Capitolo 26.

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Più guardavo quella scena straziante più non capivo e mi rifiutavo di capire. James e Daisy si dovevano amare davvero tanto, potevo vedere negli occhi di lui ogni singolo pezzo del suo cuore andato in frantumi. 

Non sapevo bene cosa rispondere a Daisy, non la conoscevo, non sapevo neanche se potevo abbracciarla, avevo paura che mi svanisse tra le braccia.
- Vi... Vi dovevate amare davvero tanto. Tu e James. – Tirai su con il naso e cercai di smettere di piangere, dovevo ancora capire il perché mi avesse fatto vedere tutto questo.
- Era un amore che non aveva bisogno di parole. – Lasciò scivolare la mano dalla mia spalla e mi sorrise, cercando di smorzare la tristezza che c'era nell'aria.
- Ma perché mi hai fatto vedere tutto ciò? – Dovevo capire.
- Bhè, allora quando io "passai a miglior vita" giurai che avrei protetto gli unici veri amici che avevo: James, Connor, Brad e Tristan. Loro erano come una seconda famiglia per me, come fratelli, avevamo un legame molto forte. Non so cosa sia successo quella sera ma il mio giuramento diventò reale, lo capì perché ogni volta che stava per succedere qualcosa, ogni volta che nella disperazione loro mi pensano io me lo sentivo. Connor deve avermi pensato, sentivo che gli stava succedendo qualcosa, quando ho capito sono venuta da te, per aiutarvi. –
Non capivo, come faceva Connor ha essere così disperato per me? Aveva fatto tutto da solo. Non stiamo assieme, non posso neanche dire che ci stiamo frequentando perché non è così, abbiamo sempre fatto tutto di nascosto.
- Dovresti pensarci Giulia, non è compito mio dire cosa prova lui per te o cosa succederà tra di voi, ma non mollare così, ho sentito quello che gli hai detto, era una discorso carico di rabbia, non solo verso di lui ma verso tutti, anche te stessa. Lui ha sbagliato e le cose hanno inizialmente preso una brutta piega tra di voi, ma lascia che si spieghi e vedrai che tutto si sistemerà. -
Tutto d'un tratto mi sentivo presa in giro persino da lei, come faceva a dire tutte queste cose? E con tutta quella tranquillità poi. Voglio dire, quello che ho visto non me lo sono immaginato e non volevo più vedere Connor. Almeno per ora.
- Ma io... - Dissi senza esitare.
- Ora dobbiamo lasciarci. Pensaci Giulia, eri sulla strada giusta. – Mi interruppe bruscamente. Con una velocità impressionante si avvicinò a me e mi mise una mano sugli occhi, io cercai di ritrarmi ma il mio copro non si muoveva.
Tutto diventò improvvisamente buio.

- Giulia! Giulia! -
Alzai la testa di scatto, così veloce che mi vidi girare tutto intorno per alcuni secondi. Il mio cuore mi batteva come un tamburo nel petto e il mio respiro era molto accelerato.
- Va tutto bene? – Mi ero dimenticata che c'era qualcuno lì con me, mi girai e (ironia della sorte) mi ritrovai James seduto di fianco a me, sul suo volto si leggeva la preoccupazione.
- Cosa è successo? – Avevo mille domande che mi ronzavano per la mente ma non so perché scelsi proprio quella.
- Bhè... Dovresti dirmelo tu. Comunque quando ho visto te e Connor correre via lontani dalla festa sono andato subito a prendere la macchina per raggiungervi e riportarvi a scuola, dopo parecchi metri ho trovato Connor disperato, mi ha chiesto di raggiungerti. Rifacendo la strada per andare a casa tua ti ho visto seduta su questa panchina, sembravi addormentata, quindi mi ero spaventato, pensavo fossi... Ecco... Collassata per l'alcol, quindi ho accostato ed eccomi qui. In ogni caso sono sollevato dal fatto che stai bene e non ti è successo nulla... Non trovandoti mi stavo preoccupando seriamente. – Scandiva perfettamente tutte le parole ma dal tono di voce si capiva che era in pensiero, la cosa mi confortò.
- No, bhè sto... Sto bene. – Mi guardai le mani e notai che erano ritornate al loro colore normale, ne ero felice, l'incubo doveva essere finito. Alzai lo sguardo e riuscivo a vedere perfettamente tutto, la strada, i cespugli del parco, gli altri lampioni. Purtroppo riuscivo anche a percepire nuovamente il freddo.
Un brivido mi strappò da quei pensieri.
- Oh, ho la mia giacca in macchina, la tua credo te la riporterà Connor più tardi... - James si alzò dalla panchina e corse in macchina, prese la sua giacca e me la appoggiò sulle spalle, non so come faceva a stare solo con quella camicia e basta, si gelava.
- Grazie James, è molto gentile da parte tua. – Ammisi con un filo di voce. – Quanto... Quanto tempo è passato da quando hai visto Connor a quando mi hai raggiunta? – Non sapevo quanto fosse durato il... Sogno? La visione? Non sapevo come definirla, era tutto così strano. Doveva essere stato effetto dell'alcol, ero sempre più convinta che avessero messo qualcosa in qualche bottiglia.
- Bhè meno di due minuti penso, quando Connor mi ha detto così sono partito al massimo della velocità per trovarti. – Mi posò un mano sulla schiena e iniziò a tracciarmi piccoli cerchi con il palmo della mano per scaldarmi.
- Cosa vuoi fare ora? – Mi sembrava fossero passati alcuni minuti dopo da quando aveva concluso la frase precedente.
- Io... Voglio tornare a casa. – Il mio tono era estremamente freddo e incolore.
- Okay... Ti accompagno. – Si alzò mi porse la mano per aiutarmi a tirarmi su. Appena il mio peso andò a finire sui tacchi una fitta di dolore mi colpì la caviglia destra, doveva essere slogata o qualcosa del genere per farmi così tanto male.
- Va tutto bene? – Chiese James preoccupato.
- Devo essermi slogata la caviglia, mi fa malissimo. – Mi lamentai.
- Aspetta, ti do una mano io. – Mi prese il braccio e se lo caricò sulla spalla tenendomi il polso, l'altra mano la posò sul mio fianco e mi aiutò a camminare fino alla sua macchina posteggiata di fronte al parco con il motore acceso.
Il mio corpo si abbandonò al sedile del passeggero e si sciolse appena assaporò il calore che c'era nell'abitacolo.
James salì in macchina e guidò in silenzio senza fare altre domande, lo ringraziai per questo.
Non volevo parlarne con nessuno, volevo tenermi egoisticamente tutti i miei pensieri per me, come ho sempre fatto.
Tutto quello di cui avevo bisogno in quel momento era un letto e mille ore di sonno tranquillo.

Arrivati davanti a casa mia James scese dalla macchina e mi aiutò ad arrivare fino all'ingresso, la caviglia mi faceva sempre più male ad ogni passo.
- Grazie, e scusami per avervi rovinato la serata. – Dissi a voce bassa, avevo paura che i miei mi aspettassero svegli. – Mi faro perdonare... -
- Non c'è nessun problema... Scusami a me per... - La frase rimase in sospeso, non sapevamo neanche cosa dirci, o per cosa scusarci. Era stato un vero disastro, tutto.
- Ci sentiamo Giulia, riposati e fai vedere quella caviglia a un dottore. – James cercò di rassicurarmi sfoderando il suo sorriso migliore, ma non servì a molto. Avevo il morale a terra.
- Okay, buona serata. – Mormorai pensando che non avesse neanche sentito.
Mentre si avviava alla macchina mi disse "buonanotte" usando il labiale. Cercai di sorridergli e poi entrai in casa.

Appena richiusi la porta alle mie spalle cercai a tentoni la luce sul muro, dopo averla accesa mi sfilai i tacchi e li appoggiai sul primo gradino delle scale che portavano alle camere.
- Ti sembra l'orario di tornare a casa? – La voce monotono proveniva dal salotto, mi girai e vidi mia mamma con la vestaglia che aspettava sul divano, l'abat jour accesa e le braccia incrociate.
- Mamma scusami ma ora voglio solo andare a dormire, ne parliamo domani. – Dissi cercando di non alzare la voce per non svegliare nessuno.
- E dov'è la tua giacca? – Si alzò di scatto dal divano e esaminò la giacca da uomo che portavo ancora sulle spalle.
- Mamma ti spiego domani. –

Zoppicai su per le scale ignorando la voce di mia mamma che si faceva a ogni scalino sempre più prorompente.
Non ne volevo più sapere nulla.


Two Shades. (The Vamps ff)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora