18. ǫᴜɪ ᴇᴅ ᴏʀᴀ

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18, qui ed ora

questa la vita che sognavi?"
Cit.

💥

"Quello nella foto, era mio figlio."

La voce flebile di Tamaki gli riempì la testa, un miliardo di artigli gli si conficcarono nello stomaco, strittolandolo.

"È..." iniziò Katsuki non riuscendo però a concludere la frase. Tamaki teneva lo sguardo basso, gli dava ancora le spalle, ma il tremito del suo corpo era ben visibile.

"Morto, si" concluse l'omega, aggrappandosi con i palmi al lavabo della cucina.

Il respiro di Katsuki gli raschiò la gola.
Dovette poggiarsi anche lui alla parete alle sue spalle, per impedire alle gambe di mollare.

"Avrebbe compiuto sette anni domani" mormorò Tamaki, la voce pericolosamente graffiante. Qualcosa addentò il cuore di Katsuki, strappandone la pelle piano piano.

"Lui e Setoshi...erano inseparabili" gli rivelò Tamaki, voltandosi lentamente nella sua direzione. Il suo viso, sottile e pallido, era arrossato sulle gote, gli occhi vitrei, quasi vacui.

"Li abbiamo cresciuti insieme..." continuò "Rei era l'unico a cui Setoshi sorrideva."

Nel sentire quelle parole a Katsuki spuntò un sorrisetto amaro. Tale e quale a lui.

"Izuku dice che..." si bloccò, ispirò dal naso e abbassò lo sguardo, guardando le gambe del tavolo "che ti somiglia da morire."

Katsuki sollevò le sopracciglia, le ciglia nere si sollevarono, lasciando le sue iridi color vermiglio più evidenti.

"E ha ragione" sussurrò Tamaki alzando la testa, fino ad osservare le gote di Katsuki accendersi un poco di cremisi.

"Com'è..." iniziò l'alpha, la voce incrinata sotto il peso di un'emozione che non sapeva spiegarsi, era qualcosa che gli stritolava il cuore e le costole insieme, fino a fondergliele insieme in un cumulo di ossa, sangue e carne, fino a fargli venire la nausea.

Katsuki non concluse la frase, ma il resto era lì, impresso nei suoi occhi, nel tono debole con cui si era azzardato a chiedere, a chiedere, in punta di piedi un assaggio del dolore che Tamaki pareva portarsi dentro da anni.

Sospirò piano, l'omega, le labbra schiuse, il cuore che batteva furiosamente in petto.
Katsuki lo osservava da sotto le ciglia, le iridi color vermiglio pronte a cogliere anche la più piccola sfumatura di disagio.
Era uno stronzo, ma uno stronzo con un cuore, almeno questo lo sperava.

Aspettando in silenzio che Tamaki osasse dargli una risposta, a Katsuki tornò in mente il modo in cui aveva spinto Izuku lontano da sé in salotto.
Non l'aveva fatto volontariamente, non lucidamente almeno. Aveva percepito la sua mano calda, la presa soffice sulla spalla e poi improvvisamente tutto il mondo si era fatto nero.

Nero, buio, soffocante.
Lo aveva tirato via dal suo corpo, consapevole che l'anima non poteva strapparsela via, tantomeno la mente o il cuore.

"Quando Rei è nato io e Mirio lo abbiamo amato da subito" sussurrò Tamaki spezzando la scia di pensieri che gli si era parata davanti. "Somigliava così tanto a Mirio nell'aspetto che me ne ero innamorato subito."

Tamaki guardava dinanzi a sé, come se sul muro potesse esserci scritta quella storia e lui la stesse leggendo invece che raccontarla. Un piccolo sorrisetto gli ammorbidiva le labbra sottili.

"La prima volta che incontrammo Setoshi ed Izuku, fu ad un parco giochi. Un piccolo parco vicino casa, con i giochi mezzi rotti e gli alberi quasi sempre spogli. Izuku però lo adorava e be'...Setoshi adora Izuku, perciò giocava lì spesso. Un giorno, Setoshi stava litigando con un bambino e quando questo bambino provò ad alzargli le mani, Rei si mise in mezzo, difendendo tuo figlio. Setoshi poi, ha litigato con Rei, però qualche minuto dopo stavano già giocando insieme. Da quel giorno sono diventati inseparabili. Non so cosa gli abbia detto Rei, però Setoshi lo ascoltò sempre in seguito." Nel mormorare quell'ultima frase, Tamaki non poter fare a meno di lasciar scivolare una lacrima.

You hurt me, BakudekuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora