Capitolo 37

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Ad ognuno il proprio tempo, la propria storia, gli amori e i cuori infranti.

Daphne

<<Io...io desidero...>>
Desidero che tu mi resti accanto, che mi prenda la mano e mi dica che andrà tutto bene, desidero che mi faccia implorare che la notte non finisca e che la luce sia bandita, desidero te e soltanto te nonostante tutta l'oscurità che dimora nella tua anima. Ma ogni parola sembra morirmi in gola e tutto sembra inutile da dire. Se lui mi rifiutasse ancora, io non potrei farcela in questo esatto momento a superare l'ennesimo rifiuto.
<<Desidero che tu vada via.>>
Sul suo volto la piccola lue di speranza che si era accesa sembra spegnersi, i suoi occhi cambiano colore, le pupille si dilatano e sul suo volto compare un sorrisetto diabolico minaccioso. Eppure sarei calata direttamente all'inferno per riavere un suo bacio.
quado con il dorso della mano mi sfiora il collo, il mio respiro diventa affannoso, mi sembra di percepire il cuore in gola, le sensazioni che scaturisce sono un paradosso simili alla paura ma al contempo sembrano condurmi a sfiorare il più sublime dei piaceri.
<<Credi che mi diverta dolce ninfa, credi che la tua risposta mi possa risultare in qualche oscuro modo divertente. Ma tutto ciò che stimola questa tua impertinente subordinazione è eccitazione. Vorrei punirti se potessi, ma mi limito a farti intendere quanto il tuo corpo mi desideri a discapito delle tue parole. L'unica cosa a cui posso credere sono le tue reazioni e quando non ne avrai più solo allora potrò prenderti in parola. Ma fino ad allora non mi toglierai dai tuoi piedi con facilità.>>
Mi sposto sul lettino ospedaliero per tentare di evitare il suo tocco, ma mi afferra il volto a coppa e mi impedisce ogni possibile movimento. Si avvicina sempre di più fino a posarmi un bacio casto sulle labbra, prima di allontanarsi la sua lingua slitta in avanti accarezzandomi le labbra e poi si allontana facendo schioccare le nostre labbra. Avrei voluto che continuasse a cibarsi della mia bocca e che avesse continuato ad assaporare la mia anima con le delicate stoccate della sua lingua. Ma finisco per essere ferma e desiderosa di averne ancora.
Immaginavo che dopo la mia risposta si sarebbe girato sui tacchi e sarebbe andato via, lasciandomi da sola ma non è stato così.
La sua mano scivola dal mio viso lungo il mio collo per poi accarezzarmi con il dorso della mano il solco tra i miei seni, nonostante indossi il camice ospedaliero, mi sembra di essere nuda.
<<Avrei voluto distruggerti...ma mi sembra impossibile renderlo possibile. Quindi mi limito ad accarezzare ciò che resta di quello che potrei ottenere...>>
Posa le labbra poco più sotto del mio orecchio, frappongo una mano fra i nostri corpi, il mio diventa sempre più accaldato. Mi sembra di andare a fuoco.
Gli avrei permesso di cibarsi del mio corpo e di fare a brandelli la mia anima se solo mi avesse concesso un frammento di sé.
<<Raccontami qualcosa di te...>>
Non so per quale folle motivo, gli stia facendo una domanda del genere, è altamente probabile che non mi risponda oppure mi rimproveri per la mia impertinenza.
<<All'inizio non avevo un nome in Congo, mi chiamavano due, perché ero il secondogenito. Non avevo un'identità ne tantomeno venivo considerato una persona. Ero una carcassa di pelle e ossa che tentava di strisciare verso l'ombra. La donna che mi ha dato al mondo mi riteneva un peso, tanto da vendere me e i miei fratelli al capo degli insorti. Un gruppo di uomini che donavano misere quantità di denaro per reclutare giovani soldati. Ed io e i miei fratelli fummo reclutati esattamente per questo motivo. Eravamo stati venduti per poco più di dieci dollari. Siamo stati usati, costretti a compiere atrocità, io più degli altri. Se non volevo che mia sorella fosse venduta dovevo guadagnarmi il premio e il modo per farlo era vendere me stesso. Ma sono stato io stesso il fautore del termine delle loro esistenze.>>
Percepisco la sua solitudine come se fosse la mia, sento un immenso senso di vuoto dentro, non potrò mai capire il suo dolore, non potrò mai capire lui.
Guarda un punto davanti a sé senza mai incrociare il mio sguardo.
Probabilmente siamo destinati al fallimento ma voglio immaginare che non sia così, voglio far finta di non cogliere i dettagli che portano al fallimento di ciò che c'è tra di noi.
<<Non parli più ninfa? Cosa ti aspettavi? Che fossi il figlio di qualche delinquente e avessi avuto un'infanzia ideale, coccolato dai miei genitori e amato da tutti ma non è stato così. Sono stato uno scarto per tanto tempo ma sono finito per dominare il mio universo!>>
<<Non capisco il tuo dolore, ma questo non significa che non possa capirti. Non immaginavo nulla, ma pensavo che la tua vita non fosse mai stata semplice e l'unico che giudica in questo momento sei tu!>>
Mi domanda dove sia stata annidata tutto questo tempo questa mia audacia.
<<Sei un sopravvissuto ma questo non ti rende meno umano...>>
Mi tappa la bocca e sorride con aria divertita.
<<Smettila di parlare ninfa, mi fai girare la testa con i tuoi insensati ragionamenti. Ti ho concesso qualcosa di me. Ora tu cosa mi dai in cambio?>>
<<Sto già condividendo la metà del mio letto, hai già qualcosa.>>
Il suo sguardo si fa sempre più torbido, la sua mano esercita una pressione più forte sul mio addome.
<<Non mi basta, non è ciò che desidero.>>
La sua mano scende sempre più in basso, insinuandosi al di sotto del lenzuolo che mi copre al di sotto della vita. Prima che si insinui tra le mie gambe dischiuse, un medico entra dentro la stanza e Narciso si muove con una certa discrezione per non destare sospetti.
Il dottor. Herman, apprendo il suo nome dalla targhetta, nel taschino ha una penna e uno strano pupazzetto, probabilmente lo avrà messo lì uno dei suoi figli. La pressione lentamente sembra rallentare.
<<La pressione sembra superiore alla norma, si sente bene?>>
Per lui sembra semplice restare in maniera compita mentre un uomo tenta di infilarmi la sua manaccia fra le gambe ma questo lui non lo sa. Per risulta complicato restare tranquilla con la sua mera presenza. Avrei voluto essere una ragazza impassibile, una di quelle che non si fa condizionare dagli uomini, o dagli eventi. Per evitare di sembrare una tardona, rispondo al medico con un cenno del capo. Non dice nulla a Narciso, non gli chiede di spostarsi, ne tantomeno lo guarda ma cerca di mantenere la sua attenzione fissa su di me, per quanto possa risultare difficile dato che accanto a me c'è steso un uomo delle considerevoli dimensioni. Osserva ancora una volta i parametri di cui prende nota, e va via congedandosi con un cenno della testa.
È come se non esistesse, nessuno osa osservarlo o persino farsi sfiorare dal pensiero di poterlo guardare.
L'amore per Narciso è una luce lontana che non si vede alla fine di una lontana strada oscura. L'amore per lui è un allucinazione notturna, un sogno che vorrebbe che non finisse mai. Ma lui fa male e mi distrugge, e non posso andare avanti così.

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