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Dopo quella mattina, non c'erano state altre occasioni di parlare della mamma di Bruno. Manuel e Simone avevano continuato ad intrattenere un rapporto che  non poteva essere considerato un semplice rapporto genitore - maestro, ma nemmeno qualcosa di più.

Tutto cambia un giorno di fine Settembre. Piove, e dopo aver salutato Simone, in classe, Manuel, ormai in macchina, lo scorge alla fermata dell'autobus.

Il dilemma che lo attanaglia da circa dieci giorni sparisce in un secondo, appena il tempo di una folata di vento più forte delle altre che costringe l'ombrello di Simone ad aprirsi al contrario.

Lo vede tutto bagnato, al freddo, e non esita ad accostare, abbassare il finestrino ed urlare quanto basta per farsi sentire.

«Simò» lo chiama, e per Simone è come la più piacevole delle melodie, come un coro di angeli che mette a tacere la cacofonia prodotta dal caos delle strade di Roma sotto la pioggia.

È un attimo ed i loro occhi si incontrano.

«Sali, dai» dice Manuel, disattivando il fermo di sicurezza che è solito attivare ogni volta che porta Bruno con sé.

Ed è in un altro attimo – forse quello che i più definirebbero fatale – che Simone apre quella portiera ed entra, e l'ingresso in quell'abitacolo non è altro che una rappresentazione metaforica di ciò che è successo ormai giorni e giorni prima: Simone è rientrato nella sua vita.

«Ciao» saluta, una volta seduto, leggermente imbarazzato, e Manuel avrebbe dovuto prevedere l'entusiasmo di Bruno, che sembra voler slacciare le cinture del suo seggiolino per poter raggiungere Simone accanto al padre.

«Simo!» urla con tutto il fiato che ha in corpo, sbracciandosi quando Simone si volta verso di lui, sorridendogli.

«Ciao Bruno»

Gli tende una mano, che doveva essere un saluto, ma il bambino afferra il suo indice, e non lo lascia andare per tutto il viaggio, costringendolo a restare con il braccio in quella scomoda posizione.

«Perché eri a piedi?» domanda Manuel, una volta ripartito, mentre sono bloccati nel traffico.

«Non pensavo venisse il diluvio, onestamente, ho lasciato la moto nel parcheggio della scuola, avrei aspettato l'autobus» ridacchia Simone, che ha i capelli leggermente bagnati, e cerca di aggiustarli con una mano, causando a centro del petto di Manuel un subbuglio del quale non riesce a liberarsi per tutto il tragitto.

È sempre stato così bello?

«Dove ti porto, maestro?» chiede, facendolo ridere.

«A casa?»
«E che ne so se hai cambiato casa Simo» sorride Manuel.

Perché non mi racconti un po' di te?

«Ricordi la strada» dice Simone, qualche minuto più tardi, e lo sussurra quasi, sembra non star parlando nemmeno con l'altro, ma l'altro lo sente.

«Tutto»
«Che?»
«Ricordo tutto»

Fa una breve pausa Manuel, ha paura, vede Bruno assopito nello specchietto retrovisore.

«Di noi»

Nessuno dei due può saperlo, ma entrambi i loro cuori si sono fermati un istante.

Simone vorrebbe rispondere. Muore dalla voglia di urlarglielo che non ha smesso di pensare a lui neanche un secondo, da quando si sono allontanati, che si sente l'essere più fortunato del mondo ad averlo ritrovato, però sente la manina di Bruno stretta attorno al suo indice, ed il pensiero di una famiglia felice lo blocca. Non potrebbe mai convivere con la consapevolezza di aver distrutto la sua famiglia, che per lui è costituita da Bruno, Manuel, ed una donna, perché lui ancora non sa.

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