Viviamo tutti nella grande trappola della società, c'è chi si adatta ad uno schema e chi si crede sovvertitore ma ne viene inglobato in un altro.
Daphne
Avvolta fra le sue braccia, con la sensazione di essere privata di ogni via di fuga. Davanti ad un quadro che incute timore e instabilità. L'odio tra due fratelli, e sono convinta che lui stia tentando in tutti i modi di rivendicare il suo ruolo con suo fratello. Ma chi è?
<<Ho bisogno di aria>> prorompo tentando di liberarmi dalla sua stretta.
Se avesse voluto farmi del male, non mi avrebbe lasciata andare con tanta facilità.
<<Non potrai fuggirmi in eterno>> sussurra causandomi un sussulto.
La stanza in penombra illuminata da piccole lampade poste sui comodini, non fa altro che accentuare la sensazione lugubre. Esco fuori dallo studio e cerco di trovare una via d'uscita, riesco a trovare le scale, le frettolosamente e punto con lo sguardo la porta. Esco fuori senza pensarci due volte, ho bisogno di aria e spazio. Avanzo nell'oscurità fino ad arrivare in corrispondenza del laghetto che percorre il viale. I lumi che percorrono la strada sdrucciolata si riflettono nell'acqua, si intravede qualche carpa che scorre via con la corrente. Prendo la mia borsetta che ho tenuto stretta tutto il tempo e accendo il cellulare. Ci sono un paio di messaggi di mia zia, in cui mi chiede se sto bene, perché non dovrei. La primavera ormai è arrivata, sono lontana mille miglia da mio padre, non sono finita in una clinica e mi sto godendo una serata con le mie amiche. Tutto è perfetto tranne il padrone di casa che sembra avere una strana ossessione per me. Da cosa deriva e cosa vuole realmente da me.
Un rumore alle mie spalle mi fa trasalire, l'ombra che si proietta davanti a me è davvero enorme, per un attimo penso all'irruzione di un killer che ha l'intento di eliminarmi.
Mi volto di tutta fretta e rimbalzo contro qualcuno finendo con il posteriore direttamente nel laghetto, ciò che ottengo è un riso divertito.
Poi i suoi occhi azzurri, l'aspettò divino, l'altezza simile a quella di una statua, l'atteggiamento dominante degno di un imperatore e la rabbia che pompa nelle sue vene e lampeggia nei suoi occhi simile a quella di un gladiatore, chiuso in un'arena ad un passo dal suo nemico che nell'occasione sembra che sia io. Nessuno dei due proferisce una parole, io convinta che si tratti di allucinazione, strabuzzo gli occhi e scuoto la testa. Indossa una giacca lunga nera in tessuto, dei jeans strappati in corrispondenza delle ginocchia dove si vedono i tatuaggi dalle forme geometriche. Ho davvero una fervida immaginazione, non l'avrei potuto creare più perfetto ed é per questo che non esiste.
<<Sono solo matta...>> sussurro fra me e me. Lui mostra un sorriso smorzato, man mano indietreggia senza dire nulla, come se volesse confondersi con l'oscurità e sparire.
<<O forse io sono qui.>>
Man mano sul suo volto compare un espressione sempre più arrabbiata.
<<Perché sei sparito?>> domando sollevandomi e tentando di rimettermi in piedi. Avanzo nella sua direzione ma lui indietreggia.
<<Ci sono dei patti ninfa, ma sembra che l'altra parte abbia deciso di Jon rispettarli e anch'io mi ritengo libero di farlo.>>
Allunga una mano ma prima che mi sfiori il viso resta sospesa a mezz'aria, poi chiude gli occhi con foga e la ritrae.
<<Perché sei qui?>>
Avanzo ancora nella sua direzione e arrivo ad un soffio da lui, abbastanza vicina da sentire il suo profumo. Mi piacerebbe poter ascoltare il battito del suo cuore per convincermi che lui sia realmente qui.
<<Perché volevo assicurarmi che tu stessi bene.>>
<<Eri preoccupato per me?>> domando con un sorriso compiaciuto.
<<Fai troppe domande bambina!>> mi ribecca.
<<Daphne!>> urla Iris alle mie spalle. Mi volto nella direzione in cui ho sentito la voce, e la ritrovo mentre mi fissa stranita e mi incita ad andare da lei. Non appena mi volto dove c'era lui, il Dio che ha reso reale la bellezza, noto che è sparito ed io torno nel mio abisso di incertezza sul cui fondo c'è la verità ma troppo lontana per poterla vedere, lì non arriva luce, è troppo profonda la mia mente.
<<Arrivo!>>
~
La serata va avanti, fra calici di champagne, risate sommesse, e galateo. Osservo le mie amiche ballare con dei ragazzi del college, manca Bruce mentre il resto della squadra continua a pavoneggiarsi con le ragazze cheerleader della squadra. Mi siedo sulla prima sedia libera che mi capita a tiro e osservo i vari corpi che si ammassano, si toccano, si seducono ed io sono qui ferma, con la mia verginità accanto che mi guarda in maniera giudicante. Con Narciso ho sfiorato tante volte la possibilità di perderla, ma avrei voluto davvero farlo? Sarei davvero andata fino in fondo con lui? O sarei finita per rifiutare anche lui? L'avrei respinto, gli avrei detto di andarsene al diavolo ma non faccio altro che pensare a lui.
Narciso si è seduto nella mia mente e ha iniziato a tirare a sé la corda del desiderio, ha iniziato a cibarsi dei miei sogni e dominare i miei pensieri. Si è preso ogni fibra si me senza lasciarmi nulla ma con il senso di avere le mani vuote.
<<Cosa stai pensando?>>
Il professor Hades prende una sedia e la posizione accanto a me per poi sedersi.
<<Crede mal di essere una pedina del gioco della follia?>>
Non riesco a fare a meno di dargli del lei, per me continua a rappresentare una istituzione nonostante non ci ritroviamo nel contesto e più volte mi abbia indotta a dargli del tu.
<<Sei tu che ci giochi, la follia non è altro che il colore della vita quando non è di natura patologica.>>
Si pizzica il mento e continua a fissarmi con intensità che mi destabilizza.
<<Chi le dice che io non riferisca ad una patologia?>> ribatto con un sorriso divertito. Lui non sa...o forse sta eludendo il mio problema.
<<Non credo che sia il tuo caso e se lo fosse, hai una patologia che ti rende follemente interessante...>>
<<Allora professore, se parliamo di qualcosa di natura patologica che non è colore, allora cos'è?>> domando incuriosita.
<<È semplicemente se stessa e c'è chi ha la sottigliezza di comprenderlo e chi invece non capisce nulla e osserva restando in superficie. Tu vuoi che la capisca, allora mostramela...>> ribatte con un sorrisetto divertito che si allarga sempre di più sul suo volto.
<<Oh professore non mi vorrebbe vedere mentre do fuoco a casa sua con un sorriso stampato sul volto mentre parlo con mia sorella maggiore morta!>>
Mi alzo in piedi spazientita, ma il professore mi blocca il polso e mi riposiziona come una bambola sulla sedia.
<<Chi ti dice che in quel momento non sia accanto a te a godermi lo spettacolo con un bicchiere di champagne in mano?>>
<<Lasceresti che bruciassi casa tua?>>
Mi avvoglio e volgo lo sguardo verso di lui che man mano avanza nella mia direzione, poggia un braccio sulla spalliera della mia sedia, mi sento improvvisamente a disagio.
<<Ti lascerei fare qualsiasi cosa tu voglia ma ad un costo, dolce Daphne.>>
Mi accarezza la guancia con il dorso della mano, mentre il suo sguardo sembra volermi penetrare l'anima.
Tentenno prima di porle la domanda che mi attraversa la testa ma la curiosità supera la paura di sapere.
<<Quale costo?>>
<<La tua vita.>>
Mi sollevo dalla sedia frettolosamente e deglutisco nervosamente a vuoto, il professor Hades mi continua fissare con ardore ma lui non desidera me, reclama semplicemente la mia anima e la mia vita, ed io non ne capisco il motivo, perché è così importante? Cosa ho io di diverso da tutte le altre? Potrebbe scegliere qualsiasi altra persona ma ha scelto me.
<<Buona serata Daphne.>> ribatte per poi lasciarmi andare.
Avviso le ragazze che sto andando via, non posso stare ancora, devio le loro domande e decido di andare.
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Il Leviatano
ChickLitEra una fiaba oscura ad un soffio dall'incanto, che sussurrava soavi parole che conducevano lentamente nel suo personale inferno. Per questo tutti lo definivano...il Leviatano.