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È da quando l'ha conosciuto al liceo che Simone cerca, consapevolmente e non, di farsi carico del dolore di Manuel. A volte gli sembra di essere nato per frapporsi fra Manuel e qualsiasi cosa possa turbarlo, ed è questo il motivo per cui ha sempre notato le due fedi poste all'anulare sinistro dell'altro avvertendo sempre una strana fitta all'altezza dello stomaco.
Non è gelosia, non lo è mai stata, non potrebbe nemmeno lontanamente provare un sentimento negativo verso una donna che, prima che amante del suo attuale fidanzato, è stata madre di quel bambino che gli ha rubato il cuore incrociando una sola volta gli occhi con i suoi.

È una strana angoscia, è quella che si prova quando ci si rende conto di non poter, o aver potuto, porsi tra la persona che si ama ed il dolore, quello vero, quello lancinante.

Manuel gliel'ha spiegato – una notte in cui avevano dormito insieme – che Elisa non aveva una mano esile, piccola, per cui quando le ha sfilato la fede, l'ultima volta, non ha esitato a porla accanto alla sua. Finché morte non ci separi, si erano giurati, ma all'amore non c'è fine, e così Manuel l'aveva tenuta, per ricordarsi che da qualche parte c'era qualcuno per lui e per suo figlio. E non ha il coraggio di toglierle, le tiene lì, quasi a voler scacciare via il terrore di dimenticarla, non dovesse più vedere quei due anelli.

E Simone, di fronte a quella confessione, l'aveva sentita forte la fitta, perché quello era stato un dolore che Manuel aveva vissuto da solo, e che ancora adesso gli tormenta qualche pezzo di anima. Lo farà per sempre.

L'aveva stretto, quella notte, e aveva sentito di nuovo il bisogno di chiederlo.

Mi vuoi sposare?

È da anni probabilmente che sente l'esigenza di porre quella domanda a Manuel Ferro, ma non ha mai avuto il coraggio, l'occasione.

Si ferma a pensare, un piovoso pomeriggio di Dicembre, a quella notte, al suo desiderio di fare di Manuel suo marito, di svegliarsi con lui ed addormentarsi con lui, di crescere Bruno, con lui, ma poi pensa al dinosauro di Jacopo.

Pensa sia strano che un giocattolo possa fornirgli la risposta ad un miliardo di quesiti, per lo più inutili elucubrazioni sul significato della vita – probabilmente .

Eppure, capisce che lui e Manuel sono stati legati per anni, perché nel momento in cui Dante aveva regalato a quel bambino il dinosauro di suo figlio, gli aveva ceduto un pezzettino di sé.

Un pezzetto indissolubilmente legato a lui stesso.

Di fronte ad una perdita si è soliti aggrapparsi ad ogni piccolo ricordo materiale, ogni leggenda riguardante il paradiso, le stelle, ogni minuscola cosa che ci consenta di tenere vivo il ricordo della persona ormai scomparsa, e Dante, quel giorno, di fronte ad un dolore talmente grande da spazzare via ogni forma d'amore, a quell'amore ci si era aggrappato. Forse l'aveva scorto negli occhi di quel bambino con la testa fasciata. Si era aggrappato all'amore consegnando a quel bambino un pezzo di suo figlio affinché continuasse ad esistere anche attraverso un'altra vita, senza pensare che quel pezzo sarebbe ritornato a casa, sotto forma di un ragazzo un po' combina guai, maldestro, con i capelli ricci, gli occhi grandi e la passione per le moto e la filosofia.

La verità, capisce Simone, è che lui e Manuel sono sempre stati insieme, e non avrà bisogno di un anello o un pezzo di carta a testimoniare l'amore che prova per lui, però decide comunque di cercare un modo per dirgli tutto questo, e lo trova una mattina in una gioielleria di periferia.

Fa incidere all'interno di un bracciale una frase: non dall'inizio ma fino alla fine.

Ci ha riflettuto a lungo su quella frase, ed ha pensato che fosse meglio di qualsiasi promessa fatta davanti a qualsiasi tipo di autorità, perché forse sono legati da quella notte – quando le manine del piccolo Manuel hanno stretto quel dinosauro –, o forse da quando si sono conosciuti al liceo, lui non lo sa, ma sa che a Manuel, ora, vuole essere legato tutta la vita.

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