II

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Non incontrò nessuno che conosceva in sala comune, fino all'ingresso della sala grande.

Passò di fronte a Malfoy, che parlava a bassa voce con Zabini vicino al grande portone. Aveva un fare sospetto, gli stava forse dicendo quello che era successo la sera prima? Avrebbe dovuto dirlo anche lei ai suoi amici? O piuttosto fare finta di nulla e tacere?

Lo superò velocemente per correre dietro a Ginny ed Harry, che camminavano verso i soliti posti al tavolo. Li raggiunse, ma tacque per paura di dire qualcosa di sbagliato.

"Eccoti, cavolo!" Ginny percepì la sua presenza alle sue spalle.

"Ti abbiamo aspettata almeno cinque minuti!" rise Harry.

"Cinque minuti non sono poi così tanti..." cercò di sembrare naturale, sorridendogli mentre alzava le spalle.

"Sono cinque minuti in meno di colazione!" si lamentò Ron, raggiungendoli al tavolo con un grande vassoio tra le mani.

"Non hai nemmeno aspettato che comparisse, non ci credo! Te lo sei preso direttamente al tavolo dei professori!" incrociò le braccia Ginny, trattenendo una risata per sembrare il più autoritaria possibile.

"Lasciami stare" bofonchiò suo fratello, riempiendosi la bocca.

Hermione fece un lieve sorriso. Le sembrò che le cose fossero rimaste come le aveva lasciate, eppure... Ron non la guardava molto, Ginny e Harry parevano discutere delle loro cose, e aveva come la sensazione che le fosse sfuggito qualcosa...

Lo sguardo tagliente dell'altro caposcuola la trapassava in modo fastidioso, se n'era da poco accorta, e cercava di evitarlo. Cosa voleva quello sconosciuto da lei? Non avevano neanche mai quasi parlato... E se in quei mesi avesse dovuto averci a che fare? 

In effetti, non sarebbe stata una cosa assurda che avesse dovuto collaborarci.

Se l'avesse fatto arrabbiare non concordando con le sue proposte da serpevedre e lui se la fosse presa, cercando vendetta? Non era più sicura di niente, voleva risolvere i suoi dubbi, e l'idea di infrangere una regola per farlo non le piaceva, ma ci aveva pensato tutta la notte, e non voleva tirarsi indietro.

Non sapeva nemmeno di chi fidarsi, a chi avrebbe potuto confidare i propri dubbi? 

Salutò i suoi amici tirando fuori qualche parola di scusa contente le parole 'biblioteca' e 'libri' e attraversò di nuovo il portone della sala senza aver fatto colazione. 

Draco era ancora lì all'ingresso, seduto sulle panche di pietra con i suoi amici. Blaise gli parlava, ma sembrava incantato, guardava i mattoni incastonati tra le pareti del castello. Alzò il suo sguardo, la voleva incontrare, voleva capirne qualcosa anche lui, lei lo intuì.

Ma non volle comunque starci a pensare, non voleva avere nulla a che fare con Malfoy, tantomeno un affare losco, e si affrettò per le scale scuotendo la testa per slacciarsi il pensiero di dosso.

Il dormitorio dei grifondoro era completamente vuoto, almeno all'apparenza. Avera tenuto d'occhio Neville, Dean e Seamus mentre entravano in sala per fare colazione. Nessuno di loro l'avrebbe disturbata. La porta si aprì facilmente, non era la prima volta che entrava nella stanza dei ragazzi.

Sperava che il letto di Harry fosse rimasto quello degli anni precedenti, ma non ci mise molto a capirlo: molte gazzette del profeta erano ammassate ai suoi piedi, un paio di occhiali di riserva appoggiati nel comodino e il bicchiere d'acqua ancora pieno: beveva di rado durante la notte.

Esitò per qualche secondo, si sentiva in colpa a rovistare tra le cose del suo amico come una ladra, ma era di vitale importanza. Se avesse potuto parlare con l'Harry che sapeva di ricordare, era sicura che avrebbe capito.

"Accio mantello" sussurrò con la bacchetta alla mano. Il baule di Harry si aprì con tanto impeto che quasi si spaventò, e il suo vecchio mantello dell'invisibilità volò fuori come un tappeto magico, adagiandosi velocemente alla sua spalla. Non esitò granché, temeva molto che qualcuno la vedesse, dunque pensò che fosse saggio indossarlo fin da subito, da quell'esatto momento.

Chiuse la porta dietro di sé e scese le scale a chiocciola.

Qualche altro tremolio sotto il mantello pieno dei suoi respiri pesanti e fu di fronte alle porte dell'aula di pozioni.

Esitò per qualche momento, guardandosi intorno, controllando che il mantello coprisse bene ogni lembo della sua carne, perdendo tempo, sostanzialmente, per permettere al suo cuore di smettere di martellarle nel petto e calmarsi.

Disincantò la porta, entrò. Non c'era nessuno, era troppo presto persino per Lumacorno. Sapeva che tenevano un piccolo pensatoio nel vano dietro ai grandi scaffali dove si prendevano gli ingredienti per le pozioni. Il suo obiettivo era quello di utilizzarlo per risalire al suo ultimo ricordo e, chissà, riuscire forse a capire che cosa fosse successo nel tempo di mezzo.

Una volta dietro gli scaffali tirò un sospiro di sollievo, si sentiva più al sicuro nascosta in quell'angolo buio. Lasciò scorrere il mantello dell'invisibilità lungo le spalle, lo adagiò delicatamente al pavimento.

"Non me l'aspettavo proprio da te, Granger" una voce la fece letteralmente saltare in aria per lo spavento.

"Oddio..." disse cercando di riprendersi con una mano appoggiata al petto. "Che cosa ci fai qui?" cambiò subito tono appena si rese conto di essere in presenza di Draco Malfoy.

Era in parte coperto dall'ombra degli scaffali, appoggiato a uno di essi come non fossero fragili abbastanza da cadere in qualsiasi momento e fare una strage di ingredienti, esplosioni e cose simili.

Si avvicinò piano, uscendo dalla zona più buia, mentre rispondeva: "Potrei farti la stessa domanda".

"Puoi anche immaginare la risposta" disse Hermione, voltandosi verso il pensatoio, mentre estraeva la bacchetta e l'appoggiava sulla tempia.

"Non ci riuscirai" le disse Draco "Se non lo puoi ricordare, non lo puoi estrarre" incrociò le braccia.

"Hai già provato?" chiese lei, dandogli le spalle, mentre cercava di concentrarsi prima di provare ad estrarre il suo ultimo ricordo, o qualsiasi ricordo fosse intrappolato in quella parte della mente che celava i suoi contenuti.

"Perché sarei qui, altrimenti?" chiese con la sua solita sufficienza.

Hermione provò a concentrarsi, ma nulla si aggrappava alla bacchetta. Tentò e ritentò, cercando di pensare, di non pensare, di forzare il ricordo e anche facendo finta di non stare nemmeno cercando di ritrovarlo. Non ottenne risultati.

"Deve esserci un modo!" lanciò la bacchetta a terra frustrata.

"Un modo c'è. Ma è pericoloso" le disse lui, accucciandosi per raccoglierle la bacchetta.

Interminor II // DramioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora