16.

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Un anno dopo


Rosemary

Il tramonto era arrivato anche per quella giornata. La Primavera profumava l'aria e i primi insetti della stagione iniziavano a ronzare trasportati dal frizzante vento di metà aprile. Il dolce profumo dell'erba tagliata rendeva quella radura tanto piacevole quanto l'alta figura in riva al fiume la rendeva dolorosa.

Era da qualche ora che lo teneva d'occhio. Non si era mosso da quella spiaggetta in ghiaia. Se ne stava in piedi a fissare l'acqua scorrere come se potesse dargli un qualche tipo di sollievo. Come se tutti quegli scroscianti gorgoglii potessero dar risposta a tutte le domande che lo tormentavano.

≪Søren? ≫ Non distolse nemmeno lo sguardo al suo richiamo. Nell'ultimo anno le cose non erano migliorate di molto. Deirdre se n'era andata e solo il cielo sapeva il motivo di quella decisione. E la cosa peggiore era che non riusciva ad essere infuriata con lei. ≪È pronta la cena. ≫

Questa volta la guardò. Non durò molto, solo quel tanto che bastava per notare le scure occhiaie intorno ai suoi occhi. Non aveva dormito. Di nuovo.

Erano mesi che andava avanti così. Si era chiuso a riccio e come un riccio non lasciava avvicinare nessuno. Né lei, né Marrok e neppure Kelle. Pareva essere regredito ai suoi undici anni, con la sola differenza che, in quell'ultimo periodo, gli importava così poco di sé stesso da dimenticarsi persino di vivere.

≪Arrivo. Tu avviati. ≫ Le ripeteva sempre la stessa frase e usava sempre lo stesso tono, con la voce roca a causa degli incubi notturni la rassicurava dicendole che l'avrebbe seguita per poi sparire.

Si ritenevano fortunati se spariva per alcune ore, ma c'era giorni in cui provava un dolore tale da allontanarlo per notti, addirittura giorni interi.

Strinse le mani l'una con l'altra mentre cercava invano un contatto visivo. Era straziante vederlo soffrire in quel modo. ≪È passato un anno ormai. ≫

Lui si irrigidì. Odiava sentirsi ricordare quanto tempo fosse passato. Sapeva che odiava ogni singolo giorno lontano da lei e sapeva anche che se non le avesse promesso di prendersi cura del branco, quel giorno non sarebbe stato lì sulla riva di quel fiume. Se non le avesse fatto promesse su promesse, sarebbe corso da lei e l'avrebbe riportata a casa perché tutti erano consapevoli di ciò che lui iniziava a dubitare. ≪Non puoi andare avanti così. ≫

I ricordi di quella mattina le invasero la mente. Con la pelle d'oca le parve ancora di sentire le urla disperate del warg e con la gola serrata le parve di rivivere i primi giorni dalla sua scomparsa. Per tre giorni aveva visto Søren, l'Alpha, il warg che aveva cresciuto e l'uomo più forte che avesse mai conosciuto, crollare. Per tre giorni non aveva mangiato, non aveva dormito e non aveva parlato. Per tre giorni erano rimasto chiuso in casa, seduto nella penombra del salotto con una sciarpa di lei in mano e lo sguardo vuoto. ≪Devi andare avanti. ≫

Lo scatto furioso e il ringhio che gli scosse il petto fu la reazione che sperava di ottenere. Quando c'è rabbia, c'è speranza, si disse. Addolcì lo sguardo. ≪Non ho detto che devi dimenticarla o di cercare un'altra ragazza. So cosa significa perdere il proprio compagno, Søren. Lo so bene, ma Deirdre... ≫ Rabbrividì nel vedere il lampo di dolore che gli attraversò gli occhi. Non aveva più permesso a nessuno di pronunciare il suo nome da quel giorno. Non riusciva a sopportarne nemmeno il suono. ≪Ma Lei non è morta. È viva e sta bene. Non è ancora la fine ma tu ti comporti come se lo fosse. ≫

Quelle parole non sarebbero bastate. Glielo leggeva nelle mani strette a pugno, nella mascella irrigidita, nello guardo determinato.

Le ho promesso che mi sarei preso cura del branco. ≫

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