I nemici non sono poi così peggiori degli amici, perché quest'ultimi sanno dove colpire e come farti davvero male.
23 ottobre 2022
Daphne
La sofferenza sembra simile ad un pugnale che si conficca continuamente nel corpo, fa male. Facciamo di tutto per essere felici ma finiamo per essere dolorosamente infelici, ho sempre cercato qualcuno che mi amasse senza alcuna condizione o l'esistenza di alcuna imposizione. Non desideravo essere amata per obbligo per l'esistenza di un contratto, volevo che ogni giorno qualcuno decidesse di stare con me. Ho sempre visto il matrimonio come una gabbia dalle sbarre d'oro, dall'esterno sembra tutto perfetto, sembra che tutto vada bene ma quando decidi di superare il varco della porticina e improvvisamente qualcuno chiude la porta ti ritrovi improvvisamente bloccato in qualcosa che non desideravi realmente, si cambia idea continuamente ed anche i gusti personali sono soggetti a dolorosi mutamenti con la cadenza quinquennale. Ciò che amavo o adoravo cinque anni prima sono finita per odiarlo immotivatamente, contrariamente ciò che prima odiavo sono finita improvvisamente per amarlo.
Vago nella mia stanza similmente ad un'anima in cerca di redenzione, ma tutto ciò di cui sono in cerca è della maledettissima quieta. Sollevo lo sguardo e mi rendo conto di essere maledettamente in ritardo per la lezione di filosofia, sarei dovuta essere già in aula dieci minuti fa, non devo far altro che concludere quest'ultimi esami e poi non sarò più obbligata a vedere Magh e la sua dannatissima cattiveria, con quanti ragazzi avrebbe potuto avere perché proprio Bruce e poi perché nonostante avesse ciò che desiderava da qualcun'altra lo desiderava anche da me. E se avessi ceduto mi sarei sentita dannatamente sporca. Ma cosa pretendo da un ragazzino che pretendeva da me in un momento di debolezza che cedessi alle sue richieste. Alle volte vorrei che la mia testa crollasse in black out, magari mi dimenticherei di tutto ciò che ho dovuto subire, mi dimenticherei del tradimento di Magh e Bruce e persino di Narciso, ma non c'è alcun tasto che garantisca di premere reset e ricominciare. E' come se finissi per morire in momenti diversi e spargessi pezzi di me nei momenti già passati, non sono altro che il risultato genetico di un secondo e il caos di una vita. Ma crogiolarmi nei dolori non fa altro che rendermi debole quindi non devo far altro che alzarmi e ricominciare, è quello che so fare meglio d'altronde perdonare e fare un passo avanti come se fossi condizionata da un maledetto schema che mi rende schiava e non ne riesco ad uscire fuori e respirare un pò di dannata libertà. Magari dovrei partire e allontanarmi per un pò, potrei andare a trovare i miei zii alle Hawaii magari il clima e le distrazioni che ci sono lì mi farebbero bene e potrei allontanarmi da tutti questi dannati pensieri che mi tediano eccessivamente nell'ultimo periodo.
Mia zia irrompe nella stanza come se fosse un generale pronta a distruggere.
<<Sei in ritardo! Non puoi far si che gli altri condizionino la tua vita Daphne! Smettila di rimuginare e lagnarti! Muoviti!>> mi urla addosso come mai aveva fatto prima d'ora.
<<Se sono qui, è solo per me stessa. Mi hai fatta passare per matta, tu quell'altro squilibrato che entra nella mia vita e mette tutti in disordine e poi se ne va via senza nemmeno chiedere scusa! Io mi merito delle dannate scuse dalla vita!>> ribatto afferrando lo zaino con rabbia e andando via.Il sole picchia contro il finestrino dell'autobus, colpendomi dritto in viso, probabilmente sarò diventata letteralmente rossa. L'autobus si ferma davanti all'aeroporto e una parte di me mi dice: "perché non ora?"
Cosa ho con me? Una tuta e una carta di credito con abbastanza denaro per prendere un volo per qualsiasi meta. Ma cosa faccio vado via senza dire nulla nemmeno alle mie amiche? E se loro sapevano già di Magh e Bruce? Non mi posso fidare più di nessuno ormai. Premo il tasto dello stop prima che l'autobus riparta e scendo. Corro letteralmente verso l'interno dell'aeroporto come se qualcuno mi stesse seguendo.
Mi avvicino alla biglietteria e prenoto il primo volo per Honolulu che parte fra 20 minuti esatti. Mi disfo velocemente di tutto ciò che potrebbe suonare durante il passaggio sotto il metal detector. Getto tutto quello che ho addosso nel primo cassonetto e con i polmoni che per la prima volta sembrano inalare libertà, poggio lo zainetto per effettuare i controlli e supero il metal detector.
Rimetto lo zaino in spalla e mi incammino verso il mio gate, corro in corrispondenza delle hostess che richiamano gli ultimi arrivati, mostro il mio biglietto e attraverso il lungo tunnel per poi entrare dentro l'aereo. Mi guardo intorno alla ricerca del mio posto, non appena lo trovo mi lascio andare sul sedile passeggero, poso lo zaino per terra fra le mie gambe e lo stringo per evitare che rotoli via.
Viaggiare per me è simile a prendere una boccata d'aria fresca di prima mattina, mi permette di oltrepassare i limiti tra me e l'altro, conoscere, esplorare e in un certo qual modo vivere. Ho sempre amato viaggiare da sola.
Alle volte mi sembra di cadere, come quando ci si addormenta e i muscoli si rilassano e improvvisamente si percepisce la sensazione di cadere nel vuoto, ma cosa si cela nell'oscurità? Si celano i ricordi più spaventosi, i mostri temibili che sorridono mostrando i denti nel buio. Sono pronti ad aggredirmi? Oppure sono lì per consolarmi, alla fine io sono parte di loro e loro sono parte di me.
Ci sono troppi errori, troppi problemi che non riesco a gestire e davanti a qualcosa che inizia a spaventarmi immensamente finisco per fuggire.
La giornata è bellissima, il lago riflette i colori del sole, inizia a fare davvero molto caldo, è una tipica giornata afosa. L'umidità aumenta sempre di più rendendo l'aria pesante. Mia madre è distesa su una chance langue nelle prossimità della sponda del lago mentre mio padre girovaga con la sua piccola imbarcazione intorno le sponde del lago alla ricerca del punto migliore per pescare. Violet salterella nella mia direzione, mi prende la mano e mi sussurra nell'orecchio di addentrarci nel bosco per dare un'occhiata nei dintorni e goderci la giornata.
<<Mamma noi andiamo a fare una passeggiata!>> annuncia mia sorella correndo nella sua direzione per poi posarle un bacio sulla guancia.
<<Non allontanatevi troppo, per ora di pranzo vi rivoglio qui!>>
Ci allontaniamo correndo lungo alla strada che conduce verso la cascata. Violet mi annuncia di voler andare verso il prato di margherite mentre le io le dico di voler proseguire verso la cascata. Il sole trapela dalle folte chiome degli alberi che torreggiano su di noi. Proiettano le loro ombre sulla terra. Arrivo in corrispondenza della sponda della cascata, l'acqua risplende, il sole si fa riflettere le goccioline depositate sulle pietre facendo generare dei piccoli arcobaleni. Ma poi un ragazzo sulla ventina emerge dall'acqua e attorno a lui si espande una chiazza rossa. Mi impietrisco sul posto, di chi è tutto quel sangue? È ferito?
Si volta nella mia direzione con sguardo assorto, mi nota e si acciglia. L'acqua gli arriva in vita coprendo la sua nudità. Sul suo busto si estende un drago di mare che spalanca le fauci. I capelli castani sono tirati indietro. I suoi occhi azzurri si posano su di me, si lecca le labbra e avanza nella mia direzione. Simile ad un coccodrillo che individua la preda, pronto a divorarla. Emerge dall'acqua e fortunatamente costato che indossa dei boxer bianchi che lasciano vedere tutto ciò che contengono.
<<Ciao...bambina...>>asserisce avanzando nella mia direzione.
<<Cosa ci fai qui?>> seguita per poi avvicinarsi abbastanza da arrotolarmi una ciocca dei miei capelli fra le sue dita lunghe e tatuate.
Il diavolo sussurra, sfiora i tuoi più torbidi desideri ed ha un aspetto che stordisce. L'anima poi pura si lascia indurre al peccato per poi non poterne fare a meno. Una volta dannati? Come si sfugge?
<<Volevo vedere la cascata...>> ribatto indicandola. Lui dal suo canto sorride, e mi accarezza il viso.
<<Sei davvero una tenera bambina...>>
Mi accarezzo il volto e si abbassa alla mia altezza piegandosi sulle ginocchia.
<<Peccato che questi occhi così puri finiranno per vedere solo distruzione. Mi dispiace per te, mi dolce e tenera Daphne...>>
Mi acciglio ed indietreggio, come fa a conoscermi? Non lo ricordo, sono certa di non averlo mai incontrato prima d'ora.
<<Come fai a conoscere il mio nome?>>
<<Conosco quanto di più tu creda...>>
Sorride ed indietreggia, raggiunge un punto vicino gli alberi dove sono depostati i vestiti. Si infila una maglietta mentre ha i capelli ancora fradici. Le maniche corte lasciano intravedere i tatuaggi e i vari tagli che adornano il suo corpo.
<<Sei ferito?>>
Si infila i pantaloni neri, con degli strappi in corrispondenza delle ginocchia. Avrà all'incirca vent'anni, o qualcosa in più, hai suoi occhi sembrerò una bambinetta. Io e i miei quattordici anni ostentati come se fossi una donna ormai matura ma ho così tanto da imparare.
<<Non sono affari tuoi , devi andartene, non è sicuro che tu resti qui.>> ribatte per poi spingermi lontano dal punto in cui sono.
<<Cos'hai da nascondere?>> gli domando provando a bloccarmi sul posto quando qualcosa mi cola sul viso. Lo tolgo via con la mano e noto che è del sangue. Lui continua a spingermi finché non noto qualcosa sospeso sull'albero sotto cui ero prima.
<<Quella è una persona?!>>
Il sangue mi si raggela nelle vene, improvvisamente mi manca l'aria e mi rendo conto di essere caduta nel fosso di un predatore che si nutre di anime.
<<Daphne scappa...>>urla mia sorella alle mie spalle. Prima che possa iniziare la mia fuga, il grosso mostro marino dall'aspetto angelico che si muove con grazia nella foresta, mi blocca con entrambe le mani e mi sussurra all'orecchio...
Mi sveglio improvvisante mentre sono sull'aereo mi ritrovo davanti un hostess che mi stava scuotendo nel tentativo inizialmente vano di svegliarmi. Tento di darmi una ripulita, stavo sbavando sul sedile, alle volte non distinguo la differenza tra sogni e ricordi. Ma nel mio sogno i suoi tratti era inconfondibili, si trattava di Narciso, nessun altro ha quegli occhi che possono trasmetterti tutto in poco tempo. Senti tutto, il suo dolore e poi cadi nell'abuso oscuro della sua rabbia, sfiori le fiamme del suo piacere per poi sfociare nel mare della sua ossessione. Stare con lui è come essere sotto un incantesimo. Sai che c'è qualcosa di diverso ma non fai nulla per cambiare la situazione perché in un certo qual modo ti sta bene.
Raccolgo il mio zaino e mi incanalo nella folla che si dirige verso l'uscita, é come trovarsi improvvisamente in una corrente ed essere schiacciati contro gli altri pesci o contro le rocce. Poi arriva un improvvisa sensazione di...solitudine o forse è libertà?
Esco fuori dall'aereo, l'aria calda mi colpisce il viso. Le chiome delle palme oscillano scosse dal vento. Il passeggero dietro di me mi sposta in malo modo, io dal mio canto mi limito a indossare la felpa che avevo legato in vita, e sollevare il cappuccio. Infilo le cuffie nelle orecchie e seguo lo sciame di persone che man mano si disperde nei vari pullman che si piazzano davanti alle due uscite del volo. Non ricordavo che in questo periodo ad Honolulu facesse così caldo, ricordavo le temperature stranente più miti, probabilmente la mia memoria mi sta tradendo, come mi sta tradendo su molti eventi. Alle volte vorrei aver ereditato la saggezza di mia madre e il coraggio di mia sorella ma sventuratamente mi ritrovo ad aver ereditato tutte le peculiarità positive e negative dei geni gentilmente prestati da mio padre durante il magico atto del mio concepimento.
Mentre ero assorta nei miei pensieri finisco per uscire fuori dal pullman finalmente giunta sull'altra sponda in corrispondenza dell'altra per accedere all'aeroporto. Chi l'avrebbe mai detto che mi sarei ritrovata su un'isola con un mero zainetto in spalla e senza un cellulare, quando penso che tutto stia andando per il meglio, vengo improvvisamente bloccata, provo a ribellarmi ma qualcuno mi piazza qualcosa sulla bocca e sul naso. L'odore è simile all'ammoniaca è l'ultimo pensiero che riesco a formulare prima di perdere i sensi.
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Il Leviatano
ChickLitEra una fiaba oscura ad un soffio dall'incanto, che sussurrava soavi parole che conducevano lentamente nel suo personale inferno. Per questo tutti lo definivano...il Leviatano.