5.

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Deirdre

Dire che era confusa era dire poco. Le aveva appena proposto di andare con lui? Pazzo.

«Ma non ti conosco nemmeno!» Indietreggiò frettolosamente mettendo qualche metro di distanza tra loro. «Perché mai dovrei fidarmi di te?»

Søren la seguì avanzando di un passo. Non le faceva paura, questo no, ma con quella sua aria dominante la soffocava. Non riusciva a pensare lucidamente quando lui le era così vicino. Istintivamente alzò una mano nella sua direzione, in una muta richiesta. «Fermo. Non avvicinarti.»

Lasciò che quelle parole vibrassero chiare fra loro. Aveva bisogno almeno di una risposta a tutte le domande che le vorticavano in testa. «Rispondi, per favore: perché?»

Ancora una volta lo guardò tirare le labbra in quel piccolo sorriso che tanto l'aveva turbata la prima volta. Doveva essere un sorriso rassicurante, ma la cicatrice che gli sfiorava il labbro lo rendeva sinistro.

«Mi hai salvato la vita, sono in debito.» Mentre le parlava, lo studiò mentre si guardava attorno come a perlustrare la zona.

«Ti conosco da poco meno di quarantotto ore, se non conto i giorni in cui sei stato incosciente, e mi hanno portato via l'unica cosa che avevo, scusami tanto se non mi fido.» Il tono sarcastico di lei lo fece sorridere facendole alzare gli occhi al cielo per l'irritazione «Sono contenta di sembrarti così divertente.»

Sorrise colpevole mentre le pupille della ragazza si espandevano alla vista di quel sorriso. Quel ghigno, seppur piacevole, la irritò ancora di più. In qualche modo, però, forse anche un po' per il senso di colpa per averlo trattato nei peggiori dei modi, nel vederlo tornare serio si convinse a mantenere la calma.

«Non era mia intenzione causarti dei problemi. Vorrei davvero scusarmi come si deve, ma sta arrivando qualcuno e con ogni probabilità sono quei tuoi amici di ieri. Dobbiamo muoverci.» Era leggermente irrequieto. Spostava di continuo il peso da una gamba all'altra, guardandosi intorno vigile. Deirdre scosse il capo, spazientita da quel suo modo così autoritario. Non avrebbe mai creduto che l'uomo premuroso che aveva conosciuto solo poche ore prima fosse in realtà un despota. Si domandò se tutti i warg fossero come lui.

«Nessuno ti obbliga a rimanere. Me la so' cavare benissimo da sola. Quindi addio! È stato un piacere conoscerti.»

A quelle parole, con la coda dell'occhio guardò Søren perdere gradualmente la calma che lo aveva contraddistinto fino a quel momento. Con ogni probabilità era davvero abituato a dare ordini e lei, andandogli contro in quel modo, doveva aver appena sventolato il fazzoletto rosso sotto al suo naso. Improvvisamente se lo ritrovò molto più vicino di quello che si sarebbe aspettata. Una di quelle mani forti le circondò il braccio, costringendola a voltarsi per guardarlo in faccia.

«Non toccarmi!» Provò a liberarsi, ma la presa ferrea del warg non le lasciava via di fuga.

«Ascoltami! Mi hai salvato la vita, quindi ora sono obbligato ad aiutarti.» Alzò lo sguardo verso la foresta. Pure lei riuscì a percepire il rumore di una macchina. «Molto probabilmente avevi ragione sull'incendio: mi hanno riconosciuto e hanno cercato di eliminarmi. Mi dispiace, ma ora con ogni probabilità, non trovando i resti del mio corpo, mi daranno la caccia. Se restassi qui ti userebbero come esca facendo leva sul codice d'onore che ci lega, quindi verrai con me. Sono stato chiaro?» Era stato chiarissimo.

Questa volta la ragazza non abbassò lo sguardo, lo tenne ben fermo in quello di lui sfidandolo apertamente. Poi rilassò le spalle e annuì. Søren lasciò uscire un leggero sbuffo d'aria e lasciò la presa voltandogli le spalle.

«Ora andiamo. Saranno qui tra pochi minuti.»

Rimase ad osservarlo per alcuni attimi indecisa sul da farsi mentre di avviava verso la foresta. Bastò lo sguardo truce che lui le scoccò sopra le spalle per farle perdere ogni indecisione e muovere le gambe.

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