Capitolo 13

1.6K 53 2
                                    

Sorridevo guardandomi attorno, come se stessi guardando un divertente reality senza accorgermene che era la mia vita.

1 settembre 2006

Daphne

C'è una parte remota, dentro di lui, che desidera che io ceda, ma non solo per un mero appagamento ma per qualcosa di più profondo, che lui stesso non accetta ancora ed io non sono pronta a scoprire.
<<C'è di più non è vero? Potresti avere chiunque schioccando le dita, eppure ti ostini a tentare di ottenere me.>>
Avanzo nella sua direzione, come se una nuova consapevolezza abbia preso vita dentro di me.
<<Sei solo un desiderio pressante che voglio appagare. Non c'è nulla di profondo, non ci sono sentimenti.>>
Ribatte afferrandomi il mento e avanzando nella mia direzione facendomi indietreggiare fino a colpire il letto con il retro delle ginocchia. La sua espressione prima carica di erotismo diventa innervosita, adirata.
<<Neghi ciò che sentì per evitare di sentire tutto il resto.>>
La pressione sulle mie guance aumenta sempre di più, le dita sprofondano nella pelle formando dei solchi, la pelle morbida delle mie guance si scontra contro i denti e il dolore fisico sostituisce quello emotivo. Quel dolore che agogno quasi come quando mi pizzico oppure mi tiro l'elasticità sui polsi, c'è una spinta masochista che mi induce a continuare a provocarlo, perché questo dolore non è nulla rispetto a tutto il resto.
<<Tu non mi conosci e non puoi capire! Sei solo una bambina viziata, che ha perso tutto ma non sa cosa significa non aver mai avuto qualcosa!>>
Mi spintona malamente lontano da sé facendo ribalzare il mio corpo sul materasso. La pelle delle mie guance fa male.
Mi sento una bambola che tenta in tutti i modi di usare per poter raggiungere i suoi sporchi obbiettivi.
<<Non mi avrai mai!>>
Gli urlo contro con tutto il coraggio che abita dentro di me.
<<Ti ho già, devi solo accettarlo, ninfa!>>
Entra dentro il bagno e lascia la porta dischiusa, si disfa della maglietta, e contempla la sua figura per qualche secondo.
<<Quando mi guardi cosa pensi?>>
Solleva lo sguardo dal lavandino e soppesa il mio qualche secondo, le labbra si increspano, le pupille si dilatano e le mani ai lati del lavandino in marmo si stringono intorno facendo emergere le vene in rilievo.
<<Vuoi saperlo davvero ragazzina?>>
Si morde il labbro inferiore, una voce simile al ronzio di un ape, mi sussurra di non dargli ascolto.
<<Si?>>
Più che un affermazione sembra una domanda.
<<Ti immagino distesa sul letto, prona, mentre gattoni nella mia direzione, con un dildo anale con una coda dietro che ti penzola! E soprattutto ti immagino con la bocca impegnata dal mio...>>
Al limite dell'imbarazzo fuggo via e gli chiudo la porta in faccia facendolo ridere rumorosamente. Ha una risata roca, persino quella risulta sexy.
Ma lui non si da per vinta, apre la porta ed esce fuori con un sguardo divertito, inorgoglito dall'effetto sortito.
<<Vuoi che continui?>>
Inarca un sopracciglio e sorride, pronto a proseguire il suo perverso racconto che per me assume la forma di una sottospecie di film horror sadomaso.
<<No, mi é bastata la coda...>>
Mormoro massaggiandomi una natica spaventata da ciò che potrebbe farmi e quanto potrebbe farmi male.
<<Credi che ciò che ambisca sia la tua sofferenza?>>
Si avvicina con un passo lento e studiato.
<<Ambisci alla mia sofferenza e al tuo piacere, come un vero masochista. Ti crogioli del dolore, te ne compiaci. Questo lato di te, mi spaventa da morire!>>
Il fatto di essere così esposta in sua presenza soprattutto dopo essere entrata a conoscenza dei suoi desideri, mi spaventa maggiormente.
Sono come un coniglietto in trappola che non trova la porta di fuga dalla casa del lupo.
<<Sei convinta che ciò che vorrei proporti sia mera sofferenza e non piacere...anche per...te ragazzina?>>
Non sono mai entrata a contatto con questo lato della vita, ne tantomeno con la sessualità, lui invece sembra molto più esperto. Oltre ad avere molti più anni di me, lo anticipa anche l'esperienza. Ed io sono sprovvista di entrambe, così come sono sprovvista momentaneamente di audacia. Con Bruce mi riesce il ruolo della femme fatale, con lui invece divento una bambina impacciata.
Mi osserva dalla testa ai piedi, si spalleggia allo stipite della porta e incrocia le caviglie davanti a sé.
<<Sei troppo giovane per tutto questo...>>
Scuote la testa come se scacciasse via ogni suo desiderio. Apre la porta che prima era chiusa a chiave, gira la maniglia e la apre. Con una mano mi indica l'uscita. <<Sei libera ninfa...>>
Libera? Sono davvero libera? Voglio che davvero mi liberi.
<<Sono in catene dal momento stesso in cui ho deciso di esistere e che tu contamini la mia esistenza, questo non cambierà tutto il resto!>>
Diniega con il capo e mostra un sorriso forzato, si porta le mani fra i capelli e li tira con una tale forza che ho quasi paura che li stacchi.
<<Tu non vuoi capire! Devi starmi lontano, altrimenti ti userò e finirò per annientarti!>>
Urla con rabbia per poi sbattere due pugni contro il muro esattamente al lato della mia testa.
<<Non posso andarmene se sono senza vestiti! Razza di idiota!>>
Gli urlo contro a mia volta, mi osserva un attimo stranito dalla testa ai piedi. Sbruffa come un toro inferocito ed esce dalla stanza facendo sbattere la porta con una tale forza che la maniglia cade a terra e rotola fino al punto in cui sono ferma. Parte della pittura della parete crolla sul pavimento, sollevando polvere.
Setaccio la stanza alla ricerca di vestiti, intravedo una camicia e decido di indossarla, così come dei pantaloncini da basket elasticizzati, potrei stringerli. L'unica cosa di mio che riesco a trovare, sono le mie scarpette che sono in direzione della sua cabina armadio. Me le infilo frettolosamente e con lo sguardo cerco una via d'uscita alternativa che mi faccia passare inosservata ai due pazzi che mi detengono qui dentro, sottomessa ai loro sbalzi emotivi.
Esco sul balcone e noto che è comunicate con un'altra stanza dove la finestra é aperta in cui decido di entrare senza tergiversare troppo. La stanza é vuota e decido di procedere. Nella stanza ci sono alcune riviste in cui sono racchiusi gli articoli che parlano di alcuni degli ultimi attentati avvenuti nelle varie città. Sono appesi e messi in bella vista, esibiti allo sguardo di un eventuale visitatore. Le ombre e il loro capo colpiscono ancora. Lui a capo dei nostri che tentano di distruggere la città ed io l'ennesima opera che sarà soggetta alla rovina.
Dovrei fuggire...

Il LeviatanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora