Capitolo 44.

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Mentre aspettavo ansiosa e agitata l'arrivo di Connor mi sistemai sul sedile, incurvai la schiena e appoggiai la testa sul volante freddo e ruvido.
Rabbia, rancore, tristezza e odio facevano a botte nella mia testa per decidere quale emozione avrebbe vinto sulle altre prendendo possesso di me stessa, io nel frattempo rimanevo lì... Inerme a tutto quelle che mi stava succedendo.
Pensai a lungo e a tante cose, a tutto quello che mi era successo quell'anno, a tutto quello che avevo passato, alle nuove esperienza fatte, a come ero cambiata in così poco tempo, agli sbagli che avevo fatto, con gli amici e con la mia famiglia, alle parole che mi ero inventata... Anche alla "storia" (se così si può chiamare) con Connor.

Pensai che per tutto quel tempo gli avvenimenti degli ultimi mesi erano ruotati intorno a lui, vivevo per evitarlo, per far si che la mia mente non lo pensasse, ma in realtà ero sempre stata legata al ricordo di lui, dei bei momenti che avevamo passato all'inizio, alla speranza di trovare qualcuno che gli assomigliasse tremendamente ma che non fosse lui, un falso.

Tuc tuc.

Due colpetti sordi sul vetro della macchina mi spaventarono e il primo pensiero fu che Nate mi avesse trovata, mentre mi alzai  di scatto dalla mia posizione sperai proprio di no.

- Hei! - Connor mi fece segno con la mano di aprirgli la macchina per farlo entrare.

Lentamente mi spostai sul sedile del passeggero e alzai la levetta sulla portiera per sbloccarla.

- Ciao. Come stai? Ti ho spaventato? - Furono le mie prime preoccupazioni dopo tanto tempo verso di lui e la cose mi fece strano, era tanto che non mi preoccupavo del bene di qualcun'altro.

- Ciao, io sto bene, non preoccuparti, e tu? - I suoi occhi mi scrutavano veloci per capire cosa poteva essere accaduto, rilucevano alla flebile luce di un lampione sopra la macchina.

- Io, ecco... - Non sapevo cosa dire, da dove iniziare dopo così tanto silenzio tra di noi? 

- Okay, ammetto che la domanda non era esattamente azzeccata, cosa è successo? - Per rassicurarmi tese le labbra in un sorriso caloroso, il più sincero che poteva, anche lui doveva essere teso tanto quanto me.

- Ero da Nate e gli altri, pensavo fosse una serata "normale" come tutte le altre... - Iniziai a spiegare arrotolando sul dito l'orlo della gonna insistentemente. -... Ma poi Nate... - Strinsi le mani in un pugno e abbassai la testa per non fargli vedere che mi stavo di nuovo per mettere a piangere, non mi sembrava il caso, non volevo che pensasse che lo stessi facendo apposta per muoverlo a compassione.
Purtroppo era più forte di me, il mio corpo iniziò a essere scosso dai singulti nonostante stessi stringendo le labbra per evitare di farmi sentire.

- Giulia, forza... Ci sono io adesso. - Connor si protese verso di me e mi abbracciò forte.

Appoggiai le testa sul suo petto e iniziai di nuovo a piangere, ero ancora sotto shock e quei ricordi a distanza di poche ore mi tormentavano come se stessi rivivendo tutto al momento.

Dovevo ammettere a me stessa che quell'abbraccio mi mancava, mi mancava sentirmi amata, apprezzata, sentirmi bene con qualcuno, non dover tutti i giorni tirare fuori gli artigli per difendermi dalle angherie degli  altri, ma invece provare amore e affetto verso gli altri... E verso me stessa.

- Calmati, non sei più sola, non lo sei mai stata. - Quelle parole così dolci mi spezzarono il cuore a metà.

Cosa avevo fatto? Perchè lo avevo fatto? Perchè avevo tenuto lontano da me un ragazzo che mi voleva sul serio, che mi desiderava e non fisicamente, che mi apprezzava per come ero originariamente, per come sono sempre stata.
- Perdonami Connor, ti prego... - Erano le parole che avrei dovuto dire molto, molto, tempo fa, per evitare di ridurmi come ero al momento.

- Una cosa alla volta. - Mi alzai e tornai al mio sedile, era ora di parlarne. - Ti hanno fatto del male, innanzi tutto? -  Sciolse l'abbraccio ma tenne la mani sulle mie spalle e cercò il mio sguardo per assicurarsi che stessi dicendo la verità.

- Non posso mentirti, Nate ci ha provato, ha provato a... - Lo guardai negli occhi supplicandolo di capire senza farmelo spiegare.

Le sue mani scivolarono dalle mie spalle, lentamente le portò sulle ginocchia e iniziò a sfregarle sui jeans, non lo avevo mai visto arrabbiato, almeno non lo avevo mai visto così arrabbiato.

Chiuse gli occhi e riaprendoli fissò lo spazio dinnanzi alla macchina con fare minaccioso, come se avesse Nate davanti agli occhi in quell'istante e lo volesse vedere stramazzare al suolo senza neanche alzare un dito contro di lui.

- Quel verme... - Si limitò a bisbigliare.

- Connor non importa, ormai è passato, non mi hanno fatto del male e io non li rivedrò mai più, quando finirà la scuola tutto questo sarà solo un brutto ricordo. - Cercai di rassicurarlo, sperando che tornasse il Connor affettuoso di qualche momento prima.

- Okay, l'importante è che non ti hanno fatto male. - Restò per qualche secondo ancora con lo sguardo fisso sul parabrezza della macchina, aspettai che si calmasse, intanto tornai a torturare l'orlo del vestito.

- Spero che tu un giorno potrai perdonarmi, sono stata una stupida... - Iniziai a dire spezzando il silenzio che aleggiava nell'auto.

Connor fece per parlare ma lo interruppi.

- Ti prego, fammi parlare. Voglio che tu sappia che ho fatto tanti errori e il primo è stato allontanarti da me, far si che distruggessi quel piccolo mondo che avevamo creato assieme, quella piccola oasi felice che ero riuscita a creare nella mia vita incasinata e caotica, eri ciò di più bello che avevo, la cosa più bella a cui pensare la mattina appena sveglia e la sera prima di addormentarmi, a mia totale insaputa riempivi le mie giornate tristi e tutte uguali, spezzavi la monotonia di esse e riuscivi quasi a colmarle di felicità. Lo ammetto, non avrei mai pensato un giorno di chiederti perdono, di farlo in questo modo, distrutta da quello che pensavo mi avesse cambiata in bene, ma ora lo sto facendo con il cuore, con sincerità, te lo sto dicendo perchè lo sento sul serio. - Mi interruppi qualche secondo per asciugarmi gli occhi umidi. Lui restò lì, sul sedile, con la sua giacca di jeans e i capelli arruffati, negli occhi gli si intravedeva un ombra di stanchezza e una luce che illuminò i miei pensieri, cupi ormai da troppo tempo. Mi motivò a proseguire.

- Non mi aspetto che tu mi perdoni, che tu mi abbia aspettato per tutti questi mesi, perchè non me lo meriterei affatto, mi meriterei anche io del male da parte tua, del rancore, me lo aspetterei. Spero che comunque tu creda alle mie parole, magari pensaci, non rispondermi subito, se vuoi riprendiamo i contatti dopo gli esami di fine anno, sono disposta ad aspettarti e a ricominciare da capo a rimediare a ciò che ho fatto a noi, anche se mi ci volesse tutta la vita per ricostruire ciò che avevamo di più bello, lo giuro. - 
Qui c'è da dire una cosa, ammetto che non sono una persona che giura, perchè ho sempre la paura di non rispettare le mie parole al cento per cento, ma in quel momento tutto quello che usciva dalla mia bocca era pura verità , mi sentivo sul serio di aspettarlo, come lui (forse) aveva fatto con me.

Credevo ancora alle parole che mi aveva detto quel tremendo pomeriggio alla yogurteria.
Finito il mio soliloquio guardai nei suoi occhi chiari e cercai disperatamente di decifrare i suoi pensieri, avevo bisogno di una risposta, negativa o positiva che fosse.

Ero disposta a tutto per terminare quell'incubo e tornare come prima, finire la scuola e dedicarmi a qualcosa che veramente amavo.

Compreso lui.

Two Shades. (The Vamps ff)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora