Quella sensazione di avere la testa vuota e leggera non mi mollava un secondo, mi sembrava che avessi aria che mi scorreva nelle vene.
Mi fermai a pochi passi da James, eravamo rimasti solo noi due fuori dall'aula, gli altri si stavano appena accomodando ai banchi.
- Tieni. – Gli porsi la giacca, non ricordo neanche di averlo salutato o di aver tirato fuori quel capo d'abbigliamento dallo zaino.
- Oh, grazie, potevi anche restituirmela con più calma... - Sembrava imbarazzato tanto quanto me, io non riuscivo neanche a guardarlo negli occhi. Ci stava provando con me ieri sera? Ma non sapeva neanche che fossi io all'inizio quindi non c'era motivo di vergognarsi. Poi mi ritornò in mente la scena di lui che mi tirava pacche sul sedere. Okay, forse qualcosa per vergognarsi c'era.
Gli rivolsi un sorriso disinteressato e entrai in classe, appoggiai la roba sul mio solito banco. Non mi preoccupai neanche di guardare se erano tutti presenti: Lisa, Connor e Tristan.
Il professore si mise a parlare di studio di funzione, tracciava grafici alla lavagna e parlava, parlava e parlava ancora.
Bla, bla, bla.
Non capì niente per il resto della lezione e la mattina proseguì con altre due ore di letteratura inglese, furono due ore buttate al vento.
L'agitazione era un po' calata, non avevo ancora messo gli occhi su Connor, e questo mi aiutò a non buttare al vento quel minimo di autocontrollo che avevo in corpo.Almeno fino a quando arrivò l'ora di pranzo.
Quando sentì la campanella suonare iniziarono a tremarmi le mani, la sensazione di questa mattina tornò.
Tutti uscirono dall'aula e io aspettai che questa si svuotasse per arrivare con tranquillità alla mensa della scuola, quando la maggior parte degli studenti se n'era andata e poter mangiare da sola senza passare per "la sfigata di turno senza amici" sarebbe stato più facile. Persona quel'ero io.
Presi l'ultimo quaderno in mano quando il professore uscì dall'aula.
- Arrivederci ragazzi. – Disse in tono monocorde, non risposi.
Quando mi girai il mondo mi crollò addosso, tutti i muri che mi ero innalzata attorno a me crollarono e il quaderno mi scivolò di mano, tutti il contenuto si sparse sul pavimento con un tonfo sordo.
Connor era lì, seduto sul suo banco, lo zaino in spalla, i sui occhi non incrociarono i miei, si posarono sul quaderno per terra.
- Ciao. –
-Ciao -
- Come stai? -
Come stai? Ma che diavolo?... – Bene, tu? – Mentì spudoratamente.
- Bhè, bene... - Sembrava dovesse aggiungere altro.
- Bene... Io dovrei andare... - Mi chinai per raccogliere il disastro che c'era per terra.
- No, aspetta, ti aiuto. – Eravamo entrambi molto imbarazzati ma lui sembrava molto più nervoso di me.
Non obbiettai, raccogliemmo i fogli, mi porse il malloppo che aveva raccolto lui e io senza guardarlo lo infilai nel quaderno.
- Giulia, io ti devo parlare. – Non mi aspettavo che lo dicesse subito, cioè mi aspettavo che me lo dicesse ma non in quel momento o non con tutta quella decisione.
- Connor, non voglio litigare ma... -
- Connor Ball! Mi sembrava che fosse in questa classe. – Una voce acuta mi interruppe.
Vidi Connor sgranare gli occhi, guardava qualcuno sulla porta, mi girai incuriosita.
Ma subito mi pentì di ciò che avevo fatto.
Una chioma a caschetto biondo platino spuntava da dietro lo stipite della porta. Era ancora lei.
La rabbie prese il possesso di me stessa ma cercai di calmarmi, non era nel mio stile incazzarmi e fare una scenata davanti a tutti.
- Mi sembra che ora non ci sia più motivo di parlare. – La mia voce era ferma e senza emozioni ma le ultime sillabe mi morirono sulla lingua.
Uscì dalla classe in fretta e tirai una spallata alla biondina.
- Ahi! Ma che gli prende a quella là? – La sua vocina era insopportabile.
Non risposi, non mi voltai neanche a guardare quella faccia da oca che si lamentava per una sola spallata.
Non sentì la voce di Connor chiamarmi, se lo avesse fatto mi sarei voltata?
Ci pensai un po' sù, ma la risposta la sapevo già ancora prima di porgermi la domanda. No.
Lo ammetto, lo ammetto a me stessa, quando avevo detto che voleva parlarmi mi ero quasi calmata, credevo che le cose si sarebbero sistemate e che magari entro una settimana sarebbe tornato tutto come prima.
Ma non ero stupida, quella scena mi aveva chiarito le idee.
Da quanto? Da quanto tempo si frequentavano? Da quanto tempo si conoscevano? Lui parlava mai a me di lei? Non penso proprio.
Ma la domanda più importante e, forse, più assurda è: lui si comportava con lei come quando io e lui eravamo soli?
Non mi era mai passato per la mente che Connor potesse mentirmi, o che fosse così bravo a farlo, la sua voce, i suoi gesti, niente di tutto ciò lo tradiva.
Complimenti Ball, complimenti.Quando arrivai in bagno il mascara stava già colando, il corridoio era affollato a quell'ora quindi mi chiusi dentro nella cabina del bagno degli andicappati, solo perché era più grande.
Presi un foglio dallo zaino e ci scrissi GUASTO sopra, lo incastrai davanti alla porta e mi chiusi dentro a chiave.
Avevo visto fare una cosa così in qualche film e devo ammettere che questo mi salvò da qualsiasi rottura di palle.
Appoggiai lo zaino per terra, strinsi forte il lavandino e piansi in silenzio ancora per qualche secondo, quando alzai la testa capì che non potevo andare avanti così.
Avevo già sofferto abbastanza in passato, per me stessa, ora non potevo ancora versare lacrime inutilmente.
Mi ero stufata dell'autocommiserazione, mi ero stufata di piangere, mi ero stufata di tutto.
Era arrivato il momento di cambiare, di voltare pagina.
Presi la piccola trousse che mi portavo sempre nello zaino scolastico, da quando avevo iniziato a truccarmi non uscivo mai di casa con qualche cosmetico di scorta e in quel momento ringraziai tutte le decine di migliaia di protagoniste di libri che avevo letto che mi avevano suggerito di fare così.
Non avevo sto gran che lì dentro, erano tutti trucchi che avevo rubato dal bagno di mia mamma tempo fa, non erano neanche ottimi dato che erano di scorta. Ma mi bastarono.
Presi l'eye-liner e cercai di tracciare una linea sottile e dritta sull'occhio, aiutandomi con un mascara ormai secco volumizzai le ciglia e cercai di piegarle all'insù. Il risultato fu abbastanza soddisfacente.
A mia insaputa trovai un rossetto bordeaux, senza pensarci due volte lo passai sulle labbra.
Con le dita districai i nodi dei capelli e cercai di farmi la riga in mezzo, mi è sempre piaciuta e avendo i capelli lisci di natura non incontrai molte difficoltà a farla sembrare semi decente.
Appurai che il bagno delle ragazze fosse vuoto prima di uscire. Mi tolsi la felpa e la infilai nello zaino, mi diedi una controllata allo specchio, il risultato non era niente male, semplicemente non sembravo io. E la cosa iniziava a piacermi.Uscita dal bagno delle ragazze camminai spedita verso la mensa.
Non sapevo bene come comportarmi, mentre ero in bagno a truccarmi mi ero promessa più volte che qualsiasi cosa sarebbe successa al di fuori di quel bagno avrei tenuta la testa alta.Nessun problema fin che non vidi un gruppo di ragazzi che stava entrando dal cortile della scuola ancora in divisa da Lacrosse, doveva essere la squadra ufficiale della scuola a giudicare dalle divise tutte uguali.
Parlavano e ridevano dandosi spintoni e pugni amichevoli sulle braccia, mi sentì subito a disagio e per qualche secondo pensai di svoltare nella prima stanza con la porta aperta facendo finta di niente e aspettando che se ne andassero di loro spontanea volontà.
La vecchia Giulia avrebbe fatto così, ma per una volta volevo vedere come ci si sentiva a non aver paura degli altri.
Gli passai davanti. Alcune ciocche di capelli mi ricaddero davanti agli occhi, ma non ci feci caso, con un colpo della testa le spostai.
Sentì i ragazzi bisbigliare, alcuni non si erano neanche accorti di me (per fortuna)e continuavano a parlare di cose che non capivo ma altri mi osservavano, lo vidi con la coda dell'occhio sentivo i loro occhi su di me.Potevo farcela, potevo affrontare gli altri.
Forza Giulia, forza.
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Two Shades. (The Vamps ff)
FanfictionIn fondo, avevo solo bisogno di qualcuno, cercavo qualcuno. E quel qualcuno forse eri tu. (The Vamps ff)