Capitolo 22

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«Perché cavolo deve uscire sempre da solo!»

Sbotto la mattina seguente dopo avere setacciato ogni angolo della casa, di Cinque nessuna traccia, solo una tazza di caffè bevuta per metà abbandonata sopra al lavandino. Non sono tranquilla, non dopo l'ultima (e unica) volta in cui è uscito senza di me e si è beccato una pallottola nel braccio.

«Peggio dei bambini!» proseguo lavando la tazza, mettendola al suo posto. «Altro che cinquantotto anni.»

Spero solo che torni sano e salvo. Per un istante sono tentata nell'uscire per andare a cercarlo ma non saprei proprio da che parte cominciare. Potrei azzardare villa Bush ma non credo di trovarlo lì. Magari è a qualche comizio del futuro Presidente, ma anche in questo caso non saprei proprio dove cercare. Che stress, odio starmene con le mani in mano.
Per fortuna la mia preoccupazione dura poco, suonano al campanello e vado ad aprire dopo essermi data una sistemata.

Jason si palesa davanti a me come il più bello dei miraggi. Non faccio nemmeno in tempo a salutarlo che corre dentro casa per chiudere la porta alle spalle alla velocità della luce. Indossa il solito completo nero che anziché stirato alla perfezione come sempre, è tutto sgualcito. Non indossa la cravatta. Da come si agita sembra stia fuggendo da qualche roba assurda tipo Fuga dalla realtà.

«Il ragazzino è in casa?» chiede tutto trafelato spostandosi lungo il corridoio, ben attento ad allontanarsi dalle finestre. Si appoggia al muro riprendendo fiato.

«No, Cin...» scuoto leggermente la testa mordendomi appena il labbro. «Adam è andato a scuola.» la butto lì.

Jason sogghigna amaramente. «Smettetela, tutti e due.» mi squadra da capo a piedi in un misto di curiosità e rabbia. «Credi davvero che non riconosca un componente della famiglia Hargreeves? Quando ero ragazzino la Umbrella Academy era su tutti i giornali internazionali. Tutti noi volevamo essere come loro. Lui è numero Cinque, non è così?»

Porca puttana. E adesso come gli rispondo? Jason sa tutto. Forse è davvero lui l'uomo che stiamo cercando. Che sia lui l'attentatore del palazzetto dello sport? Lui che cerca di uccidere Cinque per impedirgli di tornare a casa? Il traditore della patria che vuole far fuori il signor Bush? Merda, sono chiusa in casa con un assassino. E gli sto a pochi centimetri dal naso!

Deglutisco pesantemente, un groppo tale che anziché saliva mi sembra di mandare giù un sasso gigante. «M-ma che stai dicendo? Mio fratello si chiama Adam, non ho la minima idea di chi sia questo...Come lo hai chiamato? Cinque? E cos'è la Umbrella Academy?»

«Liberty, se questo è il tuo vero nome, non prendermi per un idiota. Il primo ottobre del 1989 sir Reginald Hargreeves adottò sette bambini con dei poteri speciali. Quasi dodici anni dopo numero Cinque scomparve e ora capisco perché non si è più ritrovato. Era qui, nel passato.»

NO, no, no, sa troppe cose. E dove diamine è Cinque quando ho bisogno di lui? «Jason sei visibilmente scosso, ti prendo qualcosa da bere.»

Faccio per allontanarmi ma la mano del nostro vicino di casa agguanta il mio polso con una presa così salda da farmi male. Sul momento rimango stupita, poi cerco di divincolarmi ma tutto ciò che ottengo è maggiore pressione e, di conseguenza, ulteriore dolore.

«Liberty, devi dirgli che...»

Le sue parole muoiono sul nascere poiché interrotte dal suono del campanello di casa. Questo frammento di distrazione mi è utile per liberarmi dalla presa, Jason cerca di fermarmi di nuovo, abbiamo una piccolissima colluttazione da cui esco vincitrice nemmeno io so come. Apro la porta nonostante Jason mi stia pregando di non farlo, mi affianca nello stesso momento in cui apro l'uscio.

«S-signora Bush?» sussurra lui in un soffio.

La donna che ci sta davanti trasuda denaro da ogni parte del corpo, ogni singola fibra dei tessuti che indossa grida opulenza. I capelli castani cotonati alla perfezione sono leggermente coperti da un cappellino violetto. Gli occhi nocciola, visibilmente in imbarazzo, scrutano prima Jason, che nella nostra breve colluttazione ha perso un paio di bottoni della camicia, poi me, che non devo essere il massimo del presentabile.

«Signor Anderson, non credevo di trovarla qui in gentile compagnia.» fulmina entrambi con lo sguardo mentre, riluttante, gli consegna una busta bianca, poi ne rifila una a me. «La sua signora non è in casa, signor Anderson, ero venuta a cercarvi ma...Direi che è stata una fortuna trovarla con la nuova, giovane e fresca vicina.»

Oh porco cane, non dirmi che sta pensando che io e Jason stavamo facendo...

«Invito entrambi al cocktail party che organizzeremo domenica per George. Spero di vedervi. Tolgo il disturbo. Buona giornata ad entrambi.» la futura first lady se ne va impettita, salendo quasi di corsa su un'auto bianca da sogno con tanto di autista.

Come risvegliato da un sogno, Jason si riscuote chiudendo immediatamente la porta. Mi ritrovo intrappolata tra lui e il legno, le sue braccia impediscono ogni via di fuga mentre gli occhi magnetici mi scrutano appena. Il suo dolce profumo entra con prepotenza nelle mie narici, smuovendo qualcosa nel mio respiro. Che diavolo mi sta succedendo? Non posso essere attratta da un assassino!
Muovo un passo in avanti quando gli occhi di Jason si spalancano di colpo, le sue mani si alzano in aria in segno di resa e dalla fronte cola una piccola goccia di sudore freddo.

«Allontanati da lei. Subito.»

Presa com'ero dal momento, non mi sono accorta dell'arrivo di Cinque. In mano stringe uno dei coltelli della cucina.

Lentamente, Jason mi lascia la via libera e senza pensarci due volte mi metto dietro al mio "fratellino" in cerca di protezione. Che scena comica e patetica: un'adulta che si nasconde dietro a un ragazzino.

Ma al diavolo, non mi sono mai sentita più al sicuro di così.

Battesimo - Cinque/The Umbrella Academy fanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora