Simone alle ultime dodici ore continua a ripensarci, come se avesse al posto del cervello un disco rotto che continua a proiettare, sulle sue palpebre, le stesse immagini. Vorrebbe dormire, ma non gli riesce.
Commette un errore gravissimo: sblocca il cellulare, apre Instagram, digita il nome Manuel Ferro. Lo trova, il profilo è privato. Impreca. Dev'essere uno scherzo di qualche entità superiore.
Passa tutta la notte a pensare che l'universo stia cospirando contro di lui, perché l'ha fatto innamorare del suo migliore amico etero, o indeciso, perché gliel'ha - in qualche modo - portato via senza però esitare a ripresentarglielo poi con moglie e figlio.
Ne approfitta della solitudine per preparare una camomilla, nella vana speranza di riuscire a dormire, ma deve rassegnarsi a dover affrontare quindici bambini instancabili con addosso all'incirca tre ore di sonno.
La mattina indossa una felpa verde, di quelle oversize, che gli copre tutte le mani lasciando intravedere solo le dita, un jeans skinny nero, e delle vans nere. È il suo outfit più comodo, e quel giorno ne ha davvero bisogno.
Ogni tipo di risentimento nei confronti della sua vita viene allontanato da due occhi che ormai fanno parte della sua quotidianità.
Quando vede Bruno varcare la soglia della sua classe infatti, sorride istintivamente, ponendo fine alla sessione di autocommiserazione iniziata la sera precedente.
«Simo Simo» lo chiama il bambino, che sembra più felice del solito di vederlo.
«In braccio» esclama, con le mani verso l'alto, per farsi capire al meglio.
E Simone non l'aveva mai preso in braccio Bruno, non poteva immaginare che profumasse proprio di Manuel.
Si china per accontentarlo, lo abbraccia e se lo stringe attorno al busto, rimettendosi in piedi.
Tramortito dalla consapevolezza che quella non è null'altro che la versione in miniatura dell'amore della sua vita, e che profuma esattamente come lui, resta in silenzio, mentre Bruno fa vagare le sue manine tra i suoi capelli.
«Posso stare con te oggi Simo?» chiede, e Simone aggrotta la fronte, non riuscendo a capire.
Quella mattina Bruno aveva svegliato il padre in lacrime, lamentandosi di aver sognato la mamma, che gli mancava, poi però, dopo essere stato un po' abbracciato a lui, il sorriso era tornato sul suo volto; Manuel capisce a cosa sia dovuta quella strana richiesta.
«È una giornata un po' particolare per lui» spiega a Simone.
«Scusa, dopo ti spiego, ora devo scappà» aggiunge, lasciando un bacio sulla testa di Bruno, senza pensare che quel gesto l'avrebbe portato pericolosamente vicino al volto di Simone.
Ne esce frastornato da quella scuola, colpito in pieno petto dall'immagine di suo figlio in braccio all'amico, e dal profumo di quest'ultimo che aveva potuto sentire di nuovo, dopo tanto tempo.
Vista la smania di Bruno di restare tutta la mattina appiccicato a lui, Simone si chiede, dopo un'ora e mezza circa, se ci sia qualcosa che non va.
«Bruno, ma non ti senti bene?» chiede, sedendosi su una poltroncina terribilmente piccola per lui, con il bambino sulle ginocchia.
Il piccolo scuote la testa, così Simone chiede ad un collega di sostituirlo, per poterlo portare nel cortile della scuola e capire cosa non vada.
Si siedono su una panchina, o meglio, Bruno è seduto, Simone è accovacciato davanti a lui.
«Che hai? Ti fa male qualcosa? Chiamiamo papà?» domanda, con una mano poggiata sul piccolo ginocchio del bambino, cercando i suoi occhi, che però non trova.
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Satellite
FanfictionDa un'idea di @mityboh. Simone e Manuel si ritrovano dopo anni, grazie all'esistenza di Bruno. (grazie a @francesca5901 per la copertina)