Capitolo 10

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Le anime più ferite sono quelle con la corazza più dura.

10 luglio 2020

Narciso

<<Anzi perché non oltrepassare ogni limite già che ci siamo...>> risponde tenendo il gioco.
<<Perché no! Divertiti fratellino!>>
Chiudo la chiamata e stringo talmente tanto il telefono che si disintegra tra le mani. Lo lancio dietro il bancone e colpisco una bottiglia che poco dopo cade sul pavimento infrangendosi.
Il barman mi osserva ma non dice nulla, poiché tutta la mia rabbia finirebbe sfogata contro di lui che è fuori dalla situazione ma lui o qualcun altro non farebbe la differenza. Odio l'insubordinazione, recupero il secondo telefono e chiamo il proprietario del locale, con un sorriso malefico stampato sul volto.
<<Narciso, come mai ricevo una tua chiamata?>>
<<Dovresti ritenerti onorato della mia attenzione!>>
<<Lo sono ma a cosa la devo?>>
Afferro il mio bicchiere di rum e lo bevo tutto d'un sorso.
<<C'è qualcuno che mina la sicurezza nel tuo locale, so che vuole farlo esplodere ed io, come ben sai che mi occupo della protezione dei tuoi affari sono riuscito ad invidiarlo. Giacca in pelle, fiore di loto sul collo, capelli neri e mossi, occhi azzurri. Alto poco meno di me, si trova esattamente vicino ai divanetti del tuo locale, sulla destra, c'è il quadro di una donna pagliaccio.>> Specifico inserendo il viva voce e osservando il mio caro fratello dalle telecamere di sorveglianza posizionate all'interno del locale. <<Vuoi che elimini il problema?>>
Il suo tono instabile, cala verso il basso, la voce gli tremava mentre mi poneva la domanda. Probabilmente preoccupato della mia richiesta.
<<Mi basta che trovi qualcuno che sia abbastanza vile da torturarlo.>>
Chiudo il contatto telefonico, sposto lo sguardo sullo schermo e riapro il pannello dove posso osservare in tutta calma la scena, ma non appena accedo alla telecamera nel punto in cui si trovava, vedo che è sparito.
Seth è il principe dell'inferno, il re dell' inganno, ed io sono caduto nel suo tranello, sapeva che avrei reagito, tentava di testare quanto mi interessa il mio premio. Quanto desidero ottenerlo, ma è molto più di quanto lui creda, un fiore puro in un giardino corroso, il mio sguardo lentamente è finito su di lei, una violetta in un prato di rose rosse, spicca per la sua particolarità, non lede, si lascia ammirare ma allo stesso tempo è facile da prendere.
Nel mentre i barman mi osservano con circospezione, preoccupato di ogni mia possibile reazione.
Mi guardano come se fossi un leone fuori dalla gabbia che potrebbe scattare in qualsiasi momento senza un plausibile motivo, se non quello di sfogare la rabbia repressa per essere stato torturato per troppo tempo.
Chiuso dentro una gabbia, lasciato in disparte, stimolato solo in negativo a dare il peggio di me ed ora è l'unica cosa che so fare, è esattamente quella. Uccidere senza alcuna pietà.
Il bicchiere doppio in cristallo risulta stranamente invitante, come se fosse la soluzione a tutto il tedio che provo.
Devo solo restare concentrato sul motivo per il quale mi trovo qui, devo prendere il controllo.
Decido di ritornare nella mia stanza al di sopra del locale, attraverso senza problemi la folla nel locale e mi dirigo verso gli ascensori.
Fisso gli ascensori con nervosismo, premo il tasto svariate volte e finalmente le porte di metallo si aprono. Entro dentro e sollevo lo sguardo dritto verso il mio riflesso, libero un paio di bottoni dalle asole, poso una mano sullo specchio e mi avvicino nella direzione per potermi scrutare meglio.
Gli occhi sono contornati da solchi, assenza di sonno, la camicia ormai è sgualcita per le varie volte in cui l'ho abbottonata e sbottonata, mi innervosiva lo sguardo perso.
Le pupille man mano che mi guardano si dilatano come se avessero davanti a sé la cosa più bella del mondo.
<<Potrai amare solo te stesso, gli altri sono pedine. Debolezze, Uno sollevati e uccidili!>>
Per avere il controllo devo ucciderli, per essere il primo devo farlo non ci sono alternative. Mi massaggio la fronte con la mano libera e mi sporgo ancora di più in avanti mentre vedo comparire sul volto del mio riflesso un sorriso sghembo, compiaciuto che si amplia sempre di più. Indietreggio non appena le porte si aprono, io esco fuori e una coppia troppo concentra sul saltarsi addosso mi sorpassa.
Proseguo il lungo corridoio barcollando, tentando di evitare le ombre che mi vengono contro. Loro mi prendono a spallate, sorridono divertite, mi scherniscono.
Cosa sono?
<<Te lo chiedi Narciso? Sei un mostro?!>>
<<Ti sbagli, io sono un Dio!>> ribatto con tono supponente incedendo nella sua direzione come un Dio inorgoglito da se stesso, da ciò che è, da cui che potrebbe essere.
<<Fallo Narciso! Fai quello che ti viene meglio!>>
Sono loro che decidono per me, io non ho più alcun potere quando prendono il comando, sono una loro pedina che si lascia condurre.
Sono il burattinaio ma anche il burattino di me stesso.

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