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L'aria era diventata palesemente più fredda quando ci ritrovammo per strada per tornare in albergo.

Lanciai uno sguardo verso l'uomo che mi camminava di fianco e lo guardai perplessa. «Non hai freddo?» Gli chiesi, mentre mi stringevo il cappotto in vita e sollevavo il bavero.

«No. Sono cresciuto in un clima umidissimo e ti posso assicurare che quando è così è peggio.»

Scossi la testa contrariata: ovunque mi trovassi, che fosse nella mia città natia, a Londra o ovunque, quando faceva freddo avevo freddo. Punto. «Non dovresti comunque andartene in giro così leggero, rischi di ammalarti» gli risposi infine. Mi chiesi subito perché avessi scelto di dirgli quelle parole, Callum era un uomo fatto e finito e di certo non aveva bisogno di sentirsi riprendere da una sconosciuta per il modo in cui preferiva andare vestito in giro. Se diceva che fosse abituato a quel tempo chi ero io per metterlo in dubbio, ma soprattutto perché mi interessava se poi si fosse ammalato? Vidi, con la coda dell'occhio, il suo viso scattare nella mia direzione probabilmente colpito dalle mie parole, ma scelsi di non ricambiare il suo sguardo col mio, confuso e incerto, ed affondai la punta del naso, che sentivo gelida, nel bavero del cappotto immaginando l'aspetto paonazzo che di sicuro doveva aver assunto per il freddo.

Arrivati in albergo, ad attenderci all'uscita, trovammo Mahmud e Jasmine, quest'ultima con le dita alla bocca intenta a mangiucchiarsi le cuticole per il nervoso, a linciarci con sguardi critici ed arrabbiati. Callum, senza scomporsi minimamente, quietò le lamentele del direttore creativo con una sola frase secca e rassicurò Jasmine di essere, da quel momento, a sua completa disposizione. Nel frattempo, continuava a tenere appoggiato sulle mie spalle il suo braccio, gesto che aveva compiuto nel momento in cui aveva percepito l'animosità degli altri due, come per difendermi dalle occhiatacce della ragazza e dalla mancanza di professionalità che Mahmud voleva sbattermi in faccia, ma che l'espressione di Callum e il suo atteggiamento protettivo gli impedirono di fare. Stavamo ritardando gli impegni prefissati sulla scaletta, ma il tempo con Callum sembrava lato e scivolava via delicato e abbacinante come una candida nuvola nel cielo. Arrivati al nostro piano, ci incamminammo per raggiungere la sua camera con Jasmine alle calcagna.

»Resti con noi?» Mi chiese.

Sembrava non volesse separarsi ancora da me. Scossi impercettibilmente la testa per allontanare quell'infantile pensiero dalla mente.

«Credo, invece, che dovresti tornare nella tua camera» rispose Jasmine, stroncando sul nascere la mia risposta affermativa. Nonostante sapessi che stavo sbagliando ad essere così impulsiva, dentro di me sentivo il bisogno di lasciarmi trasportare da lui e questo iniziava a preoccuparmi seriamente. «Prima, quando siamo venuti a cercarti per chiederti se avessi visto Callum, siamo riusciti a sentire il tuo cellulare squillare insistentemente e per lungo tempo dalla tua camera.»

Aggrottai le sopracciglia pensierosa. L'unica persona tanto pressante e ossessiva, capace di tartassarmi per minuti interminabili al telefono- una volta era accaduto che l'avesse fatto per trenta minuti senza interruzioni-, poteva essere soltanto August e sarebbe stato meglio accertarmene e richiamarlo prima che si decidesse ad andare agli Scotland Yard per denunciare la mia mancata risposta alle sue chiamate,- altra cosa già successa.

«Sarà meglio vada a controllare chi era. Ci vediamo più tardi» risposi e deviai i miei passi per rientrare nella mia camera.

Con August, alla fine, non avevo più parlato, anche se dalle sei chiamate perse che avevo trovato sul cellulare avevo appurato che fosse stato effettivamente lui a cercarmi. Gli impegni a lavoro dovevano averlo, ad un certo punto, risucchiato e fatto desistere dal chiamarmi ancora, non prima però di confidare alla nostra amica in comune le sue preoccupazioni. Appena entrata in camera, il cellulare aveva iniziato a suonare e al telefono mi ero ritrovata una Olly preoccupata e sollevata quando avevo finalmente risposto. Avevo sollevato gli occhi al cielo indispettita dall'esagerata tragicità con cui spesso si comportavano i miei amici, ma li adoravo incondizionatamente e accettavo anche le loro stranezze malgrado l'esasperazione che mi provocavano. Parlammo per un po' aggiornandoci e, prima che riagganciasse per tornare a lavorare, mi raccomandai di avvertire August perché smettesse di chiamarmi come un indemoniato al telefono. Ero viva e stavo bene. Quando riagganciai mi resi conto che era mezzogiorno passato, e che in effetti avevamo chiacchierato per parecchio tempo, allora mi adoperai per un pranzo veloce e poco calorico che mi avvidi a finire in tempo per le tredici, ora in cui vennero a bussare alla mia porta. Era Jasmine che mi informava che erano pronti per il prossimo shooting e che Callum mi aspettava per indossare il prossimo abito.

Come ti vesto per San ValentinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora