8.

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Søren

Non sapeva spiegarsi perché quella frase gli era uscita così rabbiosa. Sapeva solo che dopo aver visto quel breve luccichio di dolore negli occhi di Deirdre, si maledisse un centinaio di volte. Avrebbe voluto spiegarle. Dirle che non ce l'aveva con lei, che era colpa di Kelle e della sua irruenza, di Marrok e la sua linguaccia. Per l'ennesima volta in sua presenza si sentì uno stupido. 

«Ora puoi spiegarmi cosa è successo esattamente? Dall'ultima chiamata mi avevi fatto capire che saresti tornato circa due giorni fa.» Il silenzio carico di tensione fu spezzato dalla domanda del suo Secondo. Marrok era un uomo che difficilmente perdeva la calma e ancora più difficilmente cedeva al panico, ma pure per lui doveva essere stato difficile tenere a bada Kelle e l'interno branco, ma non avrebbe potuto riporre più fiducia in lui, in fin dei conti era il suo più caro amico.

Il ricordo del loro primo incontro gli invase la memoria. Era sempre stato un ragazzino piuttosto chiuso. Batair, l'alpha di quel tempo, l'aveva trovando in fin di vita ai confini del territorio. Al tempo aveva avuto solo undici anni e da subito si era rivelato un solitario. Non parlava con nessuno e se qualcuno si fosse avvicinato troppo, avrebbe rischiato di essere morso. Nel vero senso della parola.

E fu proprio così che si conobbero. Dopo aver perso una stupida scommesso, Marrok gli si era avvicinato infastidendolo. Lui aveva reagito in malo modo e l'aveva rispedito a casa non solo con una cocente sconfitta, ma anche con sette punti di sutura sul fianco. Dal quel giorno, in un modo o nell'altro, avevano iniziato ad essere amici e mai, nemmeno una volta, uno aveva tradito la fiducia dell'altro.

Lanciò un'ultima occhiata alla femmina notando come la tazza fosse ancora piena tra le sue mani. Fissava pensierosa un punto imprecisato a terra mentre, lentamente, faceva oscillare i piedini scalzi.

«Mi hanno ferito.»

«Cosa?!» L'amico era sorpreso. Dall'ultima chiamata che aveva ricevuto lo aveva solo informato di essersi allontanato per depistare i cacciatori, non che fosse stato colpito.

«Avevano l'argento. Per questo lei è qui: sono in debito.» Si era definitivamente calmato. Ripensandoci non avrebbe dovuto lasciarsi coinvolgere così tanto, nè dall'atteggiamento di Kelle nè dalle parole dell'amico, ma oramai il danno era fatto. Afferrò un panno umido pulendo meticolosamente il tavolo dalla bevanda scura e dai frammenti di ceramica.

«Cos'è successo?» Alzò gli occhi, ma lo sguardo di Marrok era rivolto alla ragazza accanto a lui.

«Per farla breve: Aindreas, il cacciatore che lo ha ferito, dopo aver scoperto che lo stavo ospitando, ha tentato di ucciderlo bruciando la mia casa.»

Poteva ancora sentire le urla della femmina rimbombargli nella testa.Sentì lo stomaco aggrovigliarsi e dovette alzare lo sguardo su di lei per accertarsi di nuovo che stesse bene. L'aveva vista crollare solo pochi giorni prima ed ora era lì, di fronte a lui, al sicuro.

«Voglio che avvisi tutte le sentinelle. Se dovessero notare qualcosa di strano: avvisami.»  Sapeva che Marrok lo stava guardando e sapeva anche aveva intuito il suo desiderio di rimanere solo con l'umana, perciò, dopo aver salutato brevemente, si congedò sbrigativo lasciando che la casa si riempisse di nuovo di quella terribile tensione silenziosa.

Per quanto quella mattina si fosse svegliato di umore accettabile, gli ultimi avvenimenti e i ricordi lo avevano fatto precipitare ed ora non sapeva come uscirsene, doveva chiederle scusa? Vietare a Kelle di avvicinarsi a lei? 

«Che cos'hai intenzione di fare adesso?» Si voltò e si prese alcuni attimi per contemplarla. Il lampo di dolore che aveva visto nei suoi occhi pareva scomparso, ora ci poteva solo vedere solo una fredda e distaccata curiosità e niente di più, come se nulla fosse successo.

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