Capitolo 14

44 2 0
                                    

Era il 31 ottobre 2021. Era la notte di Halloween ed era passato poco più di un mese dal Kungsleden, ed io e Nila non avevamo più ripreso i discorsi fatti in viaggio. Eravamo riuscite a completare 150 chilometri di percorso ed eravamo tornate a casa da Ece stanche ma soddisfatte. Avevamo ripreso la nostra vita normalmente, ignorando le cose che ci eravamo dette – o meglio, che non ci eravamo dette.
I colleghi dell'ospedale avevano organizzato una festa a tema Halloween quella sera, e tutti coloro che lavoravano all’ospedale erano stati invitati. Io e Nila ci eravamo travestite da diavolo e da angelo: due figure opposte, che rappresentavano a pieno i nostri caratteri: io ero il diavolo e Nila l’angelo. Indossavo un top di pizzo rosso fuoco, una minigonna di pelle, delle décolleté rosse, delle calze a rete e un paio di corna rosse in testa. Avevo tenuto i capelli castani al naturale, ricci, come raramente li lasciavo. Nila invece indossava un vestitino morbido bianco, delle décolleté bianche e un paio di ali bianche sulla schiena, con un’aureola dorata. Aveva lasciato i capelli biondi lisci. Eravamo perfettamente opposte e perfettamente uguali. Alla festa, c’erano proprio tutti: medici, infermieri, addetti alle pulizie, guardie. C’erano alcolici e fumo a volontà, e ovviamente sia io che Nila ci tenemmo ben lontane da quest’ultimo, e anche da cose ben peggiori. La musica suonava a palla all’interno della sala, e sembrava che le mura fossero fatte di tela, perché tutti i suoni rimbombavano accentuando ancora di più il rumore. Una sfera stroboscopica pendeva dal soffitto, colorando il buio con mille luci psichedeliche. La gente ballava e cantava ubriaca, affollando la pista. Facoltosi primari che appena qualche ora prima camminavano indaffarati fra le corsie, con quell’aria tutta professionale ed integra tipica del loro ruolo, adesso affollavano la pista, fatti, ubriachi se non perfino drogati. Quello non era decisamente il nostro tipo di festa, ma c’era tutto l’ospedale, perciò… Avevamo deciso di andare. Quella sera, a quella festa, c’era anche un ragazzo: si chiamava Claudius. Era una guardia e si occupava della sicurezza dell’ospedale. Lo vedevo ogni mattina da circa un anno, perché lavorava all’entrata del mio ingresso e la sua funzione era quella di scannerizzare i badge dello staff. Scannerizzando il badge, si segnava automaticamente la nostra presenza al lavoro in quel determinato giorno e il nostro orario di ingresso. Era un volto noto quindi, e conoscevo il suo nome perché lo vedevo ogni mattina scritto sulla sua targhetta, che portava nella giacca della divisa. Io e lui non avevamo mai parlato, si era sempre limitato a svolgere il suo lavoro senza azzardare mai ad un accenno di conversazione, anzi sembrava un tipo silenzioso e a tratti perfino svogliato. Mi dava l’impressione di uno senza voglia di vivere, totalmente saturo del suo lavoro e che si alzava la mattina giusto per guadagnarsi la pagnotta. Io e Nila avevamo due ingressi diversi e perfino orari diversi, quindi non capitava mai che entrassimo al lavoro insieme. Una mattina, però il destino aveva deciso di mettermi ulteriormente in difficoltà, come se i miei tormenti non fossero già abbastanza. Quel giorno, senza un apparente motivo, il mio badge aveva smesso di funzionare. Claudius aveva tentato di scannerizzarlo più volte, ma nessuna di queste era andata a buon fine. Non riuscivo a capire quale fosse il problema, non era successo mai nulla di strano che avesse potuto giustificare questo malfunzionamento. Era talmente bizzarro che perfino Claudius, che scannerizzava centinaia di badge al giorno, non aveva mai visto una cosa del genere. Era come se il destino volesse prendersi gioco di me. A quel punto, Claudius mi propose una soluzione al problema, portandomi nel suo piccolo ufficio per sostituire momentaneamente il mio badge con uno nuovo, nell’attesa di far aggiustare quello originale. Lì, volenti o nolenti, iniziammo a conversare. Claudius mi stupì: fino ad allora, non l’avevo mai guardato attentamente, ero sempre passata davanti a lui senza degnarlo di uno sguardo più scrupoloso, e mi accorsi che era davvero un bel ragazzo: era di media statura, aveva i capelli ricci neri, le lentiggini e le labbra carnose, aveva un po' di pancetta, ma risultava comunque armoniosa rispetto alla sua figura comunque robusta e ben strutturata. Era davvero un bel tipetto, e aveva uno sguardo profondo e accattivante. Fisicamente mi colpì molto, mentre per quanto riguarda la conversazione che intrattenemmo, non fu nulla di entusiasmante, anzi, mi confermò che la sua aria svogliata non era solo un’impressione, ma era proprio la realtà. Da quel giorno, io e Claudius iniziammo a chiacchierare all’ingresso, tutte le mattine, in maniera apparentemente disinteressata per gli sguardi meno attenti, ma quelle innocenti conversazioni nascondevano in realtà il desiderio nascosto che era nato in noi dopo quel primo incontro ravvicinato. Io ero fidanzata e ovviamente lo respinsi nel modo più assoluto, ma devo ammettere che nella mia testa si era insinuato il desiderio di stare con lui e l’attrazione che sentivo nei suoi confronti diventava sempre più difficile da sopprimere. Quella sera, mi ubriacai parecchio, e sperai di non incontrarlo. Ma ovviamente, in mezzo a centinaia di persone, i nostri sguardi si incrociarono nella pista da ballo, e rimanemmo a fissarci per qualche secondo. Come era prevedibile, si avvicinò.
<<Buonasera. Piacere, Claudius.>> Disse, stringendo la mano a Nila, e lei si presentò a sua volta. <<Ti stai divertendo, Dottoressa?>> Chiese, rivolgendosi a me.
<<Buonasera Claudius. Molto, fino a qualche secondo fa.>>
<<La mia presenza ti infastidisce?>>
<<Oltremodo, Claudius.>> Dissi, in modo scherzoso. Ovviamente la sua presenza non mi infastidiva, ma in qualche modo mi turbava. Si rivolse a Nila, continuando:
<<Sai Nila, devi sapere che la Dottoressa Hande ed io abbiamo stretto molto nell’ultimo periodo. Non hai portato il tuo fidanzato, stasera?>> Mi chiese. Lei mi guardava sconvolta. Non le avevo minimamente accennato della mia recente amicizia con Claudius, eppure lei capì subito quello che stava succedendo. Mi strinse il braccio, come a farmi capire che si era accorta di tutto.
<<Ah si? La mia amica non mi aveva parlato di te.>> Disse, stringendo fortissimo la presa.
<<Eh già, me ne sarò dimenticata, Nila. No, comunque stasera il mio ragazzo non è potuto venire.>>
<<Che peccato. Come mai?>>
<<Lavoro.>> Tagliai corto. Nila sbarrò gli occhi. Sapeva perfettamente che Vince era disoccupato e che nemmeno era stato invitato a questa serata, anzi, nemmeno sapeva dove fossimo.
<<Beh, se per te non è un problema Nila, ne approfitterei per rubarti un attimo la tua amica, giusto per offrirle un drink>> Nila, un po' restia, accettò e la lasciai sola.
Claudius mi portò al bancone del bar e mi offrì una quantità sproporzionata di alcol. Io lo reggevo piuttosto bene, ma avevo già bevuto molto prima e aggiungere altro alcol non giovava di certo. All’ottavo drink della serata, iniziai a diventare seriamente brilla. Claudius fece qualche avance, ma prima che potessi crollare in tentazione, arrivò Nila a salvarmi. Mi trascinò in bagno con una scusa, mi gettò a terra e mi buttò con furia dell’acqua sul viso, sciogliendomi il trucco.
<<Ehi Nila che ti prende?>>
<<Che mi prende? Ma chi è questo? Che cosa vuole da te?>>
<<Mi sembra chiaro che cosa vuole da me>> Dissi, con voce stridula e tremolante, classica di chi è brillo.
<<Mio dio Hande! Sei fidanzata.>>
<<Te l’ho già detto che non amo Vince… E poi… Come puoi credere che lo tradirei? Non lo farò.>>
<<Ti prego Hande, stai giocando con i sentimenti di una persona.>>
<<Giocando con i sentimenti di una persona? Tu credi veramente che lui sia innamorato di me? E’ Halloween, non sa nemmeno dove sono e non ci sentiamo da giorni… Non pensi che mi avrebbe già chiamata? Chissà dov’è in questo momento, sicuro con qualche suo amico a bighellonare in giro per la città senza meta.>>
<<Non significa niente. Allora quella discussione che abbiamo avuto in Kungsleden a cosa è servita? Pensavo che perlomeno ti saresti fatta un esame di coscienza.>>
<<L’esame di coscienza l’ho già fatto tempo fa. E le risposte che mi ha dato non mi sono piaciute per niente.>>
<<A volte bisogna affrontare la realtà, per quanto non ci piaccia. Questa non sei tu. Il medico legale fiero di sé che ho conosciuto anni fa non si sarebbe mai ridotto così, ubriaca, sul lurido pavimento di un bagno, con quel viscido che ci prova e un fidanzato a casa che nemmeno ami. Questa non sei tu Hande.>>
<<Ma per favore, Nilufer: non farmi proprio tu la predica.>> Dissi, alzandomi. <<E’ colpa tua se sono finita così.>> Uscii dalla stanza, lasciandola sola in bagno. Apparentemente, era insensato incolpare la mia migliore amica del mio dolore, ma di lì a poco anche lei, che rimase sconvolta, avrebbe capito tutto, e le mie parole avrebbero avuto un senso.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 04, 2022 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Fra le pieghe dell'odio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora