All of the night

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-Sophie, avevo chiesto a Federico e Andrea di rimanere in albergo perché non sapevo come sarebbe andata. Ma Andrea ha detto che vorrebbe parlarti, quindi prima che torniamo in Italia dedicagli un momento.

-Certo che si. Non vedo l'ora di vederli, tutti e due.

-Mi faccio portare il conto.

Michael, con la sua solida gentilezza: -Signora, se mi permette, vorrei contribuire al conto.

-Invece non te lo posso permettere. Vi abbiamo invitati noi, no? E poi non credo nemmeno che sia venuto così tanto. Non preoccuparti.

-Come desidera.

La serata era finita, per fortuna. Se si fosse chiesto a mia madre com'era andata, lei avrebbe sicuramente risposto che non sarebbe potuta andare meglio. Invece si. Invece avrebbe potuto evitare di farmi uscire fuori, di creare scompiglio in quella che era la mia vita.

Salutammo i miei genitori, dicendogli che andavamo al collegio e che ci saremmo visti l'indomani a colazione. Non fu così, ovviamente. Dopo una serata del genere ero proprio curiosa di sapere quali erano fino in fondo i pensieri di Michael su quella setta di matti.

-Ce l'hai fatta.

-Direi di sì.

-Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere a una delle più catastrofiche cene della storia.

-Non la definirei così, dai. Almeno quando verrai più spesso da me non ci sarà bisogno di mentire.

-Be' questo è vero.

-Non ho capito bene il ruolo delle tue cugine in questa serata...

-Lo dici a me? Stavano lì impalate, quelle deficienti. Senza dire niente. Pensavo mi difendessero e invece...

-Dai, non fare così. Non è andata così male. E poi c'ero io.

-Non vantarti troppo Penniman.

Ci fermammo in cortile a commentare la lucentezza delle stelle e la presenza costante della luna. Discorsi da bambini, non certo da astronomi. I piccoli momenti di trascurabile felicità.

-Penso a quando dovrò tornare in Italia e sento una grande tristezza dentro.

-Non pensarci. Sei con me. Che tu debba tornare in Italia o no, non conta. Staremo sempre in contatto e io cercherò di venire il più possibile.

-Si. E la televisione? I giornali? Soprattutto quelli di gossip. Cose ne penserebbero della tua fuga in Italia? Dovresti dare spiegazioni a mezzo mondo. E che diresti? Sento già tutta questa pressione addosso.

-Direi che mi sono innamorato di un angelo.

-Non fare lo spiritoso. Dico sul serio. Dovresti confessare a tutti che stiamo insieme.

-Che stiamo insieme?

Ecco il momento. Quello che tutti temono. Mi sembrava così strano che non ne avessimo ancora parlato. Eppure non mi ero persa niente. Il momento della "friend-zone". Qui il mio cuore era stato preso a sberle, strappato dalle sue radici e calpestato a terra da una sensazione di vuoto. Massimo Gramellini l'avrebbe definito "Belfagor", ma a lui era morta la madre. Qui si tratta di un amore diverso. Quello che lui non sembrava ricambiare.

Le solite paranoie prima della verità.

-Michael, è tardi. Non preoccuparti, dormo in collegio.

-Non puoi sempre evitare l'argomento e scappare.

-Ma evitare cosa? Ma me lo spieghi? Dimmelo sei hai paura. Se hai paura che ti prendano in giro perché stai con me. In fondo sono stupida a credere che tu possa volermi. Che tu che hai i tuoi bei anni, condividi questa follia con me. Che sciocca! Stupida, proprio! Come non c'ho pensato, no?

-Tu sei completamente esaltata. Non fare la matta con me, sai?

Prese il mio viso fra le mani e prima che potessi dire qualsiasi cosa mi baciò.

-Goditi la magia.

-Non c'è nessuna magia.

-Allora aspetta che accada.

-Sono tanto stanca e logorata, da questo aspettare sempre qualcosa o qualcuno. Che diciamolo, alla fine, a nessuno interessa davvero.

-Mmm... Vieni, siediti.

Ci sedemmo sul pavimento, in veranda.

-Prendi la mia mano e fammi capire ciò che senti. Come vuoi, in qualsiasi modo.

Presi la sua mano e gliela poggiai in testa, premendo forte. Poi la misi sul suo petto e spinsi energicamente.

-Tappa la bocca e chiudi per metà il naso.

Lo fece.

-Ora prova a respirare.

-Faccio fatica.

-Capisci, adesso?

Mi guardò con uno sguardo consapevole:- Sì.-

-Inizia a fare freddo. Che ne diresti di andare dentro?

-Aspettavo che me lo chiedessi.

Salimmo la mia rampa di scale preferita. In realtà l'unica. Michael si tolse la camicia e la mia espressione era alquanto compiaciuta. Non troppo.

-Ti dispiace se faccio una doccia veloce?

-Ma figurati... è casa tua. Ti aspetto in camera.

-Molto bene.

Credo che la sua passione fossero le lenzuola profumate di lavanda. Cambiava le federe dei cuscini almeno due volte al giorno: ne aveva talmente tante da doverci pensare su. Le amava tutte. Quelle su cui io ebbi il piacere di dormire, furono quelle con i fiori azzurri e quelle con i sassi. Feci un giro nella cabina armadio: pensai di stare entrando a Narnia. Un po' troppo grande per i miei gusti. Parlavo io, che avevo sì e no due vestiti, una t-shirt e un paio di jeans. Immaginavo che Yasmine si sarebbe stancata presto di donarmi i suoi vestiti. La doccia di Michael fu veramente 'veloce', uscì dopo 10 minuti in accappatoio rosso. Io avevo precedentemente indossato la mia camicia da notte. Un tenero vestitino a fiori con del merletto sul collo. Ok, faceva proprio orrore.

-Come sei bella...

-Si, certo. E tu? Ce l'hai uno specchio? Sei una meraviglia.

-Vieni qui.

Ci cullammo in un abbraccio e stesi sul letto, iniziammo a parlare.

-Promettimi che non mi chiamerai mai "amore".

-Va bene, amore.

-Grazie. Davvero, ti ringrazio.

-Dai, scherzavo. Nemmeno a me piace tutto questo contatto verbale. Preferisco quello fisico.

-Ah, mi stai invitando a nozze.

-Speravo lo capissi al volo.

Con una leggera fretta, fui spinta in posizione orizzontale e in tempo reale sentii di nuovo il suo meraviglioso respiro sulla mia pelle. Le sue labbra sapevano di qualcosa di nuovo. Di novità, di tranquillità. Tutto quello di cui avevo estremo bisogno.

-You are my everything.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 02, 2015 ⏰

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