Capitolo 12

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Ero appena uscita dalla sala autoptica. Avevo terminato in quel momento un difficile esame, avevo giusto bisogno di una pausa caffè e di rilassarmi. Uscita dalla sala, vidi dall’altra parte del lungo corridoio una ragazza con i capelli biondi correre verso di me, con un sorriso stampato in volto. Era Nila.
<<Hande! Sono riuscita a farmi dare le ferie in contemporanea alle tue e indovina un po'? Cadono nella settimana dell’Aurora Boreale! Se saremo abbastanza fortunate riusciremo a vederla!>> Cosa poteva esserci di meglio? La abbracciai composta, esultando solo dentro di me, nonostante fossi al settimo cielo. Quando ero sul luogo di lavoro mantenevo sempre la massima professionalità, ero imperturbabile, non importava se mi stessero arrivando buone o cattive notizie.
 
 
Ero sempre stata una grande sportiva. Vice-campionessa nazionale di ginnastica ritmica nel 2005, giocatrice di pallavolo in serie C nel 2011, pugile amatoriale nel 2021. Amavo anche fare lunghe passeggiate e lunghi trekking nei periodi di ferie o nei week-end liberi, ma molto spesso non riuscivo a trovare qualcuno con cui condividere queste mie passioni. Ovviamente, nemmeno a dirlo, Vince era quel tipo di persona che facendo il tragitto divano-frigorifero si svegliava la mattina dopo con l’acido lattico alle gambe, figuriamoci a fare un trekking e camminare per ore in condizioni proibitive. Ero amante di tutto ciò che era estremo e mi faceva sentire viva, e il trekking era un modo per riconnettermi con la natura e scordarmi dei problemi. Gli unici momenti dove ero veramente felice erano quei momenti in cui stavo a contatto con la natura, nei boschi, al mare, in montagna. Tornavo selvaggia. Avevo bisogno di questo ossigeno ogni tanto, ma non mi ero mai sbilanciata ad uscire oltre la Turchia. Ma Nila che, ad onor del vero, era una pessima sportiva, aveva deciso di accompagnarmi in un viaggio che sognavo da tantissimo tempo, nonostante non avesse il fisico per reggere al meglio un impegno del genere: il trekking del Kungsleden. Un viaggio in Svezia durante la settimana dell’Aurora Boreale, in mezzo alla neve, alle renne e ai fiumi gelati. Può sembrare insensato, folle, quasi stupido, ma in realtà questa era la cosa che mi faceva sentire più viva in assoluto.
Partimmo la domenica successiva, lasciammo Ece a casa di mia sorella Sanem, dove vivevano anche i miei genitori. Ece avrebbe voluto tanto venire con noi ma era impossibile, qualcosa di troppo estremo per lei. Arrivammo in Lapponia ad Abisko alle nove del mattino. Avremmo percorso solo una parte di tutto il Kungsleden - ovvero il trekking completo attraverso il Circolo Polare Artico - però ne sarebbe valsa la pena. Nila non avrebbe potuto reggere il ritmo di trentacinque, quaranta chilometri al giorno necessari per terminare il trekking in un tempo decente, e in più anche mantenendo questi ritmi – il massimo che io stessa ero riuscita a raggiungere – non saremmo riuscite a completare il percorso, lungo complessivamente quattrocentoquaranta chilometri, in una settimana. Avremmo dovuto mantenere un ritmo di sessantadue chilometri al giorno, impossibile. Partimmo da Abisko cariche, consapevoli che quel viaggio non avrebbe avuto una fine, ma che semplicemente saremmo arrivate dove ci avrebbe portato il cuore e… Le gambe. Il sentiero in mezzo alla steppa era ben tracciato da una passerella in legno, sulla quale camminavamo per evitare di affossare i piedi nel terreno. I paesaggi erano qualcosa di marziano. Una terra rosso fuoco, che andava in contrasto con un cielo azzurro turchese e dei piccoli sprazzi di neve bianchissima qua e là. Un tripudio di colori vividi, di natura selvaggia, di deserto. Non c’era nulla, assolutamente nulla per decine di chilometri, e i pochi paesini sul percorso erano praticamente delle cittadine fantasma. Avevamo scelto di partire a fine settembre per avere qualche possibilità di assistere all’Aurora Boreale, ma in questo periodo i climi iniziano a cambiare e compiere l’impresa diventa difficile, in più gran parte delle attività nelle cittadine chiudevano in vista dell’inverno. In pratica, in Lapponia c’eravamo solo io, Nila e centinaia di renne.
La prima notte decidemmo di accamparci vicino ad un fiume.
E quale migliore idea di farsi un bagno al tramonto in un fiume svedese a -4 gradi? Ci spogliammo completamente e immergemmo i piedi nell’acqua gelida.
<<Cazzo, cazzo, cazzo! Che pessima idea Hande, sei sempre tu!>> Si lamentava Nila, mentre io ridacchiavo e mi lamentavo a mia volta per il freddo, imprecando.
<<Sei sempre tu con queste tue manie con l’acqua… Il bagno di notte, il bagno al tramonto, il bagno con la pioggia… Non credi che potevamo risparmiarci il bagno a meno quattro gradi?>> Risi di gusto. Penso che in quel momento Nila si sia pentita milioni di volte di avermi seguita in questo folle viaggio.
Nell’acqua riuscimmo a stare si e no tre secondi scarsi. Uscimmo subito e ci riparammo all’interno di un piccolo rifugio in cui avevamo deciso di  trascorrere la notte. In realtà, quella era una serata bellissima, non valeva la pena sprecare uno degli ultimi giorni di buon tempo che ci restavano per dormire al coperto. Cosa eravamo venute a fare fin lì allora? Così, convinsi Nila a dormire in tenda con la scusa di vedere l’Aurora. Montammo la tenda ed entrammo nei sacchi a pelo, dato che iniziava a fare veramente tanto freddo. Io avevo sempre mal sopportato temperature troppo basse, ma ero così carica di adrenalina che quasi non sentivo il gelo intorno a me. Accendemmo una sigaretta per riscaldarci un po' e ce la dividemmo. Guardavamo il cielo in attesa dell’Aurora dal piccolo scorcio che la tenda ci faceva intravedere. In quel momento, al buio, nel silenzio immenso della natura, Nila avanzò una di quelle domande capaci di far tremare la terra sotto i miei piedi. Lei era qualcosa di sovrumano: nessuno riusciva a mettermi in difficoltà come faceva lei, era capace in un solo secondo di buttare giù anni di barriere e complessi, distruggendo tutte le mie certezze. Lei sapeva dove mirare, e aveva fatto centro.
<<Allora…>> Esordì, facendo un tiro dalla sigaretta e passandomela. <<Hande Demir fidanzata da un anno… L’anniversario è alle porte, non sembri nemmeno tu…>> Ridacchiai.
<<Eh già… Tutti cambiano.>>
<<Da quando stai con lui sembri più spenta, quasi come se fossi in una sorta di trance.>>
<<Impressione tua.>> Tentai di tagliare corto. Mi stava mettendo spalle a muro, sapevo già dove voleva andare a parare.
<<Non mi sembra proprio, me lo ha detto anche Ece che Mami Hande non è più la stessa.>>
<<Vince è un bravissimo ragazzo, non ha fatto nulla di male.>>
<<Oh, no, per carità, non sto dicendo questo. Lui è davvero carino e sembra tenerci a te. Dico solo che… Forse non è il ragazzo giusto?>>
<<Nila, è stato un periodo stressante a lavoro, lo sai, se mi vedi più spenta del solito è per questo.>>
<<Eppure la mattina al lavoro sei sempre bella pimpante e allegra, adori quello che fai. Poi torni a casa con noi e sei felice. Poi vai da Vince e torni cupa, aggressiva, scontrosa. Sei pensierosa. A volte ti trovo seduta da qualche parte immobile a fissare il vuoto, immersa nei tuoi pensieri. Sembri su un altro pianeta. E’ come se tu con Vince non ci volessi stare.>>
<<Io sono affezionata a Vince…>>
<<Ah, hai detto affezionata, non innamorata. Cazzo stai per festeggiare il primo anniversario della prima relazione seria della tua vita! Dovresti essere innamorata pazza, al settimo cielo, dovresti essere alla disperata ricerca di un regalo sontuoso da fargli e invece sei qua con me, in mezzo alla Lapponia.>>
<<Non è da me fare le cose in pompa magna. Non significa nulla il fatto che io non abbia un regalo o che sia qui con te. Io sono una donna libera che lavora, ha una vita e degli interessi al di fuori della sua relazione, non sono come tutte quelle ragazze che ci sono là fuori che si annullano per i loro fidanzati e abbandonano amici e hobby per inseguire i loro uomini.>>
<<Non è nemmeno da Hande avere una relazione stabile, se è per questo.>>
Rimasi in silenzio. Voleva proprio cacciarmi fuori di bocca quelle parole.                            <<Dimmi la verità.>> Mi chiese. Sospirai e feci un tiro con la sigaretta.
<<Io non sono innamorata di Vince.>> Mi fermai per qualche secondo, lei mi guardò soddisfatta, poi, continuai: <<Non sono mai stata innamorata di Vince. O, perlomeno, c’è stato un momento all’inizio in cui ho provato qualcosa per lui, ma era semplice affetto. La verità è che nessun uomo mi aveva mai trattata come ha fatto lui. Lui è gentile con me, mi rispetta e non vuole solo sesso. Mi sono guardata intorno, a ventisei anni e ho visto tutte le mie colleghe coetanee sposarsi, fare figli e avere una vita stabile. Poi mi sono guardata e mi sono chiesta: per quanto ancora farò una vita da libertina, cambiando uomo ogni tre mesi senza gettare basi per il mio futuro? Vince mi è sembrata la scelta più comoda, mi è sembrata una persona adatta con cui trascorrere il resto della mia vita. Lui però non mi attrae del tutto e a volte nemmeno lo tollero. Il mio carattere e la mia personalità sono troppo ingombranti e lui quasi scompare dietro di me, è come se fosse la mia ombra. Per questo non voglio andare a convivere con lui, e lui sembra indifferente di fronte a questo. Insomma, chiunque a venticinque anni avrebbe voglia di andare a convivere con la propria fidanzata, e abbiamo anche i mezzi economici per farlo, fra l’altro, ma lui non sembra avere questa necessità. Io non voglio fare questo passo semplicemente perché con te ed Ece ho trovato la mia dimensione e la mia felicità, mi sembra troppo presto per abbandonarvi e andarmene, ho bisogno del vostro calore.>> Feci un altro tiro e sospirai. Era difficile esternare quelle emozioni che mi logoravano da così tanto tempo. <<Lui mi dà sempre ragione, a prescindere, non dialoga con me, non è disposto a seguirmi e a sostenermi nelle mie follie, non si ingelosisce se altri uomini mi guardano. Non ha mai da obiettare, non si arrabbia mai. Per carità, sono caratteristiche lodevoli, però… Io ho anche bisogno di sapere cosa pensa il mio uomo di me e della nostra relazione, impossibile che gli vada sempre tutto bene. Ecco perché mi vedi spenta: la relazione assorbe tutte le mie energie positive, mi sento intrappolata. Sei ci pensi, è buffo. Io, Hande Demir, così forte e coraggiosa, ho fatto la scelta più comoda, anziché seguire per davvero il mio cuore.>>
<<E cosa ti dice il tuo cuore?>>
<<Qualcosa di irrealizzabile.>>
<<Niente è irrealizzabile nella vita, se lo vuoi. Mi sembra che tu stia sprecando tempo, eppure sappiamo entrambe quanto il tempo sia importante. Si vive una volta sola.>>
<<Si vive una volta sola.>> Ripetei.
<<Hai il coraggio di farti a piedi centocinquanta chilometri di Kungleden in Lapponia e hai paura di confessare il tuo amore?>> Avevo gli occhi lucidi, ma non volevo piangere. Non sapevo cosa risponderle, avevo troppa paura di affrontare la realtà, non ero ancora pronta. A salvarmi, come una manna dal cielo, arrivò l’Aurora. E mentre quella domanda fluttuava su di noi in attesa di risposta, spostai l’attenzione su quello che stavamo aspettando.
<<Nila! L’Aurora!>> Esclamai, uscendo dalla tenda. Lei mi seguì, e insieme assistemmo ad uno spettacolo senza precedenti: l’Aurora Boreale. In cielo, un fascio di luce verde e viola danzava, immenso, in mezzo ad un fiume di stelle sulle nostre teste. Alzammo gli occhi al cielo. Allargai le braccia e mi misi a ridere. La vita era un dono così prezioso, e la natura era così meravigliosa. Avevamo una sola vita e non ci era concesso sprecarla. In quel momento, guardando l’Aurora ed evitando Nila, mi sentii come se la mia vita fosse ben spesa per certi versi, e sprecando per altri. Stavo vedendo uno spettacolo che in pochissimi hanno ammirato, ma stavo affossando una conversazione che avrebbe potuto dare una svolta alla mia intera esistenza.
E, ancora una volta, feci la scelta più comoda e non quella più giusta.

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