•Capitolo 20•

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Imposto la sveglia per le 4:45 del mattino e spengo lo schermo del mio cellulare. Vado in bagno dove tolgo il trucco e lego i capelli sopra la testa con un cipollotto. Ritorno nella mia stanza e tolgo il vestito pieno di paillettes, lo metto a posto con cura e infilo la prima maglia che mi capita a tiro insieme a dei pantaloni corti neri. Spengo la luce e mi arrampico sul letto per aprire il lucernario sopra di me, infine mi sdraio sul lenzuolo pulito. Avevo poche ore di sonno, ma grazie al cielo domani è sabato e quindi niente scuola: evviva il weekend!

Mi sveglio in un parco, simile a quello di Tinner Town ma non proprio identico. Sono sdraiata su una panchina e lentamente mi alzo frastornata, come se mi svegliassi da un sonno eterno. Mi guardo intorno e tutto mi sembra alquanto normale: i bambini corrono felici per il prato, le mamme sedute sulle panche a guardarli e parlare tra loro; in alto i piccoli passeri volano tra le fronde degli alberi e i fiori crescono colorati per tutto il prato. Tutto era così bello da sembrare fin troppo pacifico, decido quindi di alzarmi per esplorare la zona. Non appena poggio il piede per terra il paesaggio davanti a me sfuma e tutto diventa grigio, ben presto mi trovo in un vicolo cieco in mezzo a due palazzi. Mi guardo attorno in cerca di qualcosa di noto, ma sembra che i due palazzi si alzino verso il cielo all'infinito: due blocchi di cemento grigio verso il più azzurro dei cieli. Una mano prende il mio braccio e mi gira, la figura si para davanti a me poggiando una mano sul mio fianco e l'altra sotto al mento. Sento il respiro sempre più vicino fino a quando non manca a entrambe. Le sue labbra sulle mie, un corpo unico e la sintonia è molta. È chiaro che riconosco la figura a questo gesto: Tim è nel mio sogno.
Il bacio improvvisamente diventa più intenso ma non pieno di passione, sembra rabbia. Le mani non sono più delicate ma mi graffiano le spalle, la schiena è come se ci tenesse a farmi del male.

"Basta, ei basta fermati mi fai male" cerco di mollare dalla sua presa

"Oh so che fa male..." mi dice lui

"Tim che cazzo fai, pensavo che mi amassi. Lasciami!" mi divincolo

"Amarti? Come fai a pensare che ti si possa amare? Lasci tutto e non parli con nessuno, non ti fai sentire per anni... oh dimmi se qualcuno a cui tenevi e che teneva a te dovrebbe amarti dopo tutto il male. La tristezza, la paura, il dolore non ti è mai importato nulla di me o degli altri!" urla lui

"Tim torna in te, non sei questo tu!" lo imploro

"Questo sono io. Questa è la parte di me che non vuoi vedere..."  continua lui

Vedo che il suo braccio è alzato, il pugno stretto. I suoi occhi trasmettono rabbia dal profondo e un brivido di terrore mi percorre la schiena. Chiudo gli occhi, sono paralizzata; non voglio ricevere quel colpo ma non riesco a fare altro.
La mano del ragazzo sbatte contro il muro e tutto trema dietro di me, una lacrima scende lungo la mia guancia.

Mi sveglia il suono della sveglia. Avevo un mal di testa assurdo dopo questo incubo e 15 minuti per sistemarmi per accogliere Tim... i miei genitori sono partiti presto per il weekend verso la casa al mare ma io avevo rifiutato.

Sicura di volerlo vedere?
Si era solo un sogno
Sicura sicura?
Si.

Suona il campanello proprio in quell'istante. Puntuale alle 5.
Scendo lentamente le scale e vado verso la porta, apro lentamente e lui si trova lì assonnato tanto quanto me.

"Giorno nana" mi saluta

"Tim... vieni" lo faccio entrare

Saliamo le scale nuovamente e entriamo nella mia stanza.

"Dimmi, dove vediamo l'alba?" chiede incuriosito

"Aspetta, seguimi" rispondo e faccio leva sulle braccia per uscire sul tetto

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