Secondo

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Passate le prime tre settimane, i ragazzi venivamo spartiti nelle varie classi. Anche lui.
L'ambiente non lo metteva a disagio.
Gli insegnanti gli volevano bene. E aveva conosciuto un ragazzo, Vladik, che era diventato il suo amico e il suo unico amore.
Si , era strano, ma a lui non importava niente.
In quel l'istituto la scuola non era compresa nell'edificio. Perciò doveva andare a piedi a scuola.
Facevano molte gite. Lui è andato persino in TV.
Non ricorda il suo ottavo compleanno. È come se quella parte gli fosse stata cacciata dalla mente.
Il nono se lo ricorda. Non aveva ricevuto niente. Nemmeno gli auguri.
Nell'estate del 2007 chiese si essere trasferito. E così fu.
Lo portarono nell'istituto che frequentò a 4 anni.
Ricordava I ragazzi che aveva conosciuto. Soprattutto Zina. Era la sua migliore amica.
Non appena si trasferì, incontrò un ragazzo. Era più grande di lui. Molto gentile.
Diceva che lo conosceva da quando era nato, ma lui non ricordava niente.
Passarono pochi mesi. Nella sua classe doveva arrivare un nuovo compagno.
Essendo curioso andò a controllare. Non riusciva a credere che quel nuovo ragazzo sarebbe stato Vladik.
Non appena lo vide gli saltò addosso, abbracciandolo come un'anaconda che stritola la sua preda. Era felice.
Da quel momento in poi starono sempre insieme.
Nel 2009, ad un campo estivo, Vladik si dichiarò al ragazzo. Così si fidanzarono. Nessuno oltre a loro lo sapeva. Era il loro piccolo segreto.
In quelle notti d'estate ballavano spesso il lento. Certo, lo facevano di nascosto.
Di giorno sgattaiolavano in giro a catturare le lucertole.

Ormai l'estate era finito.
Tutti erano tornati nei propri istituti. Anche loro, ma erano insieme.
Nel gennaio del 2009 Vladik fu adottato.
Adesso Vlad, che era il suo soprannome, era rimasto solo. Sapeva che Vladik è stato portato in Italia, a Milano. Non sapeva niente di più.
Ormai iniziava a credere che era inutile innamorarsi se poi una persona ti lascia da solo.
Sapeva che pensare questo era da egoisti, ma voleva che rimanesse con lui.

Il 10 febbraio ebbe una notizia. Delle persone volevano adottarlo. Non sapeva ancora di che nazionalità erano quelle persone, né se avevano già dei figli. Voleva solo andarsene via. Andare via da quel luogo pieno di ricordi dolci che lo ferivano.
Il giorno del suo compleanno, quelle persone si fecero vedere.
Erano dei orientali, giapponesi se non si sbagliava.
Erano molto educati. Ogni volta che salutava no qualcuno si inchinavano. Non si soffiavano mai il naso in pubblico.
Il 13 di maggio partì via.
Sapeva solo come dire "grazie" oppure come salutare una persona. La loro lingua era difficile.
Dopo l'adozione il suo nome venne cambiato in Ikaru, l'ha voluto lui. Ora si chiamava Sawada Ikaru.
La casa dei suoi nuovi genitori si trovava a Tokyo, a Ikebukuru.
Era un bel centro. Molto popolato. Con svariati negozi.
I suoi nuovi genitori gli avevano preso degli insegnanti privati, per fargli imparare la lingua.
Dopo un'estate di studio, riusciva a capire i discorsi e a parlare. Qualche termine gli sfuggiva, ma ogni volta che non capiva, lo chiedeva ai suoi genitori.
Era stato iscritto in una scuola mista.
Non distava molto dalla sua casa.
In dieci minuti ci poteva arrivare a piedi. A lui piaceva camminare.
Era il lunedì di settembre. Il suo primo giorno di scuola. La sua prima divisa.
I suoi genitori erano così fieri di lui. Era riuscito a studiare la loro lingua solo in tre mesi, anche un poco di più.
Sua mamma, Yuki, prima di salutarlo, gli diede un bacio in fronte. Era una donna dolcissima. Niente è nessuno poteva superarla. Lavorava come architetto.
Suo padre, Yamamoto, era un padre perfetto.
Lavorava nella polizia, ed era forte.
Il ragazzo allora parti nella sua nuova avventura. Le strade erano coperte dai petali di ciliegio, una visuale spettacolare.
Camminava con la testa bassa, in modo da non far vedere i suoi occhi alla gente. Sapeva che sarebbero poi partite chiacchiere su di lui e la sua provenienza.
Camminò per circa due minuti, quando sentì qualcosa colpirlo. Era la schiena di un ragazzo. Si era scontrato con la schiena di un ragazzo.
-"Oh cavolo"- pensò.
Il ragazzo allora si girò. Ikaru lo stava guardando dal basso.
Il ragazzo alto allora si avvicinò a Ikaru e disse -che bei occhi, devi essere straniero-.
Ikaru non riuscì a dire niente.
-Ehi, mi senti? Riesci a parlare la mia lingua?- disse lo spilungone.
-Certo che riesco a parlare la tua lingua, non sarei venuto in questa scuola se fossi un ignorante come te- disse Ikaru dalla fretta.
La sua parlata era molto fluida, naturale. Non sembrava uno straniero.
-Wow, che bella parlata, scusa se ti ho offeso- si scusò il ragazzo. Era una situazione e imbarazzante. Uno era arrabbiato e imbarazzato, l'altro era scocciato e sorpreso.
È forse l'inizio di qualcosa?

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