Capitolo 17.

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Oh Connor... - Alzai il viso verso il cielo ormai completamente nero, le nuvole portavano neve, neve fredda ma splendida, come sognavo di essere io. Ma come non riuscivo a essere.

Ne fredda.

Ne splendida.

Lui si alzò dal marciapiede mi tese la mano e mi tirai su, una volta in piedi ripresi la mia borsa e, cercando di nascondere il viso nella sciarpa di lana che avevo preso a casa, abbassai lo sguardo sul marciapiede, pallido, sotto i nostri piedi.

Con un braccio mi cinse le spalle, stringendomi a lui e non persi l'occasione per accoccolarmi al suo fianco, per rubargli un po' di calore, in quella notte ormai diventata gelida.

Gelida, sì; amavo il freddo, quel freddo di quella notte mi sembrava così familiare, così... Mio. Quel freddo che ti gela la punta del naso, la punta delle dita e le orecchie, perché è proprio nel gelo della notte che le persone si avvicinano, l'un l'altra, condividendo quel poco di calore nei loro corpi, quel calore che egoisticamente ci teniamo dentro, ma che vorremmo condividere molto volentieri, in queste notti fredde, sterili d'amore.

- Si avvicina la data del ballo, hai scelto il vestito? - Disse Connor, per iniziare un discorso, presumo.

- Uh, mia mamma conosce un bel negozio in centro, credo che lo andrò a prendere domani lì. E tu mio "accompagnatore", cosa indosserai? - Sorrisi all'idea, sia dello shopping pre-ballo, sia per il fatto che lui era il mio accompagnatore.

Ma, ammettiamolo, soprattutto per la seconda.

- Uhm, il solito smoking da pinguino, augurandomi di non sembrare per davvero un pinguino quest'anno. - Ridacchiò scompostamente.

- Perché? Gli anni scorsi sembravi un pinguino? - Mi piace il fatto di prendersi in giro da soli senza sembrare stupidi agli altri, nella "vecchia vita" non si potevano fare battute scherzose su sé stessi o sugli altri, ti avrebbero perseguitato per tutta la vita.

- Bhè, diciamo che non essendo alto come Tristan qualche difetto il vestito lo fa. - Pensandoci, un nanetto come Connor con uno smoking fa un po' effetto pinguino, povero piccolo.

Però doveva essere così carino.

No Giulia, smettila, su.

- Perché pensi che qualcuno nella nostra scuola sia perfetto con uno smoking o un vestito da principessa? Pfff. - Mi limitai a dire questo per finire il discorso.


Il rientro in casa fu... Drammatico?

La casa era vuota, ma le tracce che i ragazzi e le ragazze dell'istituto avevano lasciato lì erano evidenti e ancora presenti (e non so per quanto tempo sarebbero rimaste).

James era disteso sul divano con il cellulare in mano e i piedi appoggiati sul tavolino (non oso pensare al grado di appiccicosità che poteva esserci sopra esso), diceva di aver "accompagnato a casa" alcune ragazze ubriache e di aver fatto uscire i suddetti "fattoni" dal garage, quindi il suo lavoro l'aveva fatto, era esentato dalla pulizia di quel porcile immondo.

Salii al piano di sopra per lasciare la mia borsa da qualche parte in mezzo alla foresta di bicchieri pieni e vuoti di... Non voglio sapere, bottiglie di gazzose e vodka tappezzavano la moquette del secondo piano di casa Ball, un disordine abissale padroneggiava quel corridoio.

Cercai di evitare di far cadere qualche bottiglia rovesciandone il contenuto sul pavimento e, piano piano, senza far rumore, appoggiai la borsa di fronte alla camera di Connor, senza aprirla, non mi andava di "violare i suoi spazi".

Così, mi tirai su le maniche e iniziai a impilare l'uno sull'altro i bicchieri vuoti per poi portarli giù e buttarli nella spazzatura.

Ammassai le bottiglie in un angolo e travasai il contenuto dei bicchieri semi pieni in una di quelle, che poi avrei svuotato nel lavandino del bagno.

Dopo aver riempito tre bottiglie di schifezze liquide le presi, un po' (tanto) schifata, e, cercando di non far cadere nulla, aprì la porta del bagno del corridoio con il fianco.

Lo ammetto, mi spaventai un sacco quando vidi qualcuno seduto per terra in bagno, dovevano essersene andati tutti secondo James...

Per poco le bottiglie non mi caddero per terra.

Mi limitai solo a fare qualche passo in dietro per evitare di fare rumore, appoggiai le bottiglie per terra e mi fiondai nel bagno.

- Tristan! - Dissi con un tono secco, fermo, come se gli stessi imponendo di aprire gli occhi.

Niente.

Avevo paura che fosse svenuto.

- Tristan, svegliati! - Aprii il rubinetto del lavandino davanti a lui e gli schizzai dell'acqua in faccia.

Dopo un po' mosse la testa.

- Tristan! Svegliati, avanti! - Avevo paura che fosse in coma etilico, non sapevo se avesse vomitato, se fosse svenuto nel bagno e avesse picchiato la testa sulla vasca dove era appoggiato con la scena, ero spaventata ma sapevo che dovevo fare qualcosa.

Mosse le labbra piano.

- Giulia... - Sussurrò.

- Sì, sono io. Per l'amor del cielo, cosa è successo? - Gli tirai su la testa delicatamente, lui aprì del tutto gli occhi.

Fu questione di secondi, tutto il suo corpo si mosse di scatto, si girò e andò a mettere la testa nel gabinetto in fondo al bagno.

Vomitò per alcuni minuti.

Presa da un istinto materno (che non so da dove uscì), mi avvicinai a lui e gli misi una mano sulla fronte tirando in dietro il ciuffo biondo per evitare che si sporcasse.

Quando vidi che ormai aveva finito gli porsi un po' di carta igienica, si sistemò o poi si appoggiò alla parete più vicina.

- Stai meglio? Da quanto tempo sei qui da solo? - Ero ancora preoccupata per lui.

- Una domanda alla volta per favore. - Disse con un mezzo sorriso, gli occhi chiusi a fessura per la luce del bagno. - Ero qui con Samantha, non stavo bene e lei si è offerta di accompagnarmi in bagno, credo... Non so bene, non ricordo molto... Scusami. L'unica cose che ricordo è che mi ha mandato a fanculo e se n'è andata. - Roteai gli occhi senza farmi vedere da lui. Noto che le "belle persone" non mancano neanche qui.

- Prova ad alzarti, così ti dai una sciacquata alla faccia. - Gli presi un braccio e lo aiutai, con tutta la forza che mi rimaneva, ad alzarsi, lo feci arrivare arrivare al lavandino e poi aprii l'acqua fredda, lui mise le mani sotto il getto d'acqua e si lavò la faccia, si tirò i capelli in dietro e si risciacquò la bocca.

- Molto bene ometto. - Lo incoraggiai.

- Scusami. - Disse con lo sguardo ancora sul lavandino.

- Per cosa? - Di cosa si doveva scusare? Questo è il minimo che fanno gli amici, a mio parere.

- Per la situazione di adesso, magari volevi stare con Connor e io vi ho rubato tempo... E poi per prima, non volevo... Insomma... - Si riferiva a quando eravamo io e lui in giardino.

- Figurati Tristan, sapevamo entrambi che "non eri te stesso". - Ridacchiai per sollevare un po' i toni.

- Oh, grazie Giulia, sei una vera amica! - Mi abbracciò fortissimo, quasi non respiravo più. - Ora perdonami ma vado di sotto a farmi curare un po' dagli altri, buonanotte se non ci vediamo più! - Senza guardarsi indietro uscì dal bagno, seguendo la parete con le mani per non cadere, avrei preferito accompagnarlo ma quando mi venne in mente lui era già sulle scale e io dovevo finire di sistemare come promesso.

Ero molto felice che mi avesse considerato una amica, anche se non ci conoscevamo da molto, mi riempiva di felicità il cuore, come se qualcosa iniziasse a muoversi nella mia vita, come se la ruota ricominciò a girare anche per me, finalmente.

Tirai un sospiro e finii il mio lavoro, non vedevo l'ora di andare anche io a dormire... Chissà dove, in quella casa.

Two Shades. (The Vamps ff)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora