i denti, - appropiandosi di uno spazzolino trovato in un cassetto – e aveva insistito per portarlo in braccio fino al salotto, ma Izuku non glielo aveva concesso, tuttavia si era sorretto a lui per tutto il tragitto e Katsuki si era lasciato maneggiare senza aprire bocca.
Katsuki lo guardava.
Izuku sveglio era bellissimo, ma Izuku che dormiva era uno spettacolo.
Le guance rosse, le labbra schiuse, i riccioli verdi, la pelle morbida...e quel suo odore fottutamente fruttato, lo amava. Non sapeva come si fosse ampliato, ma bastardo a metà aveva ragione, era buono. E riuscì a sentire anche una nota del suo odore in quello del verdino.
I suoi feromoni calmi riempivano la stanza.
Non si era azzardato a toccare Izuku mentre dormiva, si era limitato a sedersi sul pavimento a guardarlo respirare, lo avrebbe fatto in eterno.
Ma mentre lo guardava sentì l'impulso, anzi il bisogno di sfiorargli il ventre; sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma infondo bramava quel contatto, non avrebbe toccato nulla che non poteva, voleva solo essere coccolato un po' , solo toccare suo figlio, poco importava se Izuku lo proteggeva ancora nel suo guscio.
“Papà smetterà di essere una merda, te lo giuro piccolo” gli sussurrò sfiorando il ventre con i polpastrelli.
Lì c'era suo figlio, e lui avrebbe potuto ucciderlo.
Il suo bambino.
Uno squillo.
La testa di Kacchan scattò, cercando la fonte del rumore e rintracciandola all'istante.
Valutò l'idea di svegliare Izuku, perché si trattava del suo telefono, ma poi bastò guardarlo per decidere l'esatto opposto.
Il verdino dormiva beato e Kacchan proprio non se la sentì.
Così prese il cellulare dalla tasca dell'omega e rispose.
Izuku?”

💥

Eccoci qui!
Kacchan ha agito impulsivamente rispondendo al cellulare di Izuku o ha fatto bene?
Ditemi voi che ne pensate!
E poi...cosa IMPORTANTISSIMA! Che ne ve sembra di Xander?
Premetto che è un personaggio che ho inventato io e che adoro, infatti pensavo anche di fare una storia apposita per parlare di lui, visto anche che la sua è una storia molto particolare e soprattutto personale...ovviamente nel prossimo capitolo si capisce meglio perché il collegamento a Touya!
Alla prossima,❤

_Lilla🦋

You hurt me, BakudekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora