Capitolo 1

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Le "giornate no": quando ti svegli la mattina e sai già che qualcosa andrà storto, ecco, oggi è una di quelle giornate.

Avrei dovuto sospettarlo stamattina quando non ho sentito la sveglia e sono arrivata con un'ora di ritardo a lavoro. Avrei dovuto sospettarlo quando, quindici minuti fa, Luke mi ha chiesto di seguirlo sul retro del fast-food in cui lavoriamo perché, usando parole sue, «Dobbiamo parlare.»

Pochissime cose spaventano davvero le persone: la morte, l'ignoto e la frase "Dobbiamo parlare". Spero marcisca all'inferno chiunque sia stato il primo a creare questa geniale combinazione di parole.

«Mi sposo, Liberty.»

Il fumo della sigaretta che avevo in bocca mi va di traverso, tossisco violentemente e per fortuna non c'è nessuno ad assistere alla pessima scena, il retro del fast-food non è molto trafficato se non la mattina quando passa il camion della spazzatura. A quanto pare oggi non sono stata l'unica a non avere sentito la sveglia, resti di cibo, cartacce e un lieve odore nauseabondo fanno da sfondo alla notizia più assurda di sempre.

«Scusa, cosa?» domando incredula una volta ripresami dall'attacco di tosse.

«Con Kim, è una cosa seria, ieri mi ha presentato i suoi genitori e sai, suo padre è uno dei pezzi grossi della Dawne Industries, mi ha promesso un posto in ufficio e io non vedo l'ora di lasciare questo buco di merda.» ovvia allusione al posto alle nostre spalle, credo. Ho staccato il cervello appena sentita la frase "mi ha presentato i suoi genitori".

Mea culpa, sapevo che Luke avesse una fidanzata ma sono stata la classica cretina da due soldi che crede alla favoletta del "Lascio la mia fidanzata per stare con te, tranquilla." Due anni. Ho aspettato due anni per ottenere il due di picche più grosso di sempre.

Vorrei dire qualcosa ma è come se avessi dimenticato tutte le parole imparate fino a oggi.

«Kim mi piace però detto tra noi la sposo perché...Beh, dovresti vedere la loro villa! Una reggia! A letto è un pezzo di legno ma ehi, pazienza, no? Possiamo continuare a divertirci e spassarcela, se ti va.»

Ho sentito troppo. Forse la mia bocca non riesce a muoversi ma i piedi sì, non credo di potere sopportare oltre.

Torno dentro al fast-food dove l'odore di fritto misto a carne mi da la nausea ancor più della spazzatura sul retro, ho voglia di piangere e se potessi mi prenderei a schiaffi per essere stata così stupida, ma non lo farò qui, non darò a nessuno la soddisfazione di vedermi debole.

Volo dentro la stanza del direttore, uno sgabuzzino di due metri per tre in cui lui entra a malapena, lancio il grembiule sopra la scrivania, credo di avergli detto che per oggi ho finito, credo che lui mi abbia minacciata di licenziamento, credo che una delle mie colleghe mi abbia pregata di restare. Credo, perché non sento nulla, rinchiusa in una bolla ovattata in cui ci siamo soltanto io, la mia rabbia e il mio disgusto verso una persona che credevo di conoscere.

La sposa per soldi. Credevo che Luke avesse dei valori leggermente più alti. Okay il tradimento di cui sono stata complice – che col senno di poi non è affatto okay – ma questo è veramente troppo. Sta con me perché mi ama o perché ce la spassiamo sotto le lenzuola? Beh, a questo punto credo che la risposta sia palese.

Torno nell'auto parcheggiata nella zona riservata ai dipendenti e mi chiudo dentro. In tutti i film o romanzi d'amore questo è il momento in cui l'uomo raggiunge la donna per chiederle scusa o implorarle perdono, per cercare almeno di sistemare le cose. Luke non è un eroe romantico, ma io sono comunque la sfigata in macchina che aspetta.

Ed è qui che do sfogo a un pianto fin troppo trattenuto. Ho perso un fidanzato in cui avevo investito tutto come una stupida ragazzina al suo primo amore, probabilmente ho anche perso il lavoro ma è l'ultima cosa di cui mi preoccupo. La città è grande, ho qualche risparmio che posso utilizzare mentre cerco un impiego altrove. Ma Luke...come li recupero due anni? Quanti treni ho lasciato passare perché volevo viaggiare su quello sbagliato? Ogni tanto, dopo avere fatto l'amore, fantasticavo vedendomi tra dieci anni nella nostra casetta, con i nostri figli e un cane dal pelo lungo, a ridere e scherzare in giardino con gli irrigatori accesi durante un'afosa giornata estiva.

Invece eccomi qui, a imboccare da sola il vialetto verso quella micro casetta di cui riesco a malapena a pagare affitto e bollette. Luke mi aiutava nelle spese quando veniva a stare da me nei weekend, ma adesso? Oddio, ci sono le sue cose in camera e in bagno...I vestiti, il profumo, lo spazzolino...Dio, perché, perché ho accettato la convivenza nei fine settimana alterni? Dovrò mettere tutte le sue cose in uno scatolone e lasciarlo fuori casa. Non voglio vederlo mai più, bastardo spezzacuori con due occhi azzurri come un cielo d'estate, un fisico perfetto e un sorriso che resusciterebbe i morti.

Merda...

Distolgo lo sguardo dalla strada alla ricerca di un pacchetto di fazzolettini, sono sicura di averlo lasciato nel vano porta oggetti.
L'impatto della carrozzeria contro qualcosa e il rumore sordo suggeriscono che ho appena colpito qualcosa.

O meglio, qualcuno.

Urlo spaventata mentre il cuore salta in gola, lo stesso salto che fa il corpo di un ragazzino che dal cofano cade a terra. Pochissimi curiosi si fermano a guardare la scena, qualcuno mi indica sconvolto e le donne portano le mani alla bocca

È decisamente la giornata più "no" di sempre. 

Battesimo - Cinque/The Umbrella Academy fanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora