Lividi

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LUCE POV'S
I lividi dopo tre giorni erano quasi scomparsi, per fortuna e grazie al trucco mia madre non se n'era accorta.
Lei non si è mai accorta di niente, dei miei problemi perenni con il cibo e della mia tristezza continua, che affogavo con l'alcol e le sigarette.
Erano circa le otto di mattina quando mi svegliò.
"Luce, svegliati, ha chiamato scuola, ci dobbiamo presentare dal preside, ci vuole parlare."
Il sonno scomparve del tutto.
"Ora vedi che ha raccontato l'accaduto in discoteca", pensai.
Mi alzai dal letto in fretta e furia, il mio umore oscillava tra rabbia e paura, non poteva averlo fatto.
Dopo essermi a stenti preparata, mia madre passandomi il caffè mi chiese:
"Stai bene Luce? È da un bel po' che ti vedo spenta, tu sei il tuo nome, lo sai che tuo padre te l'ha dato appena sei nata perché sei stata la sua luce prima del buio, molto probabilmente se lui fosse ancora qui, sarei stata una madre migliore, mi dispiace essere un completo fallimento."
Mi scese una lacrima, l'abbracciai e le diedi un bacio sulla guancia, è pur sempre mia madre, e ha sofferto molto la morte di mio padre.
Così entrammo in macchina e ci avviamo verso scuola.
"La Professoressa Ricci  ha voluto ritirare la sospensione, pensa che non sia il metodo adatto, nel suo caso, di insegnare o meglio far maturare una ragazza. Perderebbe troppi giorni di scuola, così abbiamo deciso che già da adesso può tornare in classe.
Oltretutto le sue amiche mi hanno inviato un email dicendo che non sarebbero tornate finché Luce non fosse stata riammessa a scuola.
Non c'erano altre alternative.
Io parlerò con tua madre del tuo rendimento, tu corri in classe, la professoressa Ricci ti sta aspettando per iniziare, comportati bene."
"Non c'è bisogno di tutta questa bontà, è giusto che io stia a casa"
Mia madre mi fulminò con lo sguardo e disse:
"Adesso vai, ne riparliamo a casa."
Sbuffai e uscì dalla stanza.
Non volevo rivederla, in quei tre giorni avevo pensato solo a lei, non avevo risposto ai messaggi di Sara o delle altre, ero sparita dai social, volevo solo sprofondare nel letto, l'unico posto sicuro.
Prima di entrare in classe feci un respiro profondo, il mio cuore non rallentava, bussai e mi aprì la porta Lara.
"Entra, ti stavamo aspettando, ti voglio sempre al primo banco e mi raccomando fai la brava."
"Certo" le risposi.
Mi fissò per tutto il resto dell'ora, ma non mi disse niente.
non riuscivo a guardarla, mi ricordava tutto di quella serata, le mani sul collo e i nostri baci, il brutto e il proibito.
Ma i pensieri diventarono vortici, che finirono nel mio stomaco, così, non aspettai  il suono della campanella, mi alzai e scappai in bagno a vomitare.
Le mie mani tremavano "cazzo, odio vomitare" , non capivo se fosse l'adrenalina o un attacco di panico, così mi accesi una sigaretta ed iniziai a fumare.
La nicotina, la mia vera amica, aveva il potere di eliminare le preoccupazioni, le paure in pratica tutto quello che a 18'anni non avrei dovuto sentire.
Immersa nei miei pensieri sentì bussare alla porta;
"Lasciatemi in pace"
"Luce, fammi entrare."
La riconobbi dalla voce.
"Tu in Primis, lasciami stare."
"Non farmi buttare giù questa porta, fammi entrare."
"No, vattene."
Dopo 10 secondi la aprì con prepotenza , entrò nel bagno e la richiuse.
Ci trovammo vicine, dato lo spazio molto ristretto, ma non la guardai negli occhi.
Non potevo, lottavo contro me stessa e contro la sua persona, non potevo, il sol pensiero mi faceva girare lo stomaco per le troppe emozioni contrastanti.
Così optai per dargli le spalle e continuare a fumare.
Ma l'odore della sigaretta passò in secondo piano quando sentì nuovamente il suo profumo, che diede spazio alla nausea.
Mi girai verso il water e vomitai.
Lei si avvinghio su di me, legandomi i capelli e tenendomi la testa.
"Caccia tutto, ti sentirai meglio, andiamo ti sciacqui la faccia."
Mi lasciò davanti al rubinetto ed uscì dal bagno.
Mentre iniziai a pensare che mi avesse abbandonata,!tornò con una bottiglietta d'acqua.
" bevi "
" non ne ho bisogno"
Dissi, con fare scontroso.
"Luce, ti prego, bevi."
Presi la bottiglia , feci un sorso e mi accesi un'altra sigaretta.
"Non mi interessa se fumi nel bagno in questo preciso momento, ma ho bisogno di incontrarti
dopo scuola."
Rimasi basita dalla richiesta, ma di più perché me lo chiese con enorme  tristezza, a differenza di me che le risposi in modo freddo.
"Perché dovrei incontrarti?"
"Beh, per parlare di quello che è successo l'altra sera, guarda, ti si vedono ancora i lividi sul collo, non voglio immaginare quelli sulle cosc..."
Non finì la parola, rimase in silenzio, e dopo pochi secondi:
"Odio che ti abbiano fatto questo, odio che ti abbiano sfiorata, nessuno ti può toccare in quel modo."
Appena fini la frase alzò lo sguardo e notai non so, forse eccitazione.
Anche stando male sarei voluta saltargli sopra per finire un qualcosa che avevo iniziato, ma feci tutt'altro.
"Sto bene, non c'è bisogno di sprecare del tempo con me."
"Non è tempo sprecato, te L assicuro ."
"Grazie per quello che ha fatto, ma non deve, si viva la sua vita e lasci stare la mia ."
Non riuscì a finire la frase che lei mi abbracciò.
Mi sentì veramente bene, protetta, come quando ti lasci galleggiare nel mare e le onde con delicatezza ti portano a riva, al sicuro dal fondo buio dell'oceano.
"Ti prego, parlami."
Nessuno mi aveva mai supplicato.
"Va bene, però per favore mi lasci."
Il suo volto cambiò espressione.
"Io adesso vado in 1• A, verso l'una ci vediamo al BarRio, se non ti senti bene, questo è il mio numero, chiamami."
Non le risposi, Annuì e buttai la sigaretta nel water.
"A dopo"
Mi disse, io aprì la porta e mi avvia verso classe, senza fermarmi.

Ce N'Est Pas MalDove le storie prendono vita. Scoprilo ora