Capitolo 16

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CINQUE POV

«Siamo in pericolo?»

Cinque aveva sentito quella domanda così tante volte che ormai aveva perso il conto. Dolores glielo chiedeva spesso mentre vagavano nel nulla dell'Apocalisse, quando ogni minimo rumore gli faceva rizzare le orecchie e i peli delle braccia.

«Siamo in pericolo?»
«No Dolores, continua a dormire.»

La sua bella Dolores. Cinque non poté fare a meno di chiedersi cosa avrebbe detto della ragazza impaurita che ora gli stava di fronte, certo non era la migliore combattente del mondo, anzi, probabilmente non sapeva nemmeno come si impugnasse un'arma, ma aveva un cuore buono e ciò bastava. Sicuramente era una dote che sarebbe bastata a Dolores per prenderla a cuore.
Bevve un sorso di whiskey lasciando che il liquido ambrato bruciasse la gola, maledicendo quell'insulso corpo da ragazzino che impediva la corretta assimilazione dell'alcol. Doveva fermarsi altrimenti avrebbe perso il controllo.
Liberty meritava davvero di ascoltare cos'era accaduto quella mattina? Forse sì, magari avrebbe evitato di descrivere i particolari più oscuri, ma la ragazza doveva sapere.

«Stamattina sono stato a uno dei tanti comizi del presidente Bush, in un palazzetto dello sport poco lontano da qui. Ha fatto il suo discorso, la folla applaudiva e lo incitava insomma, le solite cose da politico. Quando ha finito, la folla si è dispersa lentamente lasciando Bush con sua moglie, l'entourage e i responsabili del palazzetto. In quel momento di calma assoluta, il presidente si è girato e mi ha visto. Ho recitato la parte del giovane repubblicano che smania di incontrare il suo idolo, e lui sembrava molto tranquillo. Gli ho stretto la mano, mi ha regalato una spilletta ma devo averla persa nel trambusto. Stavo per uscire dal palazzetto quando...» Cinque sì fermò per bere un altro goccio. Perché non lo aveva previsto? Cos'era successo a quel sesto senso che lo aveva reso l'assassino più noto della Commissione? Perché non gli era sembrata strana tutta quella calma in presenza di uno degli uomini più importanti del Paese? Scacciò quelle domande con un gesto rapido della testa, poggiò la bottiglia accanto al lavello per premere sulla ferita, un dolore che sentiva di meritare. «Il primo colpo è partito dall'alto, ne sono sicuro. Il presidente è stato immediatamente portato al sicuro, ma non si può dire lo stesso della folla all'esterno del palazzetto. Il cecchino puntava non solo al presidente, ma anche a me. Credo abbia ucciso qualcuno della folla solo per non destrare sospetti, per far sì che i media insabbino il tutto come attacco terroristico. Ho fatto il salto, ma il proiettile è riuscito comunque a prendermi. Chiunque sia, è un professionista.»

«Ma lo prenderanno, vero? Gesù, ha attentato alla vita di un futuro presidente!»

Ah, innocente, ingenua Liberty che nonostante tutto credi ancora nella giustizia...

Cinque deglutì portando lo sguardo all'esterno, il sole brillava alto nel cielo e la tranquillità del quartiere strideva con ciò che aveva vissuto poco prima. «Quel cecchino faceva parte della Commissione, non lo prenderanno mai.»

Liberty abbassò lo sguardo con dolore, mentre le dita delle mani si torturavano tra loro e i piedi iniziavano a battere nervosamente sul terreno. «Però noi possiamo fermarlo, giusto?»

«Non sono riuscito a vederlo, potrebbe essere chiunque. Ma sì, se c'è qualcuno che può fermarlo, quello sono io.»

«Beh deve essere fermato, non possono morire altre persone innocenti!»

Le labbra di Cinque si inarcarono appena verso l'alto. Ancora una volta gli parve di sentire la voce di Dolores al posto di quella di Liberty. Le due si assomigliavano parecchio, ragionavano allo stesso modo. E per un istante, per un frammento di quel tempo che considerava ormai un nemico, Cinque pensò che Liberty avrebbe potuto essere quella figlia che lui e Dolores avevano sperato di avere, senza mai riuscirci.

La ragazza scattò in piedi per andargli incontro, Cinque fu sollevato nel notare che ogni traccia di dolore stava lentamente sparendo dai suoi occhi. «Stamattina c'è stata Shirley, mi ha riferito che i Bush dovrebbero organizzare un cocktail party per ringraziare i vicini del loro supporto per la corsa alla Casa Bianca. Potremmo intrufolarci e scoprire qualcosa. Magari l'attentatore sarà presente.»

L'idea non era male, tuttavia... «Andrò da solo.» le disse Cinque, lapidario, con un tono che non ammetteva repliche: «Come hai detto tu, non possono morire altre persone innocenti.»

Liberty aggrottò le sopracciglia. «Ti stai riferendo a me?»

Cinque decise che era il momento di smetterla di comportarsi come quel padre affettuoso che non sarebbe mai stato. Sorrise così forzatamente che sentì un lieve pizzicore agli zigomi, portò le mani in tasca resistendo al dolore per quel maledetto colpo al braccio. «Ottima deduzione, Sherlock.» la punzecchiò.

«Quelle persone non hanno scelto di seguirti, io sì. E sono pronta a pagare tutte le conseguenze.»

Cinque sospirò abbattuto. «Non è un gioco, Liberty.»

«Lo so, Adam.»

Si guardarono per un istante, il silenzio assordante li circondava come il peggiore dei nemici. Quello stesso nemico che andava assolutamente fermato, il proprietario di quella valigetta che andava presa nella speranza di tornare nel proprio tempo. «Vado a riposare.»

Cinque fece un passo e in un battere di ciglia si ritrovò nella stanza adibita a camera da letto. Si guardò allo specchio per un secondo cercando di non concentrarsi sulla ferita e sul pessimo stato del resto del corpo.

Adam.

Non lo avrebbe mai ammesso, ma sentiva che quel nome gli calzava a pennello.
Nella solitudine della sua camera, Cinque sorrise dolcemente. Esattamente come faceva con Dolores durante i loro momenti felici.

Battesimo - Cinque/The Umbrella Academy fanfictionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora