Le ore successive non furono semplici.
Riuscì a trattenere le lacrime per altro tempo, per permettersi di scrivere tutto ciò che Ginny le aveva detto nel quadernino con i ricordi.
Dopo averlo fatto, si sdraiò sul letto sentendosi pronta ad abbandonarsi alla tristezza e alla disperazione per la confusione e la frustrazione nei confronti di quella situazione, ma non pianse né con gli occhi, né con i pensieri.
Non provava il dolore che si sarebbe aspettata di provare nei confronti di quella situazione.
Solo pochi pensieri concisi, non era da lei. Normalmente si sarebbe fatta un vero e proprio scanner interiore di coscienza, ma riusciva solo a chiedersi quanto di vero ci fosse nelle parole di Ginny. Sapeva che era sincera, aveva visto ciò che diceva, ma se avesse capito male?
Le tornarono alla mente le parole di Malfoy, e non aveva tutti i torti quando diceva che le parole degli altri non avrebbero mai rispecchiato la verità al cento per cento. Come poteva vivere in quello stato di blackout per tutta la vita? Chiedendosi continuamente se fosse stata davvero capace di fare una cosa simile o meno?
E se le avessero detto che aveva ucciso qualcuno? Avrebbe dovuto credere anche a quello? Non era possibile continuare in quel modo.
Scese a cena evitando in tutti i modi lo sguardo di Ginny, come l'avesse beccata a rubare qualcosa in camera sua.
"Tutto bene?" le sussurrò Harry all'orecchio, era seduto accanto a lei.
Lei annuì, sapendo di non poterlo convincere. Ricordò la conversazione avuta i primi giorni di scuola, solo lui si era accorto della sua tristezza e solo lui se ne era preoccupato. Sorrise tra sé e sé debolmente.
Mentre i suoi amici del cuori parlavano con Seamus e Neville, ebbe il coraggio di alzare la testa dal piatto.
Ancora quel Nott, che aveva da guardare? Cosa cercava di dirle con quegli occhi neri e luccicanti? Non mantenne lo sguardo troppo a lungo, si sentiva strana. Era sicuramente un bel ragazzo, ma perché avrebbe mai dovuto uscire di nascosto e scambiare parole al lago con un serpeverde?
La curiosità era troppa, le pupille si lanciarono dall'altro lato del tavolo, ed eccolo lì: Malfoy era seduto con la solita cattiva compagnia, e guardava attentamente i movimenti che stava facendo eseguire alla propria forchetta mentre mangiava la sua bistecca.
Le sembrava davvero strano che, tra tutte quelle persone, conoscenti, amici, gente con cui aveva condiviso tutto, sentisse quello strano brivido, quella strana voglia di tornare a parlare con Malfoy in quell'angolo dell'aula di pozioni, o nel freddo gelido del lago.
Tutto ciò che era sempre stato confortevole per lei non sembrava più esserlo.
Non desiderava confidarsi con Harry, aveva paura di Ginny e Ron, e ancora di più di Nott, o di ciò che gli aveva detto. Quanto aveva permesso a quel ragazzo di insinuarsi nella sua persona? Quanto si era lasciata conoscere? Cosa gli aveva permesso di domandarle, di farle?
Sentiva solo inquietudine al pensiero della grande incognita che aleggiava nella sua ultima porzione di vita, e l'unico momento di pace a cui riusciva a pensare era quello che la ritraeva nello studio della preside, con la catena della giratempo intorno al collo, e lo sguardo confuso di Malfoy addosso.
Era una contraddizione, non c'era nulla di tranquillo in quella situazione e lei lo sapeva, ma il tepore che stava in quel singolo attimo di inconsapevolezza era l'unico ricordo nitidamente tranquillo a cui poteva pensare.
In quei giorni aveva riflettuto molto su ciò che sapeva dei suoi primi mesi ad Hogwarts e tutto era stata tranne che felice, o pacifica. Era stato un turbine di sofferenza, inquietudini, discussioni e lacrime, e non se lo meritava. L'unico momento di calma era quel piccolo istante.
Aveva provato sollievo, come se sapesse di essere riuscita a risolvere un problema che la disturbava. Era stato un piccolo attimo, l'attimo prima che si guardasse intorno rendendosi veramente conto di dove si trovava e di cosa avesse fatto. Quel momento di incoscienza, come quando ci si sveglia da un bellissimo sogno, e per qualche secondo, pur avendo gli occhi aperti, crediamo ancora che sia la realtà.
Le era successo esattamente quello, con il viso di Malfoy di fronte, che provava probabilmente le stesse cose che aveva e stava provando lei.
Era quello che la faceva sentire tanto vicina a lui, che la faceva pensare a tutte quelle cose senza provare vergogna o fastidio: era talmente vero che non poteva negarlo, e non sapere lo rendeva ancora più forte di quanto non sarebbe potuto essere sapendo.
I suoi pensieri si fermarono non appena lui alzò lo sguardo.
Hermione girò la testa verso Neville, fingendo di aver ascoltato fino a quel momento e di essere d'accordo con qualsiasi cosa stessero dicendo.
La cena giunse velocemente al termine.
Si guardava attorno di continuo, fugace, cercando di non farsi scoprire da nessuno. Aveva così tante cose da controllare allo stesso tempo.
Nott l'aveva guardata spesso, l'aveva evitato, ma sapeva che era così.
Invece Malfoy Non l'aveva più guardata dopo quell'unico incontro di iridi. Avrebbe voluto lo facesse, avrebbe voluto la rincorresse con la soluzione a tutti i loro problemi, senza che lei dovesse sforzarsi o soffrire ancora.
Sapeva che non l'avrebbe fatto, rifiutarlo una volta era già abbastanza, ma addirittura due, era stato troppo.
Non la degnò neanche di mezzo sguardo, nemmeno quando la maggior parte di studenti si alzò, loro compresi, per tornare in dormitorio.
Ron e Ginny le avevano parlato, certo, ma sempre in modo distaccato, come quando si cerca di conversare con un nuovo gruppo di amici e non si ha per niente la confidenza che porta ad essere spontanei gli uni con gli altri.
Sapeva che Harry sapeva che non era vero che andava tutto bene, e aveva evitato le sue conversazioni con lo sguardo per tutta la cena.
Lasciò che i suoi amici grifondoro passassero avanti, lo guardò di nuovo.
Non l'avrebbe mai più cercata, ne ebbe la certezza.
E insieme a quella certezza, trovò anche ciò che stava cercando: il sangue di cui avrebbe avuto bisogno tre giorni prima.
Aveva deciso.

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Interminor II // Dramione
FanfictionSequel di Interminor! Draco abbassò la testa sospirando nervoso, avrebbe voluto colpirla e dirle che era una stupida, che era da bambini avere paura della verità, ma sapeva dentro di sé, dopo quello sguardo, che non avrebbe mai potuto farle del male...